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Sitzigorru, la lumaca brada del Campidano

of Villa R.


Chi no tenit agu no papat sitzigorru, chi non ha l’ago non può mangiare lumache, così recita un proverbio locale. I sardi, ad eccezione delle isole di antica colonizzazione genovese come San Pietro, non hanno una lunga tradizione di pesca, quindi hanno da sempre sviluppato di più i cibi di terra, la lumaca non fa eccezione a questa regola millenaria.
L’allevamento delle lumache è praticato in Sardegna fin dall’epoca romana, tipicamente era condotto in recinti ubicati presso le ville rustiche, detti cocleari: infatti coclea era il nome della chiocciola in latino, tanto che in sardo logudorese essa è detta yoga, direttamente derivato dal suddetto termine latino. Nel paese quasi ogni podere aveva un muretto a secco, detto capizabi, dove venivano concentrate parte delle chiocciole che si raccoglievano nei terreni circostanti. Queste chiocciole novelle, ancora con la conchiglia da calcificare, trovavano nel muretto a secco il loro habitat, coadiuvato dalla collocazione di tegole sarde tebuasa, utilizzate dalle chiocciole come ricovero e riparo che garantiva poi più agevole l’introduzione delle mani per la raccolta. Ancora oggi le persone più anziane utilizzano questa pratica manuale che non richiede grosse risorse ed energie.
La Sardegna non può essere certo paragonata alla Francia, dove le lumache (in francese escargot) sono un piatto particolarmente pregiato, piatto forte pure nei ristoranti stellati, ma nell’isola le lumache sono la base per piatti eccellenti, apprezzate e ricercate un po’ dappertutto; in Marmilla addirittura la “cultura della lumaca” ha raggiunto livelli di apprezzamento di alto livello, nettamente superiori a quelli delle altre zone, con Gesico considerata la grande capitale culinaria di questo mollusco.
A Gesico, un centro che conta meno di 1.000 abitanti, il terzo sabato di ottobre sin dal 1993 si tiene la Sagra della Lumaca, diventata successivamente di grande fama. Dal 1997, infatti, il paese fa parte del club delle “Dodici città italiane delle lumache”. Ora è una magnifica sagra, annoverata fra le più importanti non solo in Italia ma in tutta Europa, fra quelle dedicate alla lumaca. Promossa dall’amministrazione comunale e realizzata con Pro Loco, Circolo ACLI, Parrocchia di S. Giusta (in concomitanza con l’antica, secolare Festa di S. Amatore) e il contributo della Regione Sardegna, questa rassegna gastronomica dura diversi giorni, nel corso dei quali i numerosi visitatori possono degustare dei prelibati ed eccellenti piatti a base di lumaca. Anche in altri paesi dell’Iglesiente più recentemente si sono sviluppate sagre dedicate a questo saporito gastropode, come a Serbariu, frazione di Carbonia, che un secolo fa ospitava una delle più grandi miniere di carbone d’Europa.
Nel 2018, grazie al lavoro dell’Istituto Zooprofilattico della Sardegna, dell’Agenzia Laore e dell’Assessorato regionale all’Agricoltura, che hanno predisposto la documentazione tecnica e storica, la chiocciola selvatica della Trexenta o Sitzigorru sardu1 è stata riconosciuta ufficialmente prodotto agroalimentare tradizionale. Questo prestigioso riconoscimento è assegnato esclusivamente a quei prodotti le cui pratiche di lavorazione risultano consolidate nel tempo e che vantano una storia non inferiore ai 25 anni.

Descrizione della specie
Il suo nome scientifico è Eobania vermiculata (Müller), ma è nota soprattutto come rigatella o, appunto, sitzigorru (in sardo-campidanese), ed è la specie più conosciuta e ricercata fra le chiocciole in Sardegna. Vive in un ambiente cespuglioso ed erboso ed è caratterizzata da una conchiglia a bande marroni più o meno scure, alternate ad altre chiare e la sua carne è molto apprezzata.
Dopo le piogge autunnali la femmina depone circa 70 uova, dopo la schiusa le forme giovanili crescono di 12-13 millimetri di diametro ogni anno e raggiungono la maturità sessuale dopo due anni con una taglia di 25 mm. Tipicamente solo il 20% sopravvive ed è in grado di deporre le uova anche nel terzo anno, pochissime (meno del 10%) giungono fino al quarto anno. Il peso di ogni lumaca adulta è in media da 4 a 6 grammi, diverse aziende le vendono già spurgate (Sitzigorru matiu) e pronte per essere cucinate.

Abbinamenti gastronomici ed enologici
La ricetta più tipica è quella delle Sitzigorrus con bagna, ovvero le lumache al sugo: fatte con pochi e semplici ingredienti, sono un piatto irresistibile che invita a fare la scarpetta col sugo saporito che rimane nel piatto. A Gesico nell’annuale sagra, si gustano anche i Sitzigorrus con fregula: le lumache spurgate si mettono in una pentola con acqua fredda e uno spicchio d’aglio, si fanno bollire per 5-6 minuti e si scolano; una volta fredde vengono pazientemente “sculacciate”, cioè private della parte superiore del guscio, in modo che assorbano meglio il sugo fatto da un soffritto di olio di oliva, cipolla, aglio e passata di pomodoro. Durante la cottura nel sugo, che dura circa 10 minuti, si aggiunge del brodo vegetale per evitare che si rapprenda troppo ed eventualmente del peperoncino; infine, si aggiunge la fregula, pasta tipica sarda simile al cous cous, e si completa la cottura a fiamma bassa rimescolando di tanto in tanto. Si serve la minestra calda accompagnata con fette di pane abbrustolito condito con olio e sale.
Altra ricetta comune è quella in verde, con prezzemolo fresco: le lumache bollite vengono passate in padella dove è stato fatto soffriggere dell’aglio tritato fine nell’olio di oliva, si aggiunge poi del succo di limone e del sale, da ultimo si cosparge di pan grattato e prezzemolo fresco e si amalgama il tutto velocemente.
L’abbinamento con il vino predilige i rossi locali come il Cannonau DOC o la Monica di Sardegna DOC, particolarmente nelle ricette più sapide e speziate, mentre le versioni più delicate come quella in verde possono trovare un felice accostamento con bianchi di media struttura come il Vermentino di Gallura DOCG, l’Orvieto DOC o la Falanghina del Sannio DOC.


Roberto Villa



Note

1. Sul Ditzionàriu in línia de sa limba e de sa cultura sarda compaiono altre varianti locali (sicigorru,cicigorru, sinsigorru, sintzigorru, sissigorru, tzintzigorra), ditzionariu.nor-web.eu/it/faeddu/sicigorru



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