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Sulle strade del riso, tra grandi e piccole produzioni

of Papotti C.


Terra, acqua, lavoro. Sono questi i tre elementi nei quali è racchiuso il segreto per ottenere il cereale più diffuso al mondo: il riso. In primavera l’acqua inonda le risaie per proteggere i semi dagli sbalzi di temperatura durante tutto il ciclo vegetativo, dalla semina in aprile al raccolto a settembre inoltrato. I Novaresi riservano alle risaie la romantica definizione di “mare a quadretti”, per identificare i campi coperti dall’acqua. La maggior parte degli ettari destinati alla coltivazione del riso in Italia si trova, per ordine di grandezza, nelle province di Vercelli, Pavia, Novara, Milano, Alessandria, Ferrara, Oristano (già, c’è un ottimo riso anche in Sardegna), Mantova, Verona e in territori circoscritti dell’Italia centro-meridionale.
Appartenente alla famiglia delle Graminacee, il riso (Oryza sativa) si distingue in due varietà principali: la Indaca, con chicco allungato, stretto e vitreo, diffusa soprattutto nel continente asiatico, e la Japonica, dalla quale derivano le varietà storicamente coltivate in Italia, caratterizzate da chicco tondeggiante, vitreo, con una zona opaca interna.
Negli ultimi anni, con il crescente apprezzamento della cucina etnica, si sono diffuse sui mercati italiani anche risi di provenienza orientale o americana, come il Patna, il Basmati e quello Tailandese. Varietà differenti accomunate, tuttavia, dal medesimo ciclo produttivo.
Il terreno adibito alla coltura del riso viene delimitato da argini di altezze differenti per permettere all’acqua di scorrere con flusso continuo e limitare il ristagno. Durante la crescita delle piantine, il riso è oggetto di continue attenzioni. Mentre, fino al secondo Dopoguerra, le erbe infestanti erano eliminate a mano dalle mondine, oggi la disinfestazione è effettuata con altri mezzi, in genere con diserbanti, e la mondatura a mano è stata sostituita con moderni sistemi, completamente meccanizzati.
L’ultimo mese del ciclo produttivo è determinante per la qualità del riso: è in questa fase che i granelli si riempiono di amido ed influenzano la qualità finale. Il sole e la mite temperatura dell’acqua di settembre sono essenziali per la piena maturazione delle spighe. Dopo la raccolta e l’essiccazione, il riso grezzo viene quindi avviato alle riserie per essere raffinato. Qui il riso greggio, noto come “risone”, viene pulito e separato da eventuali corpi estranei (paglia, pietre, ghiaia…). Viene poi pulito per diventare commestibile, cioè liberato dalla parte esterna fibrosa che ricopre i chicchi, la cosiddetta lolla. Allo scopo, viene sottoposto all’azione di sbramatura per ottenere quello che si conosce con il nome di riso integrale.
La raffinazione del riso integrale prosegue con la sbiancatura, effettuata con macchinari di ultima generazione, che grattano l’esterno dei chicchi privandoli del germe (impiegato nei mangimi e nell’industria degli oli) e degli strati più esterni, dai quali si ottengono farine ad alto valore nutritivo (la pula e il farinaccio), utilizzate nel settore zootecnico.
Terminata questa operazione, si separano i chicchi interi da quelli rotti e neri (la legge italiana stabilisce limiti precisi per la loro presenza nel riso in commercio). Infine, il riso viene inviato al reparto di confezionamento, dove si provvederà alla messa sottovuoto o alla conservazione in atmosfera protettiva.
Quello delle varietà del riso è un universo in continua evoluzione: alcuni tipi, rinomati in passato, sono stati sostituiti da varietà nuove, più resistenti, ed è prevedibile che altri risi, ora in auge, subiranno la stessa sorte in futuro. Tra quelli italiani più noti e diffusi, trovano spazio: Arborio, Balilla, Baldo, Carnaroli, Ribe, Roma, S. Andrea e Vialone nano. Per gli amanti delle piccole produzioni, invece, due sono i Presidi Slow Food assegnati a questo affascinante cereale. Il primo riconoscimento è riservato al Gigante di Vercelli. Vercelli è considerata la capitale europea del riso: si trova al centro dell’area risicola piemontese-lombarda e possiede la maggior superficie coltivata a riso di tutta Europa. Il Gigante è stato selezionato negli anni ‘40 ed era una delle varietà più coltivate in questa area, ma negli anni ‘70 le superfici coltivate con questa varietà si sono ridotte drasticamente per lasciar spazio a risi più produttivi. Iscritta al Registro storico delle varietà, in anni recenti la qualità Gigante è stata recuperata da alcuni agricoltori che selezionano e si scambiano le sementi migliori. Il Presidio nasce per supportare il loro lavoro, valorizzare questa varietà di riso, favorire la ripresa della sua coltivazione e del suo consumo e, di conseguenza, coinvolgere progressivamente nuovi risicoltori. La sua rappresentazione più tradizionale è la panissa vercellese, un risotto che ha come ingredienti riso, vino rosso, salam d’la duja, lardo, fagioli e cotica di maiale.
Il secondo Presidio va al Grumolo delle Abbadesse, varietà coltivata nel piccolo comune omonimo, a metà strada tra Vicenza e Padova. Qui il riso ha una storia tutta al femminile: introdotto dalle monache dell’abbazia benedettina di San Pietro di Vicenza, è una rarità che si coltiva dal ‘500. Alle badesse si devono la bonifica dei terreni, il disboscamento e il prosciugamento delle paludi e degli acquitrini e l’irrigazione con la costruzione di canali — parecchi dei quali tuttora utilizzati — “per condur a Grumolo acque per risara”, come citano documenti di archivio. Molti paesi della pianura vicentina avevano risaie fino ai confini con le province di Padova e Verona ma, mentre altrove sono scomparse, specie per la mancanza di acqua “pulita”, a Grumolo, Gazzo Padovano e Torri di Quartesolo oggi sono ancora lavorate, grazie ai produttori che hanno saputo superare i periodi di crisi. Il Grumolo è un Vialone nano ottenuto dall’incrocio avvenuto nel 1937 tra il celebre Vialone nero, che non viene più coltivato, e il nano. I risotti sono eccezionali: dal tradizionale risi e bisi (una minestra densa di riso e piselli) al risotto con i fegatini, il classico piatto dei pranzi di nozze in campagna.


Chiara Papotti



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