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Ismea: tendenze bovino da carne

of Redazione


L’Indice FAO dei prezzi della carne ha registrato una media di 112,9 punti in ottobre, in leggero calo (0,6%) rispetto a settembre, segnando il quarto calo mensile consecutivo e attestandosi a 3,9 punti sotto il suo valore di un anno fa. Nel mese di ottobre, i prezzi internazionali della carne suina sono diminuiti per il terzo mese consecutivo, principalmente a causa della persistente debolezza della domanda di importazioni, soprattutto da alcuni Paesi dell’Asia orientale, con un’ulteriore pressione al ribasso derivante dalle elevate disponibilità esportabili di alcuni principali fornitori. Al contrario, i prezzi mondiali della carne di pollame sono aumentati leggermente, poiché le epidemie di influenza aviaria hanno continuato a limitare le forniture da parte di diversi Paesi leader a livello mondiale in un contesto di forte domanda da parte dei consumatori dovuta alla relativa accessibilità di prezzo. Anche i prezzi internazionali della carne bovina e ovina sono aumentati marginalmente, riflettendo la persistente e robusta domanda da parte di alcuni importanti importatori, nonostante le ampie forniture di carne bovina dall’Australia e dal Brasile e di carne ovina dall’Oceania.

La situazione produttiva in Europa
La produzione di carne bovina dell’UE è diminuita nel 2022 del 2,6%, più del precedentemente stimato (–0,6%). La produzione UE si prevede in ulteriore flessione per il 2023, confermando la tendenza negativa degli ultimi quattro anni. Una flessione che probabilmente supererà quella delle previsioni ufficiali, che la attestavano a –1,6% su base annua, considerato che il cumulato dei primi 9 mesi registra già un –5%.
Secondo i dati delle macellazioni mensili di Eurostat relativi ai primi nove mesi del 2023, tra i Paesi maggiori produttori, la Germania segna il calo minore (–5,1%), mentre più pesanti sono le flessioni di Francia (–10,3%), Polonia (–9,3) e Spagna (–7,7%). La produzione è prevista in aumento solo nei Paesi Bassi (Grafico 1).
I prezzi medi europei per i bovini maschi di buona conformazione (12-24 mesi categoria A, classe U, R, O) nel mese di novembre 2023 si attestano sopra i 487 e/100 kg, segnando sullo stesso periodo dello scorso anno una flessione del 3,8%. Il prezzo per l’Italia nell’analogo periodo è di 522 e/100 kg, tra i più alti a livello europeo e notevolmente al di sopra della media europea. Sopra la media europea anche i prezzi di Spagna Francia e Croazia.

La situazione nei vari Stati Membri
Nelle ultime settimane di novembre si sono intensificati gli scambi di vitelloni e manze da carne per compensare, almeno in parte, il calo dell’offerta di vacche. Sebbene la flessione del patrimonio delle vacche nutrici abbia subito un rallentamento rispetto all’estate, questa rimane pronunciata.
La riduzione dell’offerta di capi con buona conformazione sostiene i prezzi dei vitelloni da carne mentre quelli dei bovini da latte diminuiscono in quasi tutti i Paesi europei.
Il rallentamento dell’inflazione nell’ultimo periodo non ha ancora riflessi sulle scelte dei consumatori che sul fronte delle spese alimentari continuano a contrarre i volumi o a optare per l’acquisto di carni di prezzo inferiore. La domanda rimane quindi influenzata dall’inflazione nonostante un leggero, ma relativo, allentamento. Con l’arrivo delle temperature più fredde e la preparazione alle vacanze di fine anno, i prezzi dei bovini giovani sono nuovamente in aumento in molti Paesi europei.
La ripresa stagionale della macellazione delle vacche da riforma si combina in tutta Europa con un calo dei prezzi, anch’esso stagionale, ma che non si era osservato negli ultimi anni.

