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Prodotti tipici

Tartufi che nobilitano le carni

of Papotti C.


Il celebre gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin lo definiva “il diamante della cucina”, un appellativo più che mai attuale e azzeccatissimo. Non solo tartufi e diamanti crescono entrambi sotto il terreno lontano dall’aria e dal sole, fino a diventare quanto di meglio la natura possa offrire, ma in alcuni casi, ormai, hanno in comune anche il valore economico. Belli di sicuro non sono, al massimo possono assomigliare ad una patata mal riuscita, ma la ricchezza e l’intensità del loro profumo e del loro sapore non ha eguali. I tartufi rappresentano un vero e proprio tesoretto tutto italiano: quello bianco, infatti, non esiste in nessun’altra parte del mondo (anche se qualcuno prova ad imitarlo, coltivandolo piantine micorrizate in zone non naturalmente vocate). Diverso dai suoi fratelli porcini e amanite commestibili, il tartufo è pur sempre un fungo. A differenza dei primi, che rientrano nel gruppo degli “epigei” perché fuoriescono dal suolo, il tartufo è un fungo ipogeo in quanto tutto il suo ciclo vitale si sviluppa al buio, nel sottosuolo.
A dire il vero, quello che si chiama “tartufo” è solo una parte, quella riproduttiva: il corpo fungino vero e proprio è formato da numerosi e sottilissimi filamenti, conosciuti come “ife”, che si allungano nel terreno fino a formare il micelio. Il loro ruolo è fondamentale: grazie alla loro capacità di estendersi nel terreno, possono raggiungere le radici degli alberi e con queste, se le condizioni dell’ambiente lo permettono, cominciare una fruttuosa convivenza. Il tartufo, incapace di svolgere la fotosintesi e di produrre da solo le sostanze nutritive necessarie per crescere, si serve delle radici delle piante e, in cambio, gli fornisce l’acqua e i sali minerali, che assorbe dalla terra. La loro unione è uno scambio vantaggioso per entrambi e, in condizioni ottimali, innescano una fase vitale successiva del fungo, quella della formazione del corpo fruttifero: è nato il tartufo.
Da questo momento in poi i filamenti arrestano la crescita e formano una struttura che cresce progressivamente e che custodisce le spore destinate alla riproduzione.
Il tartufo, col passare del tempo, prende la sua caratteristica forma globosa, più o meno irregolare, e sviluppa il pericardio esterno che racchiude la polpa (gleba), la quale, a sua volta, contiene le spore. È a questo punto, con la necessità del fungo maturo di disperdere le spore nell’ambiente, che la natura comincia a lanciare segnali inequivocabili.
Il tartufo inizia ed emanare il suo profumo inconfondibile, che raggiunge la superficie e solletica l’olfatto finissimo degli animali. La sensibilità olfattiva degli esseri umani non è paragonabile a quella di maiali e cani, capaci di localizzare tartufi interrati anche per decine di centimetri. Ma una volta estratto, è capace di esercitare anche su chi lo coglie il suo fascino irresistibile.
L’Italia è leader nella produzione e nel commercio dei tartufi. La ricerca, il lungo addestramento dei cani, il rito delle spedizioni notturne nei boschi e quello delle contrattazioni nelle piazze di primo mattino, sono un’autentica espressione di cultura e di tradizione nel nostro territorio. In molte zone del nostro Paese il suolo possiede una naturale vocazione alla crescita dei tartufi, al punto che se ne possono individuare almeno una decina di specie diverse.
Quello bianco, il più pregiato in assoluto, conosciuto anche come “tartufo d’Alba o di Acqualagna”, matura da ottobre a dicembre ed è utilizzato con parsimonia per la produzione di salami e salsicce tradizionali della cucina piemontese, oppure per arricchire carpacci e tartare.
Secondo nella scala di pregio, troviamo il tartufo di Norcia o di Spoleto. Dalla buccia scura, bruna nerastra e ricoperta di minuscole verruche, questo tartufo emana un profumo gradevolmente aromatico, a cui corrisponde un sapore eccellente, che si valorizza soprattutto dopo la cottura. La Mortadella al tartufo nero pregiato di Norcia è una delle massime espressioni della cultura gastronomica nursina.
Di meno valore, ma comunque dalle ottime caratteristiche organolettiche, è il tartufo nero estivo, conosciuto anche come “scorzone”. L’estivo è sicuramente quello più diffuso e, di conseguenza, quello più utilizzato nei preparati come formaggi, burro, insaccati e salse da condimento. La gamma dei tartufi freschi o conservati è decisamente ampia e capace di soddisfare ogni gusto e capacità di spesa.
Nel tempo è divenuto uno degli ingredienti più raffinati della cucina mediterranea, capace di rendere nobile ogni preparazione.


Chiara Papotti


In foto, la mortadella artigianale al tartufo di Norcia dell’Antica Norcineria De Angelis di Velletri, Roma. Realizzata artigianalmente con solo carne 100% italiana e cotta al vapore per un’intera nottata (photo © www.facebook.com/anticanorcineriada).



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