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Attualità 

La costata di manzo made in USA

of Benedetti E.


È uscito lo scorso 24 dicembre l’articolo “The Rise and Fall of Prime-Rib Nation” (“L’ascesa e il crollo di una nazione fondata sulla costata di manzo di prima scelta”) scritto da Brian Gallagher, corrispondente da Chicago e pubblicato sul New York Times. Questo pezzo, disponibile anche on-line per chi è abbonato al NYT, ci racconta che — citando dati della National Cattlemen’s Beef Association — il 70% delle vendite annuali di costate di manzo negli USA è concentrato proprio nel periodo delle feste del Natale. Una modalità di consumo che differisce parecchio da noi Italiani, che optiamo per il suino, con cotechini e zamponi a dominare le tavole natalizie. Negli USA, invece, tradizionalmente e storicamente c’è sempre stata la costata. “Le scorte e il congelamento di questi tagli iniziano già a maggio” scrive Gallagher. “Per tutta l’estate, mentre i negozi di alimentari vendono soprattutto hamburger per le grigliate, l’industria della carne bovina pensa già alle vendite più importanti dell’anno: l’arrosto di dicembre”.

“A Symbol of Man’s Desire”
“Le festività e le occasioni speciali sono i momenti in cui le tradizioni più consolidate e le narrazioni più profonde di come ci rapportiamo al cibo emergono come veri e propri rituali”, prosegue Gallagher citando Joshua Specht, autore del volume “Red Meat Republic: A Hoof-to-Table History of How Beef Changed America” (si veda box dedicato nella pagina seguente).
La popolarità della costata di manzo esplose negli USA dopo la Seconda Guerra Mondiale. Gli Stati Uniti erano la superpotenza mondiale, il futuro economico sembrava roseo e la carne di manzo, che era stata razionata per anni, era di nuovo disponibile sulla tavola. “Un potente simbolo di abbondanza”, come dichiarato anche da Amy Bentley, docente di studi alimentari alla New York University e autrice di “Eating for Victory”.
I consumi di Rib-eye non hanno registrato rallentamenti fino alla metà degli anni Settanta. “Nel 1976 il consumo pro capite di carne bovina negli Stati Uniti ha raggiunto un picco di circa 90 libbre all’anno (pari a 40,90 kg/anno) e da allora è andato sempre diminuendo. Oggi, secondo l’USDA, il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti d’America, la cifra è di circa 60 libbre (27,27 kg/anno) a persona all’anno, anche se nel Midwest, la regione che consuma più carne bovina del Paese, la cifra è ‘storicamente’ più elevata” scrive Gallagher.
È probabile che molti fattori abbiano contribuito al declino del consumo di manzo: la maggiore consapevolezza dei rischi per la salute legati ad un eccesso di carne rossa nella dieta, l’aumento delle preoccupazioni relative all’impatto dell’allevamento del bestiame sull’ambiente e il cambiamento demografico dei consumatori. Ma questa inversione di rotta coincide anche con la diminuzione dei rappresentanti della cosiddetta classe media in molte località americane in cui la costata di manzo era tradizionalmente più consumata. “C’è un momento in cui si assiste alla rottura di un certo tipo di virilità e di un certo tipo di uomo economico”, ha scritto il prof. Specht nel suo libro. “C’è una fase di cambiamento nell’economia, che coincide con un mutamento del comportamento d’acquisto da parte del consumatore statunitense. Essere un uomo di successo significava mangiare bistecche: ecco, questo modo di essere si rompe negli anni ‘70. Gli effetti di questo concetto sono però evidenti ancora oggi. Uno studio recente pubblicato sulla rivista Nutrients ha dimostrato che la metà di tutta la carne bovina consumata negli Stati Uniti in un determinato giorno viene mangiata solo dal 12% della popolazione. E i membri di questo 12% sono soprattutto uomini bianchi di età compresa tra i 50 e i 65 anni”.


Elena Benedetti



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