Francia: consumi in flessione
La rilevazione delle vendite di carne bovina nei primi nove mesi del 2023 in Francia ne segnala la flessione. Il dato è confermato anche dai bilanci provvisori che vedono il consumo apparente flettere rispetto allo scorso anno. I modelli di consumo sono cambiati a fronte degli aumenti dei prezzi osservati da due anni: i consumi nei ristoranti rimangono dinamici mentre quelli retail restano limitati dall’inflazione alimentare che non è realmente diminuita.
Dal punto di vista sanitario, la quota di territorio francese nelle zone regolamentate EHD (malattia emorragica epizootica) continua ad espandersi, rendendo il lavoro più complesso sia per gli allevatori che per gli acquirenti di animali destinati all’esportazione per l’ingrasso.

Germania: l’inflazione è rimasta sostenuta, le macellazioni limitate
Le macellazioni di bovini giovani sono diminuite nel mese di ottobre (–4% su ottobre 2022). Cumulativamente dall’inizio dell’anno, l’offerta è molto inferiore a quella del 2022 e ancor più a quella del 2021 (–7%).
La perdita di potere d’acquisto legata all’inflazione ha colpito fortemente anche i consumi tedeschi. La carne bovina è stata particolarmente penalizzata in questo mercato molto sensibile ai prezzi.
Nei primi nove mesi dell’anno, secondo gli analisti di AMI (Istituto Mercato Agroalimentare tedesco), gli acquisti delle famiglie sono ulteriormente diminuiti e hanno resistito meglio solo i prodotti più economici (+4,1%/2022 per i misti di carne di maiale).

Polonia: produzione in calo
In Polonia la produzione di carne bovina sta diminuendo a causa della mancanza di vitelli da ingrassare. Nei primi otto mesi dell’anno la produzione si attesta su 343.000 tec (–6%/2022 e –8%/2021). Le macellazioni di vitelli sono scese a 198.000 capi (–4%/2022 e –9%/2021), così come quelle delle manze, a 55.000 capi (–7%/2022 e –5%/2021), e delle vacche a 89.000 capi (–10%/2022 e –7%/2021). Un segno della scarsa disponibilità di vitelli è dato dal prezzo dei giovani animali da latte, che è il più alto nell’UE, pari a 186 e/capo.

Spagna: produzione razionalizzata ma prezzi in flessione
La Spagna è il secondo Paese detentore di vacche nutrici nell’UE-27, dietro alla Francia. In controtendenza rispetto alla maggior parte degli Stati Membri, la produzione spagnola di carne bovina ha continuato a crescere tra il 2012 e il 2022, grazie all’aumento del bestiame da latte e all’importazione di giovani vitelli da latte (530.000 capi nel 2022, il 68% dei quali dalla Francia). Il successo ottenuto dall’allevamento bovino è da ascriversi alla standardizzazione del lavoro in tutte le fasi del settore, contrattualizzazione e integrazione verticale dell’ingrasso da parte delle cooperative, fino alle industrie della carne, in una logica coordinata di produzione, ma anche ottimizzazione della produttività del lavoro e diluizione dei costi strutturali. Una buona riconversione dell’alimentazione del bestiame ha consentito inoltre di superare senza troppe difficoltà la crisi delle materie prime. Tuttavia, l’allevamento spagnolo dipende dalle importazioni di cereali ed è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e alle siccità sempre più intense.
In Spagna, i prezzi dei vitelli da latte stanno registrando un forte calo stagionale sotto la pressione della minore domanda di carne bovina. A settembre questi corrispondono ai prezzi osservati nel 2021. Nella settimana 44 del 2023, la quotazione dei vitelli frisoni di meno di un mese (baliotti) era di 102 e/capo (–18% rispetto al 2022, ma ancora +2%/2021).

