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BRC e IFS

of Corona S.


Garantire sicurezza e salubrità delle produzioni alimentari è obiettivo comune delle istituzioni, ma non solo. Chi produce e trasforma alimenti è tenuto ad adeguarsi ad un sistema di regole che quotidianamente si incrementa. Sarebbe sufficiente attenersi alla normativa cogente che, tra livello europeo, nazionale e talvolta persino regionale, è tutt’altro che povera, ma esistono certificazioni volontarie che, con i relativi protocolli, possono aggiungere impegni e oneri per l’azienda. Una fatica in più — si potrebbe pensare — ma il tempo ha dimostrato che queste certificazioni sono invece, paradossalmente, un supporto prezioso e si possono trasformare in un eccellente biglietto da visita per il mercato, aprendo così a nuovi spazi di lavoro.
Tra quelle più diffuse si annoverano la BRC e la IFS. La prima, acronimo di British Retail Consortium, nasce nel 1998 per il mercato anglosassone. L’International Food Standard è, invece, di espressione tedesca e molto utilizzata anche in Francia e Belgio. Sono dirette ad aziende che producono alimenti e bevande, che manipolano prodotti alimentari o ingredienti, pet food e mangimi. Impongono la verifica di condizioni tecniche delle strutture in cui sono realizzati i prodotti alimentari e l’applicazione del sistema Haccp. Verificano altresì l’attuazione di standard ambientali, del prodotto, del processo e del personale. In generale, dettano regole che, pur nella loro complessità e richiedendo un impegno specifico per essere applicate, forniscono un protocollo che conduce verso la produzione di alimenti sicuri, prodotti nel rispetto più completo delle norme.
In sostanza, questi standard consentono di raggiungere con maggior facilità quella che viene comunemente definita la “soddisfazione del cliente”. Poiché certificano il rispetto delle regole, sono una garanzia per il consumatore finale, ma anche e soprattutto per gli operatori dell’industria alimentare, compresi rivenditori e Distribuzione Moderna. Nascono infatti entrambe per garantire l’affidabilità dei produttori e dei prodotti di fornitori stranieri, per i quali sarebbero difficoltose e oltremodo costose altre forme di controllo e rispondono alle esigenze della Distribuzione Moderna di garantire sicurezza e qualità dei prodotti, in primo luogo per quelli a proprio marchio. Nel tempo hanno assunto un’importanza sempre maggiore e, attualmente, sono richieste o gradite dai retailer anche per alimenti non a marchio. Si sovrappongono per diversi aspetti e, pur avendo delle differenze, sono anche molto simili tra loro sotto diversi profili, al punto che moltissime imprese le acquisiscono entrambe e contestualmente.
Il raggiungimento delle certificazioni suddette, oltre ad accrescere la credibilità dell’azienda agli occhi della GDO, è anche una garanzia per il cliente finale e per gli organi ufficiali di controllo. È la dimostrazione dell’impegno dell’azienda al rispetto della normativa cogente in tutti i suoi aspetti, compresi quelli maggiormente critici, e permette di ridurre o addirittura evitare completamente le visite ispettive della GDO. Tutti e due gli standard richiedono infatti l’adozione di sistemi per la valutazione dei rischi biologici, chimici, fisici e radiologici e la loro effettiva applicazione è certificata da un ente terzo. Le imprese che vantano il bollino BRC e/o IFS migliorano la sicurezza alimentare, l’efficienza operativa, la crescita commerciale, la redditività e l’innovazione su larga scala. Molte di queste, pur lamentando la necessità di uno sforzo significativo dovuto all’aggiornamento continuo dei dati, ammette gli enormi vantaggi di avere in tempo reale l’evidenza dei propri flussi in entrata, in lavorazione e in uscita. Questo consente infatti di fare un bilancio, anche economico, e di avere sempre sotto controllo la situazione aziendale. Ed è così che, degli standard che nascono per la sicurezza alimentare, diventano nel contempo strumenti di controllo di gestione. Strumenti preziosi soprattutto per le piccole e medie imprese che non possono permettersi mezzi più sofisticati, da questo punto di vista.

