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Acquacoltura

Dall’aratro “chiodo” all’Internet delle Cose

of Dell’Agnello M.


Una delle più importanti rivoluzioni che l’uomo ha avviato nel settore delle produzioni agricole è stata senza dubbio il passaggio dall’aratro “chiodo” a quello con il “versoio”. Questa innovazione ha letteralmente “sovvertito” il mondo agricolo e non solo nel senso letterale del termine. Con questa invenzione, infatti, grazie alla ritrovata fertilità dei suoli, le produzioni furono in grado di fare quel salto qualitativo e quantitativo che consentì di far fronte al maggiore bisogno alimentare e creando le premesse per il lungo cammino che l’agricoltura ha fatto fino ai nostri giorni.
Certo è che da allora, di innovazioni nel settore agricolo, ce ne sono state molte altre, alcune delle quali sicuramente di importanza rilevante, ma ciò a cui stiamo assistendo in questo periodo post-pandemico a proposito di nuove tecnologie agricole è davvero meritevole di menzione. Questi “anni pandemici”, infattti, ci hanno “obbligati” a prendere contatto sempre più attivo con le nuove tecnologie e il mondo della rete e, seppure certi processi fossero già stati avviati da tempo, non c’è dubbio che la “clausura” abbia favorito l’adozione di una serie di sistemi che fanno dell’automazione e dell’intelligenza artificiale una delle nuove vie su cui si muoverà la società del futuro.
Contrari o favorevoli che si possa essere, è difficile non cogliere quanto certi processi abbiano determinato dei miglioramenti nel nostro quotidiano e, soprattutto, quale sia il beneficio che se ne possa trarre: basti pensare alla scoperta del lavoro da casa, il cosiddetto “lavoro agile”, che ha portato ad enormi benefici per l’ambiente, meno gravato dall’ingente traffico che, non riversandosi sulle nostre strade, ha ridotto significativamente, almeno in quel periodo, l’inquinamento.
Abbiamo così “sperimentato” una possibile alternativa che ha portato a riorganizzare i processi produttivi, ma anche a renderci consapevoli, se ce ne fosse stato ancora il bisogno, di quanto siano fondamentali per il Paese le reti di comunicazione e di trasmissione dati, perché è anche su di esse che può viaggiare l’informazione ed il “lavoro” svolto da molte persone. Al contempo, ci ha fatto comprendere quanti siano ancora i passi da fare per ammodernare o addirittura costruire ex novo quelle “strade” su cui possono transitare gran parte dei processi produttivi odierni e del futuro, rendendo le produzioni più efficaci, meno dispersive e più sostenibili.
Tornando alle rivoluzioni agricole, possiamo dire che proprio grazie a queste nuove tecnologie oggi il mondo delle produzioni primarie sta vivendo un momento particolare. Mai come in questo periodo, infatti, le tecnologie digitali stanno avendo una forte diffusione anche nel settore agricolo, tanto che si parla di “Agricoltura 4.0” proprio per definire la gestione delle aziende agricole lungo tutta la filiera, attraverso varie modalità basate sull’Internet of Things (IoT o IdC), sull’ottimizzazione dei Big Data, sull’Intelligenza Artificiale e sulla robotica, nel tentativo di rendere più efficienti le varie attività che partono dalla produzione fino ad arrivare alla commercializzazione. L’agricoltura si fa così “più intelligente”, affidandosi a moderne tecnologie per svolgere attività di rilevamento, elaborazione, archiviazione, che vengono ad aiutare il produttore per gestire in maniera più efficace e maggiormente sostenibile i suoi processi produttivi.
Alla base di questa profonda innovazione tecnologica sta essenzialmente la possibilità di far “parlare” tra loro gli oggetti e “rielaborare” i dati rilevati, “confrontandoli” con data base di rete, per avere delle indicazioni che possono essere utilizzate nella gestione dei processi produttivi. In questo senso, l’Internet delle Cose rappresenta una possibile evoluzione nell’utilizzo della semplice rete internet: le “cose” si rendono riconoscibili e acquisiscono una loro intelligenza, comunicando dati ed accedendo ad informazioni aggregate da parte di altri grazie al collegamento web. L’oggetto o la “cosa”, intesa come dispositivo, apparecchiatura, impianto e sistema, materiale e macchina, connessa alla rete internet, diventa “intelligente”, permettendo al mondo elettronico di tracciare una mappa di quello reale, trasmessa a tutti i dispositivi elettronici in grado di “leggere” le informazioni. Questa lettura consente al produttore di organizzare meglio il suo lavoro e di gestire in maniera più efficiente la sua azienda.
La “rivoluzione” dell’IoT in agricoltura non riguarda, infatti, solo l’adozione di una moderna tecnologia di rete, ma, soprattutto, un diverso approccio alla produzione, teso a limitare gli interventi dell’uomo solo ai momenti in cui effettivamente servono, riducendo gli sprechi e capitalizzando un diverso modo di produrre per il produttore e l’ambiente. Con questa tecnologia la gestione dei campi e degli allevamenti diventa più “precisa”, grazie ai sensori IoT che possono collegare costantemente i vari processi della gestione del bestiame e della conduzione dei campi.