Irlanda: mercato sotto pressione ma con prezzi competitivi per l’UK

In Irlanda, secondo l’ultima indagine sugli allevamenti del periodo maggio-giugno 2023, la mandria di vacche era in leggero calo, pari a 2,52 milioni di capi (–1%/2022). La dinamica è rimasta divergente tra vacche da latte (+1% a 1,65 milioni di capi) e vacche nutrici (–4% a 870.000 capi). Dall’inizio dell’anno la macellazione dei bovini di grossa taglia è stata piuttosto limitata. Stabili nelle prime 44 settimane del 2023 solo le macellazioni di vacche. In calo tutte le altre categorie: buoi (–4%/2022), manze (–3%) e, soprattutto, vitelloni (–12%). La ripresa stagionale delle macellazioni è stata piuttosto marcata dall’inizio di settembre. Secondo Bord Bia, il ritorno dei bovini nelle stalle per le condizioni climatiche in peggioramento e l’accelerazione del processo di riforma hanno contribuito ad aumentare il tasso di abbattimento delle vacche per le quali le macellazioni sono state particolarmente intense (+13%/2022 e +28%/2021).
In questo contesto, con un mercato europeo piuttosto lento e la domanda dell’industria di trasformazione limitata, i prezzi delle vacche da riforma hanno subito un leggero calo (–4%/2022, ma +9%/2021). Allo stesso tempo, il prezzo della carne bovina ha subito un calo meno marcato rimanendo molto competitivo sul mercato del Regno Unito.


Il mercato in Italia

La produzione

In Italia, secondo i dati sulle macellazioni mensili di ISTAT, la produzione nei primi nove mesi del 2023 è in netta flessione, con una riduzione del 20% rispetto all’analogo periodo del 2022 in termini di peso carcassa (-12% in numero di capi). In flessione tutte le categorie, con maggior accentuazione per le femmine (sia manze che vacche); per quest’ultime secondo Istat la flessione in termini di peso supererebbe il 30%. A incidere sull’evidente flessione dei dati di “peso morto” forniti da Istat sicuramente anche un notevole alleggerimento delle carcasse, soprattutto per quanto riguarda le manze che risulterebbero pesare in media un 10% in meno rispetto allo scorso anno.
Le macellazioni (in numero di capi) registrate in BDN evidenziano flessioni meno importanti di quelle di Istat: i capi macellati nei primi 9 mesi dell’anno sarebbero secondo questa fonte solo il 7% in meno rispetto al 2022.
Il calo della disponibilità di ristalli francesi, legato alla riduzione delle mandrie e all’incremento dell’attività di ingrasso in Francia, ha di fatto ridotto, da più di un anno, il numero dei capi di bestiame in Italia. Al calo della produzione può — in parte — aver contribuito il persistere di prezzi elevati dei fattori di produzione, in particolare dei mangimi, che ha portato a macellazioni di capi spesso più leggeri (riduzione del peso delle carcasse), dinamica concentrata soprattutto nella fase di finissaggio, dove i costi dei mangimi pesano di più (Grafico 2).

Andamento dei prezzi con andamenti eterogenei
Mercati con tendenze differenziate per le due categorie di carne bovina: in ripresa e su livelli superiori allo scorso anno per i vitelloni, in flessione e su livelli inferiori allo scorso anno per i bovini adulti. Con l’avvicinarsi della fine dell’anno i mercati si stanno facendo più vivaci e le quotazioni dei vitelloni a novembre continuano a salire fino ad attestarsi in media a 3,05 e/kg di peso vivo: un livello superiore a quello dello scorso anno del 3%. Il livello dei corsi nazionali per i vitelloni per tutto il 2023, malgrado una fase discendente nei mesi estivi si è mantenuto sempre ben al di sopra di quello del 2022.
Differente la situazione per i bovini adulti, sui quali impatta la pressione concorrenziale esercitata dai Paesi competitor.
Le produzioni polacche, ma anche quelle tedesche, a fronte di un mercato interno intasato per il forte calo dei consumi in atto, cercano sbocchi alternativi negli altri Paesi europei, in particolare in Italia, con un forte impatto sui prezzi che dalla fine della primavera sono scesi su livelli inferiori a quelli del 2022 (Grafico 3).