Una leva importante per la crescita aziendale

Le certificazioni rappresentano un costo che normalmente impiega risorse, anche umane, quasi interamente dedicate, più eventuali consulenti esterni e gli oneri dell’ente terzo. Si tratta tuttavia di un’incidenza indirettamente proporzionale alle dimensioni dell’impresa ed è appena il caso di dire che queste certificazioni, pur non bastando da sole a decretare il successo nel mercato, di certo aiutano molto ad inserire il prodotto nello scaffale, essendo pertanto esse stesse una leva importante per la crescita aziendale.
Si tratta però di strumenti che ha un senso introdurre se non vengono considerati fini a sé stessi: devono, al contrario, generare un nuovo modus operandi aziendale che crei una ricaduta effettiva nell’operatività quotidiana. In alternativa, oltre a divenire un’occasione persa, saranno elementi sterili che rappresenteranno unicamente un aggravio nella routine aziendale.

In arrivo le nuove versioni
Le certificazioni BRC e IFS perseguono gli stessi macro-obiettivi, finalizzati a garantire la sicurezza dei prodotti attraverso tutta la filiera produttiva, eseguendo una puntuale valutazione e gestione del rischio. Si integrano l’una con l’altra, poiché basate sulla standardizzazione dei processi e delle procedure aziendali, in un’ottica di miglioramento continuo e di aumento della fiducia e della fidelizzazione della clientela e, sebbene ci siano delle dissomiglianze tra loro, nel tempo e a seguito delle diverse revisioni sono diventate quasi sovrapponibili. Per questo motivo molte organizzazioni le implementano simultaneamente, potendo così godere di un certo risparmio, perché le verifiche integrate riducono le giornate uomo sia dei consulenti e del personale interno sia dell’ente terzo.
Entrambi gli standard vengono periodicamente modificati ed implementati sulla base dell’esperienza sul campo di operatori e imprese. La BRC è giunta alla versione 9 e la IFS alla versione 8. Per la prima, la pubblicazione definitiva è dell’agosto 2022 e l’entrata in vigore e la piena attuazione dal febbraio 2023. Per quanto concerne invece la versione 8 della IFS, si è già svolta la consultazione con gli stakeholder sulla bozza della nuova norma e, a seguito della discussione dei risultati, tra i comitati IFS verrà implementata. L’obiettivo era di completare lo standard e la documentazione di supporto entro la fine del 2022, in modo tale da arrivare alla pubblicazione all’inizio del 2023.
I requisiti nella versione finale della BRC rappresentano ovviamente un’evoluzione rispetto ai numeri precedenti e si basano principalmente sulla cultura della sicurezza del prodotto e le competenze chiave. Le novità sono riconducibili al capitolo sull’Haccp, che viene allineato al nuovo Codex Alimentarius.
Grande importanza viene data allo stabilimento di produzione. Il prodotto è infatti sicuro quando lo stabilimento è sicuro. Il sito deve essere ubicato e mantenuto in condizioni da prevenire qualsiasi possibile contaminazione e stesso principio vale per le apparecchiature.
Anche in fase di studio e sviluppo dei prodotti, si devono identificare e valutare tutti i potenziali rischi per la sicurezza, separare i prodotti incompatibili, effettuare la rotazione di scorte, utilizzare il metal detector. Infine, il prodotto deve essere rilasciato unicamente quando si è certi della sua sicurezza. A questo proposito l’azienda deve dimostrare di controllare tutte le operazioni che effettua: check delle materie prime, degli intermedi e dei prodotti finiti, dei processi, dell’ambiente e di qualsiasi altro aspetto che può compromettere la sicurezza e la legalità del prodotto.
Si deve assicurare il rispetto degli standard igienici da parte del personale e dei visitatori, anche con l’uso di indumenti protettivi. Ma, soprattutto, sono basilari la formazione e la supervisione del personale. Non a caso è stata introdotta la formazione obbligatoria per il team di food defence e di food fraud. Maggior enfasi, inoltre, in questa nuova versione, è stata data all’analisi delle cause profonde nella gestione delle non conformità e alla possibilità di subire blended audit, cioè audit documentali da remoto e sul posto per la parte di buone pratiche di produzione.
La versione 8 della IFS ha anch’essa incorporato il nuovo Codex Alimentarius e la prossima ISO 22003. Per ciò che concerne gli standard di prodotto e di processo, ha riassegnato alcuni criteri per la realizzazione e la documentazione degli audit; ha rivisto il sistema dei punteggi; ha meglio specificato le modalità degli audit non annunciati, soprattutto nel caso in cui non venga superato; ha previsto un adeguamento del processo di certificazione per quanto riguarda la fornitura di un piano d’azione e di un punteggio preliminare al posto della relazione preliminare e in generale ha fornito maggiori specifiche in merito al report che l’auditor deve compilare.


Sebastiano Corona



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