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Imitare la carne? Impossibile: troppe differenze nutrizionali

of Bramante S.


La carne è un alimento così prezioso che si tenta a tutti i costi di riprodurla, ricreandone dei surrogati nei modi più svariati. Ma imitare in tutto e per tutto la carne non è facile. Anzi, sembrerebbe proprio impossibile. Lo rivela un nuovo studio (Youling L. Xiong, “Meat and meat alternatives: where is the gap in scientific knowledge and technology?, Italian Journal of Animal Science, Volume 22, 2023, Issue 1, 482-496 pp., www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/1828051X.2023.2211988) che analizza a fondo le differenze molecolari tra la carne vera e i suoi presunti sostituti. La struttura del muscolo è estremamente complessa in natura, organizzata in livelli gerarchici di fibre, fasci, miofibrille e miofilamenti, circondati da tessuto connettivo su diversi strati, e legati a componenti endogeni responsabili della consistenza unica e del sapore tipico della carne. L’acqua, le sostanze idrosolubili e i nutrienti, i peptidi, gli amminoacidi, i grassi, i minerali, le vitamine, ma anche i nucleotidi, le proteine ematiche, i pigmenti, il complesso actina-miosina, i composti organici responsabili degli aromi, nonché i composti liposolubili depositati nel tessuto adiposo animale, sono incapsulati e compartimentati all’interno di reticoli strutturali finemente articolati. Ed è proprio questa complessità ad essere cruciale per la consistenza, la masticabilità e il sapore percepiti dal consumatore, conferendo l’esperienza sensoriale unica e la succosità durante la masticazione della carne, che sono impossibili da ricreare tecnologicamente.
La difficoltà nel riprodurre fedelmente le proprietà organolettiche della carne è la principale causa che ostacola lo sviluppo nel mercato dei prodotti plant based. Legumi, cereali, funghi, microalghe e proteine degli insetti: sono loro alla base dei prodotti alternativi che l’ingegneria tenta di trasformare con varie strategie tecnologiche, come gel, emulsioni e aggregati, con l’obiettivo finale di simulare il muscolo e imitare la carne. Ma a causa di questi grandi ostacoli tecnici, tutti gli sforzi (e gli investimenti) fatti ad oggi sono stati vani.
Più del 90% di questi prodotti disponibili sul mercato è composto da proteine vegetali isolate da legumi come soia, fagioli, piselli, lupini o lenticchie, con l’inclusione di proteine dei cereali, come glutine e polisaccaridi per fare da collante e migliorare la consistenza del prodotto.
Al fine di avvicinarsi il più possibile alla carne, i vegetali di base, alghe e micoproteine devono essere trattati con processi industriali molto intensi, come l’estrusione termomeccanica ad alta temperatura, per ottenere una rottura vigorosa della parete cellulare, separare per centrifugazione e isolare le proteine.
L’estrazione può avvenire a umido, con solubilizzazione in mezzo acquoso alcalino, come la soda caustica, e precipitazione isoelettrica, oppure con frazionamento a secco, che si avvale di alte temperature, microonde o ultrasuoni.
L’operazione comporta insomma una serie di passaggi, come omogeneizzazione, compressione, riscaldamento, reticolazione molecolare, allineamento e modellatura, e sistemi per avere proprietà gelificanti, emulsionanti e attività di schiumatura. L’obiettivo è ottenere la capacità di coagulare e avvicinarsi alla struttura delle carni, con aggiunta di additivi, coloranti, addensanti, emulsionanti, sale, aromi e oli vegetali per dare sapore, consistenza e compensare alla secchezza comunemente nota in queste alternative.
Si pensa di sfruttare in un prossimo futuro anche le proteine degli insetti, trasformati in polvere per distruggerne la morfologia non apprezzata dal consumatore e incorporati in alimenti come biscotti, prodotti da forno o combinati con proteine vegetali per produrre analoghi della carne.
Ma lo studio di Youling L. Xiong prima citato dimostra che, nonostante tutte le iperlavorazioni, sia tecnologicamente impossibile ricreare microstrutturalmente la complessa organizzazione gerarchica del muscolo, i sarcomeri interconnessi, i filamenti di miosina e actina e quindi le succose proprietà organolettiche della carne. Le fibre generate dall’estrusione delle proteine vegetali, degli insetti e delle microalghe sono prive degli allineamenti complessi e ben definiti delle fibre muscolari.
Anche dal punto di vista nutrizionale, le proteine di origine animale della carne forniscono un profilo completo di aminoacidi essenziali per l’uomo, il che non accade per le proteine non muscolari.
Le proteine dei legumi sono carenti in metionina, quelle dei cereali sono a basso contenuto di lisina e le alghe mancanti di lisina e triptofano. Inoltre, l’alta temperatura e l’alta pressione dei processi industriali a cui vengono sottoposti, danneggiano e distruggono le proteine e i nutrienti.
Ne consegue che questi prodotti vegetali siano carenti di vitamine e di minerali essenziali presenti naturalmente nella carne, come la vitamina B12, creatina, taurina, carnosina, ferro eme, zinco e iodio.
Per superare le differenze nutrizionali, i nutrienti vengono incorporati come additivi, ma questo ha sollevato preoccupazioni per la salute, oltre che di sicurezza chimica e microbiologica. Infatti le temperature di lavorazione ultraelevate potrebbero favorire la formazione di tossine e l’ossidazione dei grassi, mentre alcuni additivi possono indurre infiammazione.
Ciò che emerge chiaramente è che trasformare proteine non muscolari in strutture fibrose che microscopicamente assomiglino al muscolo comporta una sovra-elaborazione ed un’alterazione che ne compromette il valore nutrizionale e la sicurezza.
Sono a tutti gli effetti dei cibi ultraprocessati, il cui consumo è legato a patologie cerebrovascolari e cardiovascolari, come infarti, ischemie, ictus, ma anche diabete, obesità, cancro e mortalità precoce.
Anche i prodotti proteici a base di insetti sollevano preoccupazioni per la presenza naturale di tossine bioattive, composti allergenici, antiparassitari pericolosi e metalli pesanti. Mentre per le microalghe i rischi principali sono dovuti agli allergeni e alle micotossine.
Gli autori concludono il loro studio sostenendo che gli scienziati che si cimentano in queste sfide tecnologiche e gli imprenditori che vogliono investire in questo mercato devono essere ben consapevoli che i prodotti a base di carne animale sono unici.
Il gusto e l’aroma della carne sono estremamente complessi e non riescono per questo ad essere rigenerati con successo. Le fonti proteiche alternative hanno sistemi metabolici che differiscono drasticamente dagli animali, per cui la qualità e gli attributi sensoriali della carne possono essere solo simulati, ma non replicati al 100%.
Gli autori suggeriscono dunque di non presentare questi prodotti come analoghi o sostituti della carne, anche per evitare aspettative irrealistiche e la delusione dei consumatori, ma di trattarli come un nuovo gruppo di alimenti. Alimenti industriali iperprocessati.


Susanna Bramante
per
Carni Sostenibili



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