Andamento dei costi di produzione
L’Indice Ismea dei prezzi dei mezzi correnti di produzione per le carni di vitellone (con anno base 2010) registra un evidente ridimensionamento nella seconda metà dell’anno. L’indice a ottobre 2023 segna 128,5 punti, perdendo 7 punti su base annua.
La flessione dei costi di produzione iniziata a fine estate, dopo 9 mesi di valori elevatissimi (tra 137 e 138) è da ascriversi esclusivamente alla contrazione dei costi di alimentazione. Infatti, mentre l’indice di costo dei ristalli — che rappresenta il 63% del costo di produzione — ha continuato a mantenersi elevato e con tendenza all’aumento (nel mese di ottobre 2023 ha toccato i 126 punti, registrando su base annua un aumento di 5 punti percentuali) l’indice dei costi dei mangimi, voce che contribuisce per il 24% dei costi totali, ha segnato una graduale ma pesante flessione, registrando a ottobre 2023 valore 136, contro il 174 di ottobre 2022, segnando così un ridimensionamento di ben 38 punti sul valore indice.
Di minore entità la flessione nel corso degli ultimi mesi dell’indice dei prezzi di vendita dei vitelloni da macello che si attesta ad ottobre su 144,8 punti, replicando i medesimi valori di un anno prima, dopo aver toccato il culmine nel primo semestre 2023 con valori di 148. Ne consegue un indice di redditività in miglioramento, che nel terzo trimestre cresce del 5% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno.

Scambi con l’estero
Anche durante l’estate 2023 è proseguita la riduzione delle importazioni di bovini vivi da allevamento: il dato relativo ai primi otto mesi fa segnare una flessione del 9,5% su base annua, con contrazioni che nei soli mesi di luglio ed agosto hanno interessato oltre 24.000 capi, di cui 10.000 broutards, vale a dire che un 13% in meno di capi è stato reinserito in stalla per l’ingrasso durante l’estate, quindi inferiore della stessa entità sarà l’offerta di vitelloni da macello allevati in Italia nei primi mesi del 2024.
La composizione degli arrivi dei capi da allevamento nel 2023 mostra una nuova ripartizione, che vede i broutards maschi oltre 300 kg tornare a rappresentare oltre la metà dei capi, cui si aggiungono un 24% di manze; il restante 18% è rappresentato da capi più giovani. Sul fronte delle carni, le importazioni dei primi otto mesi 2023 si attestano sopra le 280.000 tonnellate, ossia su livelli superiori del 5% rispetto a quelli dell’analogo periodo dello scorso anno. Più specificatamente, le carni fresche, che pesano per l’80% sull’import carni, sono in aumento del 2,3%, mentre le importazioni di carni bovine congelate, che pesano per il restante 18%, nei primi otto mesi 2023 sono in aumento del 23% su base annua.
In termini di esborsi complessivi, nei primi otto mesi del 2023 la spesa per le importazioni è pari quasi a 3 miliardi di euro, con un saldo negativo di oltre 2,3 miliardi di euro, in peggioramento del 23% rispetto al 2022, con un contributo negativo del 36% per l’import di vivi e del 3,7% per quello delle carni. La flessione dei dati di import in volume dei primi otto mesi del 2023 non apporta quindi un miglioramento al saldo di questo primo frangente di anno, infatti, l’aumento di prezzo unitario sia delle carni che dei ristalli fa registrare un aumento di circa il 15% degli esborsi, che affiancato da una flessione dell’8% degli introiti per l’export fa conseguire un saldo negativo in ulteriore peggioramento.

