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La pagina scientifica

La vongola (Chamelea gallina): uno studio sulla sopravvivenza della specie

of Bargione G. – Barone G. – Fabbri S. – Virgili M. – Lucchetti A.


La vongola o lupino (Chamelea gallina; Figura 1) è un mollusco bivalve che vive infossato nei primi centimetri di sedimento in fondali sabbiosi e sabbio-fangosi, a profondità comprese tra 1 e 18 metri, fino ad una distanza dalla costa di 1-2 km, a seconda delle zone. Il lupino è anche una delle specie target più importanti nel panorama della pesca commerciale italiana. Infatti, la vongola rappresenta la seconda specie più sbarcata in Italia dopo l’alice (Engraulis encrasicolus) e negli ultimi anni ha superato le 20.000 tonnellate di produzione, con un ricavo alla prima vendita superiore ai 46 milioni di euro su scala annuale. C. gallina è inoltre una delle poche specie esportate in quantità importanti dall’Italia.
Attualmente in Italia la vongola è prevalentemente diffusa lungo le coste dell’Adriatico centro-settentrionale (Marche, Emilia-Romagna e Veneto), mentre quantitativi ridotti sono pescati nella parte meridionale del bacino (Puglia). Catture molto modeste provengono dal Mar Tirreno (Lazio e Campania).
La risorsa è pescata per mezzo di draghe idrauliche note come “vongolare” che operano entro una fascia costiera molto ristretta tra 0.3 e 2 miglia nautiche dalla costa (Figura 2). Durante la fase di pesca la vongolara si muove a ritroso poiché la draga, che consiste in una gabbia metallica, è posta a prua dell’imbarcazione.
Al termine delle operazioni di pesca il contenuto della draga viene svuotato nel vascone di raccolta e convogliato al vibrovaglio meccanico posto a bordo delle imbarcazioni per la selezione delle vongole di taglia commerciale. Le vongole di piccola taglia, e quindi non vendibili, insieme alle catture accessorie, ovvero non-target di pesca (granchi, stelle di mare, ricci, ecc…), tornano subito in mare tramite il tubo di scarico.
La gestione della risorsa vongola in Italia è affidata ai Consorzi di Gestione dei Molluschi (Co.Ge.Mo.), istituiti ai sensi del Decreto Ministeriale 44/1995, i quali applicano le norme generali stabilite a livello europeo e nazionale (dalla Direzione Generale per la Pesca e l’Acquacoltura – già Ministero Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) adottando misure gestionali ad hoc (regolazione dello sforzo di pesca, rotazione delle aree di pesca, semina, ridistribuzione della risorsa, ecc…).
Dal 2017 la taglia minima di sbarco della vongola è pari a 22 mm [Regolamento Delegato (UE) 2016/2376, Regolamento (UE) 2020/3 e Regolamento (UE) 2020/2237], in deroga alla precedente taglia di 25 mm (Regolamento CE 1967/2006). Un altro regolamento comunitario, ovvero il Regolamento (UE) 1380/2013, sancisce l’obbligo di sbarcare tutti gli esemplari al di sotto della taglia commerciale; tuttavia, esso non si applica “alle specie per le quali le prove scientifiche dimostrano elevati tassi di sopravvivenza, tenendo conto delle caratteristiche degli attrezzi, delle pratiche di pesca e dell’ecosistema”. In tali casi, i pescatori sono tenuti a rigettare in mare gli esemplari sotto-taglia immediatamente dopo le operazioni di pesca e, nel caso delle draghe idrauliche, al termine della vagliatura.
Per questo motivo, il CNR-IRBIM di Ancona e il suo team di ricercatori del settore pesca hanno voluto investigare, per mezzo di esperimenti condotti in vasche di laboratorio e in gabbie a mare, la sopravvivenza degli individui di vongola a seguito del rigetto in mare al termine delle operazioni di pesca.
Per condurre la sperimentazione in condizioni di cattività, in uno dei laboratori del CNR-IRBIM di Ancona i ricercatori hanno installato delle vasche (da sperimentazione e di raccolta) con un sistema di circolazione dell’acqua a circuito chiuso (Figura 3). All’interno delle vasche sono state riprodotte le condizioni ambientali dell’habitat di prelievo del campione di vongola, impostando i valori di temperatura dell’acqua e salinità secondo quanto rilevato in mare dai ricercatori.
