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Il buono secondo Lara

L’Islanda, la pesca e i piatti da assaggiare

of Abrati L.


Quando si pensa all’Islanda subito viene in mente un luogo in cui è ben percepibile la forza della natura e in cui è facile uscire dall’inganno antropocentrico in cui i ricchi popoli occidentali cadono giorno dopo giorno. Questo senso di onnipotenza umana qui è disilluso e in queste terre fredde è subito visibile quanto il nostro pianeta sia enormemente più potente di qualsiasi specie vivente e quanto sia necessario comprenderne e rispettarne i suoi equilibri. Il popolo islandese lo sa bene: infatti, nel corso dei secoli, ha saputo adattarsi alla vita in questi luoghi.
Appare subito evidente come l’attività della pesca, insieme all’allevamento animale, con un focus principale su quello ovino, possa essere centrale nella sopravvivenza economica attuale di queste popolazioni, ma quanto anche lo sia stato nel corso del tempo, quando il commercio non era così fitto e gli islandesi dovevano concentrarsi in larga parte sulle proprie forze e possibilità. In particolare, la pesca del merluzzo è sempre stata di fondamentale importanza per la sopravvivenza della popolazione islandese e, senza entrare nel merito dei regolamenti che la guidano, è facile notare come anche sulle tavole questo pesce, ricco di proteine e povero di grassi, la faccia da padrone.
Dal classico e nordico Fish And Chips a piatti che più rappresentano la cucina islandese. Si tratta di preparazioni semplici, che possiedono quasi sempre una parte cremosa. Assaggiabili ovunque sono le zuppe di pesce, spesso composte da merluzzo a tocchetti, altri frutti di mare come i gamberetti e una crema di latte simile alla panna, sempre insaporita con erbette e aglio. A volte può essere “sporcata” con un poco di pomodoro.
Oltre alla zuppa calda di pesce, il merluzzo viene servito come piatto principale sempre a tocchetti unito alle patate e con la tipica salsa, simile alla besciamella, quasi a ricordare uno dei piatti invernali tra i più consumati nel nord Italia: il baccalà alla vicentina (che non è preparato ovviamente con la besciamella). Il merluzzo utilizzato però non è quello salato bensì il fresco.
Infine, tra i piatti a base di merluzzo, il Plokkfiskur. Essendo anch’essa una ricetta tradizionale, ognuno la prepara un po’ come vuole: si tratta di merluzzo spaccato a pezzetti, quasi sfilacciato, servito caldo e condito a piacere. C’è chi ne ricava una consistenza cremosa e chi una più asciutta e speziata.
Vie spesso servito insieme all’immancabile lava bread con una generosa spalmata di burro fresco. Il lava bread è un pane di segale molto simile a quello danese che prende il nome dal fatto che veniva cotto in padelle di terracotta poste per diverse ore sotto terra in zone specifiche dove la temperatura appena sotto il suolo è molto elevata.
In tutti i supermercati è invece facilissimo trovare gli snack a base di merluzzo essiccato o altro tipo di pesce: è l’harðfiskur ed è molto comune trovarlo in negozi, bar e al supermercato in sacchetti molto simili alle patatine.
Oltre al merluzzo, sono altre le specie pescate e molto consumate sulle tavole islandesi. In primis l’Arctic Char, ovvero il salmerino artico. Lo si trova in molti ristoranti, da quelli più raffinati fino alle tavole calde. Viene cotto al forno o in padella e servito in tranci accompagnato da patate o verdure. Le sue carni sono di colore arancione scarico e dal sapore delicato.
Si trova in grande quantità anche il salmone, seppur prevalentemente da allevamento, anche se gli Islandesi scelgono di preferenza quello selvaggio, destinato prevalentemente al consumo interno.
Infine, due prodotti iconici, ma ben più difficili da trovare: sono lo squalo fermentato (Hákarl) e la carne di balena, che in Islanda è possibile catturare. Sebbene il primo sia molto frequente nei racconti gastronomici di chi visita l’Islanda, il suo assaggio non è così diffuso e frequente. L’Hákarl si trova in pochissimi ristoranti, soprattutto se frequentati da turisti. Gli Islandesi normalmente non lo consumano.
Lo squalo fermentato, erroneamente chiamato anche putrefatto, è stato un modo disperato nei secoli scorsi di trovare nutrimento da una specie non commestibile come lo squalo. I sentori intensi di ammoniaca lo rendono però sgradevole a qualsiasi palato.
Infine lei, la balena, che in Islanda è ancora una specie che la cui pesca è autorizzata. Forse un retaggio di tempi antichi, dove la fame la faceva da padrone. Oggi forse un prodotto un poco anacronistico. Assomiglia molto alle carni di manzo e viene servita cotta appena. Un po’ più coriacea del manzo, ma dallo stesso colore e dal sapore simile.
Ecco, forse da assaggiare in minima quantità una volta nella vita, per curiosità, ma l’Islanda è ricca di altri piatti interessanti e molto buoni: squalo e balena possiamo anche lasciarli stare.
Non una grande varietà di specie e piatti, ma una proposta tradizionale che racconta molto di quest’isola e di come si sia fatta virtù delle poche risorse disponibili.


Lara Abrati



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