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Bollicine

Femmes en Champagne

of Morabito A.


Se c’è un bigottismo che mi pervade, una rigidità, un preconcetto sociale, un blocco emotivo, è bere Champagne in solitudine. Ci ho provato, non ci riesco, lo trovo contro la mia natura, un tradimento vero e proprio di ogni bollicina di perlage che, dal fondo del bicchiere, sale a galla congiungendosi con l’aria che respiro.
Lo Champagne è il primo vino che ho assaggiato in vita mia, mi raccontano di uno svezzamento piuttosto originale allo scoccare del sesto mese, si dice che abbia apprezzato e non sia stata messa in discussione la patria potestà. Ho le foto dei miei primi compleanni sempre con una mignonette in mano. Son cresciuta con una bottiglia di Champagne sempre in frigo, accanto al latte e ai succhi di frutta. Era, in assoluto, il vino più amato e bevuto da mio padre.
Da adulta continua ad accompagnarmi, lo conosco senza studiarlo perché non abbia la possibilità di diventarmi un impegno mentale. È il vino che bevo senza chiedermi con che cibo starebbe bene o i dettagli di un’analisi organolettica: sorseggio piacere puro, non cerco altra risposta ai miei bisogni fisici o intellettivi.
Non è mai il mio vino riflessivo, è il vino del sorriso, che si porta via i pensieri brutti, che mi rende eternamente giovane e spensierata.