All’interno della vasca sperimentale, suddivisa in 9 compartimenti riempiti con circa 7 cm di sedimento sabbioso, sono state introdotte 135 vongole collezionate a bordo di un peschereccio commerciale al termine del processo di vagliatura. Le vongole sono state suddivise in 3 classi di taglia (piccole: 19.0-21.9 mm, medie: 22.0-24.9 mm e grandi: 25.0-27.9 mm) e, all’interno di ciascun divisorio, sono state posizionate 15 vongole suddivise in 3 repliche per ciascuna delle tre classi di taglia. Le vongole sono state monitorate per 21 giorni e alimentate giornalmente con un gel di micro-alghe. Grazie al posizionamento di due fotocamere Go-pro all’esterno della vasca, nelle 24H successive al loro posizionamento è stato possibile valutare la capacità delle vongole di affossarsi nel sedimento.
I risultati dell’esperimento sull’affossamento della vongola condotto dai ricercatori del CNR-IRBIM di Ancona hanno mostrato che entro 21 ore tutte le vongole si erano affossate nella sabbia indipendentemente dalla taglia. In particolare, metà delle vongole si è affossata in circa 4 ore, mentre la quasi totalità (90%) in quasi 8 ore.
Test statistici hanno evidenziato però una differenza significativa nel tempo di affossamento tra individui di classe di taglia differente. In particolare, tale differenza è risultata tra gli individui di taglia media e piccola e tra quelli di taglia media e grande, ma non tra le piccole e le grandi (Figura 4).
Le vongole di taglia media sono risultate essere le più rapide nel processo di affossamento (metà delle vongole si erano affossate in circa 3 ore, mentre il 90% in quasi 6 ore) rispetto a quelle di piccole e grandi dimensioni (50% delle vongole affossate in 4.8 e 4.1 ore e 90% delle vongole affossate in 9.4 e 8.4 ore, rispettivamente).
Tali differenze nel tempo di affossamento — spiegano i ricercatori — possono essere dovute all’accumulo di differenti riserve di energia tra individui di diversa dimensione. In precedenti studi, infatti, altri ricercatori hanno evidenziato che, per unità di volume, le vongole più grandi immagazzinano maggiore energia mentre le vongole più piccole consumano maggiore energia (Moschino & Marin, 2006).
In linea teorica, sebbene le vongole più grandi dovrebbero affossarsi nella sabbia più velocemente grazie al maggior quantitativo di riserve energetiche accumulate, esse hanno anche una superficie più ampia da riseppellire, al contrario degli esemplari più piccoli i quali però immagazzinano meno energia per unità di volume.
Queste considerazioni — continuano i ricercatori — potrebbero spiegare l’assenza di un tempo di affossamento significativamente diverso osservato tra le vongole grandi (25.0-27.9 mm) e le vongole piccole (19.0-21.9 mm). Inoltre, aggiungono che i risultati ottenuti hanno suggerito che le vongole di medie dimensioni (22.0-24.9 mm), che si sono affossate più rapidamente delle vongole appartenenti alle altre due classi di taglia, potrebbero raggiungere un miglior compromesso nel tempo di affossamento in virtù della dimensione della superficie da riseppellire e dell’energia immagazzinata per unità di volume.
Successivamente, per testare la sopravvivenza della vongola in mare, i ricercatori del CNR-IRBIM hanno installato due gabbie metalliche sul sedimento a una profondità di ca. 1 metro (Figura 5A e 5B). Un totale di 320 vongole, egualmente distribuite tra taglia commerciale e non, e prelevate ad una profondità di ca. 3 m in una comune area di pesca al termine del processo di vagliatura, sono state posizionate all’interno di ciascuna gabbia. Le vongole sono state lasciate all’interno delle gabbie per 15 giorni e, al termine dell’esperimento, il team di ricercatori ha analizzato il numero di individui sopravvissuti.
I tassi di sopravvivenza della vongola si sono mostrati elevati sia in condizioni di laboratorio (media 94.8%) che in mare (media 96.2%), indipendentemente dal tipo di esperimento condotto (in mare o in vasca) e dalla taglia della vongola. Ciò contrariamente però ad altri studi — illustrano i ricercatori — che avevano evidenziato una mortalità più elevata per gli individui di vongola più piccoli (Broadhurst et al., 2006; Uhlmann & Broadhurst, 2015).