La parola chiave diventa il “monitoraggio preciso e continuo” che per gli allevamenti va ad esempio dalla distribuzione del mangime alla produzione di latte, identificando con precisione ed accuratezza, possibili cambiamenti di salute, di performance e di status riproduttivo degli animali oppure alla gestione oculata e mirata dei fertilizzanti e dei sistemi di irrigazioni dei seminativi, attraverso sensori che forniscono dati sullo stato delle colture e dei sistemi di produzione grazie ad un’analisi precisa ed immediata della situazione, facendo in ultima analisi risparmiare tempo e denaro nel lungo periodo. Si razionalizza il processo produttivo, si evitano sprechi e si immettono meno sostanze inutili nell’ambiente, rendendo più razionali ed efficienti i sistemi di produzione.
È chiaro che l’adozione di tali sistemi con la nuova “filosofia produttiva” va ad incidere in maniera significativa sulla salvaguardia della qualità dell’agroecosistema, rafforzando il legame tra le peculiarità dell’alimento e il luogo in cui viene prodotto, del quale si vengono a conoscere costantemente i parametri fisici di aria, acqua e suolo grazie agli innovativi sensori collocati nel terreno di coltivazione. E, attraverso l’utilizzo di questi protocolli, sarà possibile certificare anche la qualità ambientale su piccola e grande scala, rendendo i produttori i veri protagonisti della salvaguardia dell’ambiente produttivo.
Ovviamente l’IoT si può applicare a tutte le fasi del processo produttivo, soprattutto là dove il controllo va ad interessare punti di criticità che con questo sistema possono essere controllati automaticamente. È il caso, per esempio, della sicurezza in fase di stoccaggio, perché silos e ascensori a grani o mangimi talvolta possono avere dei percorsi poco accessibili e pericolosi, con nastri trasportatori che si potrebbero bloccare, così come rischiare di incendiarsi. Ecco, quindi, che l’utilizzo di sensori IoT per tenere traccia di potenziali rischi può essere di grande aiuto nella prevenzione di incidenti, attraverso opportune modalità di allarme.
Nel settore agricolo, diverse realtà si sono già adeguate all’Agricoltura 4.0, sulla spinta dei produttori di sistemi high-tech che propongono soluzione intelligenti sempre più adattabili alle esigenze produttive, ma anche grazie alle politiche dei governi che tendono a favorire il rinnovamento e la transizione verso nuovi modi di produrre, favorendo l’accesso al credito delle imprese interessate ad acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, software e tecnologie digitali per accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese. In particolare, il credito d’imposta per l’acquisto in beni strumentali materiali ed immateriali, che rientra nelle agevolazioni introdotte dal Piano Transizione 4.0, rappresenta l’opportunità ideale per rinnovare i processi produttivi. Come riportato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, questa misura ha l’obiettivo di “supportare e incentivare le imprese che investono in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato”.
Ma se gli esempi di Agricoltura 4.0 cominciano ad essere già significativi ed interessare diversi campi delle produzioni, dalla valutazione delle varietà di frumento con sensori remoti, alla messa in sicurezza dei sistemi di stoccaggio dei grani, dal monitoraggio e controllo del microclima delle piantagioni di tabacco alla mappatura dei terreni agricoli delle aziende mediate l’utilizzo di droni, viene da chiedersi come si stia relazionando con il 4.0 il mondo delle produzioni acquacolturali.
Non c’è dubbio che l’acquacoltura di oggi non sarebbe tale se non avesse fatto un massiccio ricorso alle moderne tecniche di produzione e all’utilizzo di soluzioni tecnologiche innovative che l’hanno aiutata a passare dai grandi sistemi estensivi delle valli e delle lagune alle attuali unità intensive off shore, passando per le tecniche di riproduzione artificiale che forse hanno rappresentato la punta più avanzata ed innovativa nella storia dei sistemi di produzione acquacolturale. Il feeling con la tecnologia di questa cenerentola delle produzioni zootecniche è quindi provato da tempo, ma mai come in questo momento l’Acquacoltura 4.0 può rappresentare una grande opportunità per fare un ulteriore salto di qualità in grado di conciliare progresso e sostenibilità. Basti solo pensare a quanto sia importante e significativo il continuo monitoraggio e controllo dei parametri ambientali di allevamento e di benessere animale ed al fatto che in genere le gabbie a mare sono collocate ad alcune miglia dalla riva, raggiungibili solo con battelli di servizio, che devono tenere conto anche delle condizioni meteorologiche per uscire.