Acquisti domestici
Segnali leggermente positivi arrivano dal fronte della domanda al consumo dove i proteici sembrano veder maggiormente riconosciuta la loro importanza nella dieta e dove gli acquisti di carne bovina frenano la flessione che da tempo caratterizzava i volumi nel carrello.
Nei primi dieci mesi del 2023, gli acquisti di carni sono tutti in crescita a eccezione di quelli delle suine, che dopo il recupero dello scorso anno (+4,7%) vedono di nuovo scendere i volumi del 3,6%, a fronte di una spesa che comunque aumenta del 5,6%.
In crescita dello 0,7% i volumi acquistati di carni bovine rispetto al 2022, sebbene proprio per queste lo scorso anno si era registrata la flessione più importante (–4,4% rispetto al 2021). La spesa per queste carni cresce su base annua di un ulteriore 7,4% dopo il +4,8% del 2022.
Proseguono intanto con dinamica positiva gli acquisti di carni avicole che segnano un +4,3% dopo il +0,4% dello scorso anno. Nel 2023 si può ipotizzare un travaso degli acquisti dalle carni suine alle carni avicole: infatti, in termini di share le carni suine passano dal 20% del 2022 al 19% del 2023, mentre le avicole continuano a guadagnare spazio nel carrello ampliando la propria quota dal 35 % del 2022 al 36% del 2023.
In questo contesto, per le carni bovine si può parlare di una stabilizzazione, che ne garantisce ancora una quota del 29% nel carrello della spesa. I “sostituti vegetali della carne” mantengono il 4% dello share tra i prodotti “carnei”.
Incrementi di spesa sostenuti per tutte le referenze, con variazioni che vanno dal +10,1 per le carni “minori” (ovine e cunicole) al +7,6% delle avicole, seguite dal +7,4% delle bovine e dal +5,6% per le suine.
Se da un lato la ricerca di proteine nobili sta prendendo sempre più piede, dall’altro il fattore prezzo continua giocare un ruolo determinante a sfavore delle referenze bovine.
Riguardo le tipologie merceologiche afferenti alle carni bovine rapportate alle alternative vegetali, si evidenzia come la ripartizione degli acquisti sia proporzionale a quella che è l’effettiva disponibilità nei reparti retail e a quelle che sono le promozioni in corso.
La più ampia disponibilità di prodotti vegetali proteici negli scaffali e le frequenti promozioni sugli stessi (nel 2023 il 30% degli acquisti di questo prodotto sono stati “in promozione”) ha permesso a queste referenze di ampliare la platea dei consumatori che ne fanno uso, facendone crescere i volumi venduti (+4%) con uno share sul comparto “carni e similari” che resta comunque ancora alquanto limitato (5% del volume carne totale).
Le carni di scottona, che fino all’estate avevano sostenuto gli acquisti di carne bovina, per la minor disponibilità perdono i volumi rispetto al 2022 (–1,8%), mentre per effetto sostitutivo aumentano gli acquisti di carne di vitello. Restano stabili i consumi di carni di bovino adulto, alla cui minor disponibilità in ambito nazionale si è sopperito con l’aumento del prodotto importato (Grafico 4 e Grafico 5).

Prospettive
Obiettivi primari per la filiera bovina italiana restano, oltre ad una maggiore autosufficienza produttiva sul fronte dei ristalli, anche una migliore riconoscibilità del prodotto di qualità e una maggiore aggregazione e compattezza tra gli anelli della filiera.
Tra i principali strumenti per rilanciare il comparto vi è poi sicuramente la corretta informazione sul valore della carne e sui risultati importanti ottenuti dalle filiere zootecniche nel contenimento delle emissioni di gas metano, ridotte negli ultimi 50 anni del 40%, dei progressi realizzati sul piano etico dalle filiere in tema di benessere animale, della trasformazione degli scarti in risorse energetiche per la loro utilizzazione nella produzione di biogas e biometano.
I sistemi zootecnici e il patrimonio umano ad essi collegato hanno bisogno di una forte accelerazione dei saperi e delle competenze, un aumento della formazione finalizzata anche a introdurre negli allevamenti le necessarie innovazioni per rispondere alle sfide della sostenibilità.
La ricerca scientifica e il trasferimento tecnologico dovranno essere ulteriormente incentivati.
Nei prossimi anni si parlerà molto di biosicurezza, cioè di tutti quei sistemi che consentono di ridurre o eliminare il rischio di introduzione, sviluppo e diffusione di malattie in allevamento, e di conseguenza che contribuiscono a ridurre l’uso di farmaci e antibiotici.
La sfida futura che richiede la Commissione europea dovrà essere affrontata continuando a migliorare la qualità e la sostenibilità degli allevamenti grazie alle nuove tecnologie, ma con una visione dell’agricoltura che tuteli l’ambiente senza penalizzare la produzione.
Intanto allevatori e macellatori stanno continuando a lavorare all’obiettivo comune di redazione di un Piano di Settore per il bovino da carne italiano; un percorso iniziato dagli allevatori anni fa, basato su tre pilastri, sostanzialmente già realizzati: il Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia, la sperimentazione per produrre ristalli in Italia e l’Interprofessione.


Fonte: Tendenze Bovino da carne n. 2/2023 Dicembre 2023
Responsabile: Fabio Del Bravo
Coordinamento tecnico:
Michele Di Domenico
Redazione: Paola Parmigiani
Ismea, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare
www.ismea.it



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