Un secolo, occorso quest’anno, tra gli ulivi della Valpantena, nel Veronese. Un secolo tra guerre, cambiamenti di costume, investimenti e tanto lavoro. La storia della famiglia Salvagno di Nesente e del loro frantoio, condensata nel libro celebrativo del centenario “Le nostre vite per l’olio. I cento anni del Frantoio Salvagno” a cura di Giovanni Salvagno, Elena Salvagno, Cristina Salvagno e Francesca Salvagno con l’Introduzione di Luigi Caricato e pubblicato da Olio Officina, è la storia di tutto questo: di un’impresa contadina, familiare, con un capostipite visionario e una discendenza innamorata dell’olivicoltura e vocata alla fatica.
Un’abnegazione totale, cocciuta, orgogliosa, consapevoli innanzitutto del ruolo sociale, prima ancora che professionale ed economico, che andava esercitato nell’interesse dei coltivatori e dei lavoratori del territorio limitrofo a cui dare un servizio, con cui collaborare. Nel 1923 Gioacchino Salvagno decise di aprire una realtà produttiva per molire le olive e soddisfare così un’esigenza per i coltivatori della zona. Negli anni, l’azienda si è evoluta e dal frantoio ad uso familiare si è arrivati all’attuale realtà che ha un impianto tradizionale con molazze in granito e tre presse con una capacità produttiva di 600 kg l’ora e un impianto a ciclo continuo all’avanguardia con una capacità produttiva di 3000 kg l’ora.
Il frantoio, oltre a lavorare le olive di proprietà, serve circa 700 aziende olivicole locali. Una produzione che ad oggi raggiunge mediamente i 250.000 litri all’anno derivati dagli 8.000 ulivi di proprietà e dalle 500 aziende conferitrici. «Se oggi con la mia famiglia sto proseguendo il lavoro — evidenzia nel libro Giovanni, figlio di Gioacchino — e con esso la creatura messa in piedi da mio padre, il frantoio cui tengo moltissimo, e al quale le stesse mie figlie si dedicano, allora sì, posso affermare che questa grande eredità che ho ricevuto è innanzitutto affettiva: un’eredità morale, di tecniche professionali e di conoscenze acquisite, di amore per il proprio lavoro. Mio padre mi ha aperto un mondo. Mi ha riempito di affetto. Era silenzioso, di poche parole, ma ogni sua parola conteneva una vastità di segni e di messaggi. Ogni volta che percorro le nostre campagne rivedo lui e ripenso alla sua dedizione».
Il frantoio era stato aperto da Gioacchino insieme ai suoi fratelli Eliseo, Angelo e Giuseppe nel 1923 soprattutto per la lavorazione in conto terzi, anche perché non esisteva ancora il commercio dell’olio così come lo si concepisce ora. L’olio era destinato all’autoconsumo, per uso domestico. «Mio papà era alla vecchia pesa — sottolinea Giovanni — e ciascuno pagava per l’olio sfuso acquistato. I primi anni addirittura non disponevamo nemmeno di un marchio. Io ho cominciato a lavorare in frantoio che avevo 15 anni e ricordo che dovevo fare il turno di notte insieme agli operai. Avevo una brandina dove mi appisolavo nel locale in cui tenevamo l’olio. Sempre all’erta anche perché quasi tutte le notti si riscontravano problemi alle macchine. Il capoturno in quegli anni si chiamava Guerrino Mezzari, per noi una colonna portante. Poi negli anni ho pensato a creare e potenziare il brand, a confezionare l’olio, a creare una rete commerciale, ad andare oltre alle vendite locali e regionali, oltre anche a quelle nazionali. Il frantoiano di ieri era un produttore di olio e basta. Quello di oggi è un commerciante, va per fiere, prende aerei e promuove il prodotto in giro per il mondo».
«L’azienda — spiega Francesca Salvagno — segue direttamente tutto il ciclo produttivo: dalla potatura alla raccolta, dalla spremitura alle operazioni di marketing. La ricerca e la sperimentazione dei diversi metodi di coltivazione delle piante e delle cultivar, che si sposano meglio sui nostri terreni, è continua. Il nostro olio è distribuito in farmacie, erboristerie, centri di prodotti naturali, ristoranti e direttamente ai privati. Circa il 50% della nostra produzione è esportato in diversi paesi del mondo, anche grazie al nostro sistema di e-commerce attivo da più di dieci anni sul sito”.
L’azienda riserva particolare attenzione alle visite in azienda sia da parte di scolaresche che di privati. «Per noi l’oleoturismo riveste una parte significativa dell’attività», dice Francesca che aggiunge: «Abbiamo circa 3.000 persone in visita all’anno al frantoio interessati ad acquistare l’olio ma anche a conoscere la storia dell’impresa, il ciclo produttivo, la degustazione e il legame con il territorio. Le scolaresche vengono in visita gratuitamente: è importante per noi spiegare alle nuove generazioni, che saranno i consumatori di domani, il valore e l’importanza dell’olio che noi sosteniamo essere un alimento e non solo condimento».
La cultivar preferita dei Salvagno? Il Grignano. «Produce in maniera omogenea e costante tutti gli anni —sostengono — e ne deriva un olio dolce, corposo e molto gastronomico». Il futuro del settore? «Vorrei non vedere più sugli scaffali dei supermercati l’olio a 2,99 euro — conclude Giovanni — anche perché è un’offesa a chi produce. L’Italia dovrà necessariamente investire in nuovi oliveti e se vogliamo non subire la concorrenza di Paesi come Spagna e Grecia dobbiamo puntare su coltivazioni ad alta densità, senza per questo venir meno alle coltivazioni tradizionali adeguate in termini di meccanizzazione delle operazioni colturali».
Gian Omar Bison
>> Link: www.oliosalvagno.com
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