C’è poi il discorso della filiera di commercializzazione, pesantemente condizionata dalla catena del freddo e da una serie di protocolli operativi che impongono rigorosi momenti di monitoraggio e controllo, opportuni ai fini della qualità della produzione, ma anche necessari quando si parla della sua certificazione e di quella dell’ambiente in cui viene realizzata. Gli esempi di Acquacoltura 4.0 negli impianti sono già numerosi e tanti altri sono ancora in fase di studio da parte delle aziende che si interessano di alta tecnologia e di automazione, ma non c’è dubbio che una volta provati, il loro impiego non potrà che migliorare il lavoro degli operatori e dell’ambiente di produzione.
Riccardo Bedini, amministratore delegato della ditta Civita Ittica che alleva spigole ed orate nel Golfo di Follonica, sostiene che la realtà 4.0 in acquacoltura stia prendendo sempre più piede e che oggi sarebbe impensabile organizzare una moderna programmazione aziendale senza di essa. «Una delle innovazioni maggiormente significative avute in questi ultimi anni — ricorda Bedini — è rappresenta da un apparecchio (Vicass High Definition) che, immerso nella vasca, raccoglie una serie di immagini dei pesci presenti nell’unità produttiva ed è in grado di restituire una stima del loro numero, taglia e peso medio. Uno strumento fondamentale per la programmazione e la gestione produttiva dell’allevamento.
Ci sono poi le sonde in grado di rilevare temperatura ed ossigeno e di trasmettere a riva tali parametri, che sono essenziali per la gestione dell’alimentazione dei pesci e per il benessere animale. Sapere in anticipo cosa sta succedendo nelle acque di allevamento può far prendere delle decisioni operative in grado di compensare le variazioni ambientali, senza compromettere ulteriormente le condizioni di allevamento», ma è di grande auto anche nella programmazione dei piani di razionamento dei mangimi, rendendo più efficaci e senza sprechi le fasi di alimentazione. Senza contare poi che grazie a questi sistemi, e alla capacità di immagazzinare e rielaborare i dati, possiamo avere un monitoraggio dell’ambiente costante e storico, mai avuto in precedenza, certificativo della condizione ambientale nella quale si esercita l’attività di allevamento, con riflessi importanti per chi alleva e per il territorio.
«Se poi consideriamo la fase di lavorazione — prosegue Bedini — gli esempi di Acquacoltura 4.0 si moltiplicano. Dal selezionatore delle taglie all’incassettamento e alla copertura con ghiaccio, alla fasciabancali e alla cella frigorifera, la possibilità di far parlare le macchine (gli oggetti) tra di loro è essenziale. Solo attraverso questo dialogo, dettato dalle rispettive operosità, ovviamente impostate dall’uomo, è possibile realizzare una catena di produzione efficiente in grado di far risparmiare tempo e denaro a chi la controlla, nella sicurezza di mantenere un’eccellente qualità della produzione, ma soprattutto nella certezza di ottenere i quantitativi richiesti nei tempi e nei modi concordati per la consegna».
Un altro interessante esempio di utilizzo di moderna tecnologia 4.0 da applicare al settore ittico, al momento ancora allo studio dal prof. Paolo Negretti di West Systems Srl, dalla dott.ssa Giovanna Bianconi del CRF – Cooperativa Ricerca Finalizzata e del dott. Nicola Bartucca di Orisha, è l’utilizzo della Visual Image Analysis per calibrare un’immagine acquisita da una fotocamera al fine di eseguire su di essa una serie di misurazioni dei parametri morfologici lineari, angolari e di superficie. Tale tecnica, già utilizzata per la valutazione degli animali di interesse zootecnico con un apparecchio che si chiama Zoometer, potrebbe essere utilizzata per l’immediata riconoscibilità delle specie ittiche allo sbarco, ma anche nei mercati, restituendo con un’opportuna percentuale di sicurezza, le caratteristiche somatiche dell’esemplare oggetto di valutazione.
In effetti dalla morfologia e dai parametri che ne scaturiscono si possono trarre molte informazioni che riguardano la forma e il colore dell’intero pesce e delle sue singole parti. Ma confrontare queste immagini con un data base ci può permettere anche di individuare con un ragionevole margine di certezza, alcune preziose informazioni sul soggetto rilevato, al fine di riscostruirne l’identità e la provenienza.
In un comparto dove abbiamo un’ampia movimentazioni dei prodotti e dove la difficoltà di identificazione e tracciabilità possono dare adito a frodi con finalità lucrative, uno strumento del genere può essere di grande aiuto per gli operatori di filiera, fornendo significativi elementi aggiuntivi di valutazione e orientamento.
Di non minore rilevanza è anche l’utilizzo dello Zoometer in fase di ricerca ai fini del miglioramento genetico degli animali acquatici di interesse zootecnico, dove morfologia e aspetto somatico sono elementi di valutazione qualitativa essenziali per produrre esemplari che rispondono agli standard maggiormente richiesti dal mercato.
Insomma, forse il futuro è ancora più a portata di mano di quanto ce lo possiamo immaginare, ma con la tecnologia 4.0 anche l’acquacoltura si prepara al mondo del domani con produzioni di maggiore qualità, rinnovando la sua filosofia produttiva, ma soprattutto aiutandoci a gestire meglio la vita e l’ambiente che ci ospiterà.


Maurizio Dell’Agnello



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