Nelle vasche sperimentali un totale di 7 su 135 individui sono morti (2 sotto-taglia e 5 sopra-taglia) durante la sperimentazione. Le vongole morte erano riaffiorate sulla superficie del sedimento e trovate con le valve completamente aperte. Gli eventi di mortalità erano stati registrati tra il 4o e 10o giorno, non mostrando inoltre alcuna relazione con la taglia (Figura 6).
I ricercatori sottolineano che sebbene alcuni studi abbiano messo in luce una maggiore probabilità di morte degli individui sottoposti a condizioni di cattività, dovuta a stress, subito dopo il posizionamento in vasca o verso la fine dell’esperimento, a causa del contenimento (ICES, 2015), la mortalità delle vongole da loro osservata non era correlata ad alcun periodo particolare. Per cui — affermano i ricercatori — nello studio condotto né il processo di raccolta e setacciatura né la cattività in vasca hanno indotto una mortalità significativa, suggerendo che altri fattori (ad esempio, malattie, parassiti) potrebbero aver causato la morte di esemplari più deboli o meno sani.
Nelle gabbie in mare, invece, al termine dei 15 giorni di sperimentazione un totale di 12 su 320 individui (4 sotto-taglia e 8 sopra-taglia) sono morti, ancora una volta non mostrando alcuna relazione in funzione della taglia. Se pur altri autori (Breen et al., 2007) abbiano raccomandato di monitorare, durante la fase di cattività in mare, alcuni parametri ambientali chiave — proseguono i ricercatori — quali profondità, temperatura e salinità, l’elevato tasso di sopravvivenza osservato per le vongole ha permesso di suggerire che la leggera differenza di profondità (1-1.5 m) tra il sito di campionamento e quello del posizionamento delle gabbie non ha influenzato la sopravvivenza delle vongole stesse.
Lo studio sulla sopravvivenza della vongola in condizioni di laboratorio all’interno di vasche sperimentali, condotto dal team di ricercatori dell’IRBIM-CNR di Ancona, rappresenta il primo studio in assoluto, a livello Mediterraneo, in cui i ricercatori hanno cercato di ricreare l’habitat naturale della vongola. Infatti — afferma il team — il simile tasso di mortalità della vongola osservato in laboratorio e in campo ha dimostrato la loro capacità di aver ricreato al meglio le condizioni ambientali naturali dell’habitat della vongola.
I ricercatori inoltre riportano che un precedente studio condotto da altri autori in nord Adriatico sulla mortalità della vongola, in cui erano state considerate come morte le sole vongole gravemente danneggiate in seguito a dragaggio idraulico, aveva già osservato un potenziale elevato di sopravvivenza per gli individui della specie. La pressione idraulica sperimentata, però, era 1.4 volte superiore rispetto a quella consentita per legge di 1.8 bar, e in quel caso era stata stimata una sopravvivenza media dell’80% (Moschino et al., 2008), facendo quindi supporre tassi di sopravvivenza ancor più elevati se fosse stata utilizzata la pressione regolamentare.
Complessivamente, i risultati precedenti e quelli ottenuti nel presente studio avvalorano l’ipotesi che la vongola sia una specie ad elevato tasso di sopravvivenza in seguito al rigetto in mare degli individui al termine delle operazioni di pesca. In particolare lo studio qui riportato ha certificato che:
in assenza di predazione tutti gli individui sono in grado di affossarsi nel sedimento, se pur in tempi differenti in funzione della taglia;
la quasi totalità delle vongole che ha subito il processo di pesca sopravvive quando viene rigettata in mare indipendentemente dalla taglia.
In conclusione, le linee guida previste dal Regolamento (EU) 2020/2237, che prevedono l’obbligo di rilascio immediato del prodotto sotto-taglia al termine delle operazioni di pesca, sono state confermate come valide poiché la maggior parte degli individui pescati e poi rigettati in mare sono in grado di sopravvivere e raggiungere successivamente la taglia commerciale.



Giada Bargione
Giulio Barone
Sara Fabbri
Massimo Virgili
Alessandro Lucchetti



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