Ho frequentato tutte le edizioni precedenti della bella manifestazione Champagne Experience di Modena, la due giorni rivolta ad appassionati e professionisti che è arrivata ad accogliere ben 140 Maison e 64 esportatori. Ammetto che non avevo gran voglia di partecipare quest’anno, ma nel programma ha attirato la mia attenzione un incontro che non era una masterclass o un banco di degustazione esclusivo, piuttosto una sorta di tavola rotonda dal titolo La Transmission – Femmes en Champagne. Alla tavola rotonda sarebbero state presenti Mélanie Tarlant (Tarlant), Anne Malassagne (A.R. Lenoble), Alice Paillard (Bruno Paillard), Chantal Gonet (Philippe Gonet), Charline Drappier (Drappier) e Vitalie Taittinger (Taittinger). Avrei visto le loro facce, non le etichette sulle bottiglie.
Ciò che mi colpisce è che a far da moderatore dell’incontro non sia stata invitata una personalità del mondo del vino ma Maddalena Fossati, direttrice delle testate La Cucina Italiana e Condé Nast Traveller, del resto ci si esprime spesso nei termini di “Ricetta dello Champagne”.
Sono incuriosita da una parte e prevenuta dall’altra, perché temo spesso un certo modello della donna nelle immagini promozionali del vino che, francamente, mi spingono più a bere acqua. Domenica 17 entro, a mezz’ora dall’incontro, nel grande salone dove le degustazioni sono in corso, a colpo d’occhio il rapporto donne: uomini è di 5 ogni 100. Non mi stupisce ma mi dispiace. Mi accomodo nell’area riservata che ospiterà lo speech.
La Transmission – Femmes en Champagne è in realtà un’associazione fondata nel 2019 da 9 produttrici che rappresentano tutto l’ecosistema Champenoise, dal Nord al Sud dell’AOC, diverse per organizzazione e dimensioni, ma tutte accomunate da un sentimento di necessità di comunicare, ispirare, trasmettere una conoscenza viva del loro prodotto e del loro territorio attraverso le “ricette” dello Champagne, le loro storie di vita, il loro impegno dalla vigna al tavola imbandita.
Sono alla loro prima presentazione dell’associazione all’estero, hanno scelto l’Italia come prima tappa perché quando vogliono parlare di un consumatore sobriamente elegante e rilassato lo si definisce à l’Italienne.
La prima a parlare è Anne Malassagne, vignaiola di grande esperienza, approdata all’azienda di famiglia perché il padre non la vendesse. Racconta la fatica del cercare (e trovare) legittimità per trent’anni in un settore prettamente maschile, nel quale era approdata senza esperienza, che si era ritrovata a dover condurre da sola troppo presto e con figli da gestire. La solitudine di questa suo percorso l’ha spinta a cercare il confronto con le altre donne della Champagne e ad elaborare una sorta di manifesto programmatico di come un Demain familiare possa essere gestito al femminile e cosa implichi. È dal confronto con Margareth “Maggie” Henriquez, già presidentessa e CEO di Krug (dal 2022 è in Baccarat), che nasce La Transmission.
Alice Paillard racconta senza ipocrisia che, come per ogni Demain, anche lei ha interesse a vendere bottiglie, eppure il modo di essere manager è sostanzialmente diverso da molti colleghi perché, nell’interesse primo di onorare il terroir e l’Appellation, le donne si relativizzano all’interno dell’impresa, distribuendo in maniera più armonica e meno stressante gli incarichi, ottimizzando le risorse in maniera virtuosa. Per lei la gestione al femminile è un modello di business e reputa questo modello vincente anche nello scontro generazionale per niente scontato, con un approccio che ha cura del voler trasmettere.
Chantal Gonet con fermezza dichiara che non c’è intento di aggredire i propri colleghi, piuttosto offrire punti di vista da far integrare nella visione del territorio. Caposaldo della Francia è la fratellanza, i reali valori umani devono essere sempre al centro e gli Champenoise riflettono questo genere di cooperazione che è davvero sentita come una fratellanza, che è riuscita, con l’aiuto reciproco, a cambiare una intera economia e che saprà affrontare le conseguenze del cambiamento climatico in corso con la stessa determinazione corale.
Melanie Tarlant è la prima donna ad entrare nell’attivo dell’azienda dal ‘600 ad oggi. Centra il suo intervento sul cambiamento climatico in corso che è una criticità da una parte ma una grande sfida collettiva: pratiche di coltivazione, biodiversità e cambio dei dosaggi abituali fanno del suo territorio un laboratorio continuo da dover difendere anche nel suo esempio di modello virtuoso di tutela e cultura di un territorio. Indossa una t-shirt che attira la mia attenzione, con un’enorme scritta: #NOVLS.
Ad intervento finito la intervisto sulla VSL e mi faccio spiegare: la VSL in Champagne è l’acronimo di “Vignes semi larges” (tradotto in italiano, “Vigne semi larghe”, ovvero vigne a densità inferiore). In pratica il Cahier des charges dello Champagne, il suo Disciplinare, prevede, al momento, una densità di coltivazione e di vicinanza tra filari stabilita o, piuttosto, consolidata dalla storicità della pratica di coltivazione. È stato proposto l’inserimento di un nuovo decreto che consenta di allontanare i filari. Le motivazioni sono dibattute, i promotori parlano di vantaggi ecologici ma sono, nello specifico, i grandi gruppi internazionali che operano in Champagne che vedrebbero, nell’allargamento delle distanze, la possibilità di meccanizzazione della raccolta.
Melanie combatte da subito e a gran voce questa possibilità che vede tutt’altro come una opportunità, che implicherebbe meno lavoro manuale, meno cura nella raccolta, la pretesa che le piante rendano il doppio e un cambio paesaggistico drastico, oltre che il tradimento delle pratiche centenarie che hanno reso la Champagne grande nel mondo. Per lei la sfida è su altri terreni e non si perita a dichiararli con determinazione e col supporto delle colleghe (no-vsl.org).
Vitalie Taittinger ci pone due considerazioni. La prima è di carattere simbolico: cosa hanno voglia di dire oggi i vigneron per raccontarsi? Il brand è il nostro cognome o il territorio al quale apparteniamo? Accettiamo davvero la nostra unicità come Maison e come condottieri della stessa? La incarniamo con consapevolezza? La vita come esercizio di messa a nudo è un modello aziendale proponibile? E siamo noi abbastanza consapevoli da essere grati di essere su un territorio libero che ci lascia “ricettare” il nostro prodotto come vogliamo? Dove c’è posto sia per la grande che per la piccola Maison? E siamo pronti a difenderla questa libertà?
La seconda considerazione è di carattere più fisico: lo Champagne ha un potere magico, il potere dello Champagne, da sempre e per sempre, sarà di dare piacere, è il vino della felicità. Altrettanto da sempre il vino che magnifica un momento, lo sottolinea, lo celebra, regala una terza dimensione. Lo Champagne è una ricetta libera che onora ogni tipologia di cibo e ogni tipologia di circostanza.
Charline Drappier racconta con molta dolcezza che uno degli intenti principe del programma della Transmission sia “semplicemente“ trovarsi assieme, ovvero coinvolgere le nuove generazioni sia al lavoro in vigna sia al piacere dello Champagne, sia nell’evoluzione dei brand che, nella Champagne, sono lentissime. Organizza e promuove atelier e laboratori per avvicinare le persone allo Champagne, per sollecitarle alle domande, per orientarle a goderne, perché ricerca infinita significa futuro.

Dall’incontro ne sono uscita soddisfatta e un po’ sorella, da consumatrice, di questa ventata di allegrezza piena di contenuti e impegno, piena di vita quotidiana nell’incombere della storicità, piena di desiderio/bisogno di parlare ed ascoltare.
Ognuna di queste donne ha espresso la profonda gratitudine per essere figlie della terra di Champagne e cerca, non nella mera commercializzazione, gesti di ringraziamento. Anche in Italia qualcosa si muove. In primavera avevo avuto modo di partecipare ad un’altra tavola rotonda al femminile organizzata nell’Enoteca comunale di Cupramontana (AN), che vedeva protagoniste Maria Clotilde Borsa di Pacina, Elena Pantaleoni di La Stoppa, Mateja Gravner e Chiara Pepe delle omonime aziende. Anche in quell’occasione si percepiva netto un bisogno di dirsi cose oltre alle parole, trovarsi per ritrovarsi, di sentirsi accomunate in qualcosa che non fosse solo il prodotto e sentirsi accettate dal pubblico cercando di rinforzare un approccio più riflessivo senza essere serioso e meno prettamente fisico anche se sempre legato al piacere.
In quanto donna cerco di non essere troppo di parte nelle mie considerazioni, voi, però, non siate ciechi e sordi. E bevete responsabilmente in tutti i sensi, con tutti i sensi.


Alessia Morabito



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