Il prezzo delle carni bovine nel terzo trimestre del 2020 è salito grazie ad un incremento nei principali Paesi esportatori, ad eccezione degli Stati Uniti, nei quali si è registrata una flessione.
In Cina nei primi otto mesi del 2020 i prezzi delle carni bovine al dettaglio sono aumentati di più rispetto ai prezzi all’ingrosso, segno che la domanda da parte dei consumatori finali sta fortemente salendo: in precedenza il consumo di carne bovina in Cina era prevalentemente legato al consumo fuori casa, ora si sta facendo strada il consumo domestico, che promette di dispiegare un mercato molto vasto sinora latente. Paesi come Stati Uniti, Nuova Zelanda (che esporta il 40% delle carni bovine verso la Repubblica Popolare), Australia e Brasile sono pronti ad affilare le armi per cogliere le opportunità del grande mercato asiatico.
La situazione in Sud America
L’Argentina ha esportato 918.000 tonnellate di carni bovine nei dodici mesi tra ottobre 2019 e settembre 2020, per un controvalore appena superiore ai 3 miliardi di dollari USA. Il picco di esportazioni mensili
è stato raggiunto nel novembre 2019, con quasi 96.000 tonnellate, superiore di ben 13.000 tonnellate rispetto al precedente record registrato nel novembre del 2005.
Le quotazioni medie rilevate a settembre 2020 delle carni disossate refrigerate sono state di 7.350 dollari USA per tonnellata, mentre per le carni disossate congelate (media di 23 tagli) si è fermato appena al di sotto dei 3.850 dollari.
Principali mercati per le carni argentine nei primi nove mesi del 2020 secondo l’Instituto de Promoción de la Carne Vacuna Argentina (IPCVA) sono stati la Cina, con 320.900 tonnellate, il Cile, con 23.000, Israele, con 21.600, gli Stati Uniti, con 19.200, la Germania, con 16.900, la Russia, con 12.500; l’Italia ha importato dall’Argentina 3.800 tonnellate, in calo del 32% sullo stesso periodo del 2019.
In termini di valore per quanto riguarda l’export complessivo di carni (refrigerate, congelate, trasformate), la Cina è il primo Paese col 61%, seguita a grande distanza dalla Germania, con l’8%, da Israele, col 7,5%, dal Cile, con il 6,5%, e dagli Stati Uniti con il 4,5%. Nel solo mese di settembre 2020 sono state spedite in Cina 42.200 tonnellate, pari al 72% dei volumi esportati, ad indicare la forza di attrazione del grande Paese asiatico.
L’IPCVA ha partecipato in novembre 2019 per la terza volta all’edizione della fiera CIIE (China International Import Export) in Shanghai, che ha visto 3.800 espositori con 67 padiglioni nazionali, raccogliendo interesse e siglando contratti per prezzi superiori alla media realizzata nell’anno trascorso: 4.500 dollari contro i citati 3.850 dei dodici mesi precedenti. A giudizio del capo delegazione Sebastián Bendayán, le numerose visite e contatti intrapresi sono motivo di soddisfazione per gli sforzi compiuti nell’organizzazione dell’evento.
Come in parte accaduto per l’Argentina, anche in Brasile la svalutazione della moneta locale ha favorito le esportazioni, tanto che per la carne bovina le stime dell’USDA statunitense prospettano un anno record con oltre 2,5 milioni di tonnellate (intese come Carcass Weight Equivalent, cwe), pari al 24% del volume commerciale globale, con un ulteriore ascesa nel 2021 fino a toccare i 2,7 milioni di tonnellate (cwe).
Le macellazioni nei primi otto mesi del 2020 sono state inferiori del 10% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, mentre le spedizioni oltre confine hanno avuto un incremento del 16% per un volume di 1,1 milioni di tonnellate.
La Cina ha visto importazioni dal Brasile per 530.000 tonnellate tra gennaio ed agosto 2020 pari al +145% sugli stessi mesi del 2019, tanto da rappresentare da sola il 48% di tutti gli invii.
Altri mercati che hanno significativamente aumentato le importazioni sono stati Arabia Saudita, Filippine e Singapore.
Gli Stati Uniti sono tornati ad essere un mercato di destinazione nel 2019, dopo che il mancato soddisfacimento degli standard di sicurezza sanitaria aveva messo in mora il Brasile per circa due anni, con livelli di export pari a 10.000 t nei primi otto mesi del 2020, principalmente costituiti da carni lavorate.La produzione brasiliana per il 2021 è data oltre i 10 milioni di tonnellate, in aumento del 4% sul valore atteso per il 2020; le condizioni economiche sono favorevoli, coi prezzi delle materie prime interne attualmente stabili. Il governo sta finanziando con importi pari a 1,1 miliardi di dollari USA vari progetti per il miglioramento della produttività, che spaziano dai miglioramenti dei pascoli all’ibridazione con materiali genetici importati, alla diffusione delle tecnologie riproduttive più avanzate. La produzione di carne bovina brasiliana è ancora prevalentemente al pascolo, mentre solo il 10% avviene in allevamenti intensivi; tuttavia, è previsto che nei prossimi cinque anni tale percentuale salga in maniera sostanziale, fino a raddoppiare.
In Brasile si è assistito negli ultimi anni ad un crescente utilizzo di un incrocio tra la razza locale Nelore e la Black Angus di origine argentina o statunitense, che ha permesso di combinare la resistenza al caldo e la rusticità del bovino autoctono con l’efficienza e la qualità della carne Angus; l’importazione di seme Angus dagli Stati Uniti è aumentata del 35% nei primi sei mesi del 2020 rispetto al primo semestre del 2019.I produttori lamentano, tuttavia, che la carne di migliore qualità ottenuta dall’incrocio, soprattutto in termini di tenerezza e marezzatura, non gode di un sovrapprezzo adeguato; la ricerca di mercati esteri capaci di valorizzare queste qualità potrebbe dare un ristoro all’altezza delle aspettative.
Pure per l’Uruguay la Cina rappresenta un importante sbocco commerciale, tanto che al CIIE di Shanghai il Paese aveva un proprio stand a cura dell’Instituto Nacional de Carnes (INAC), istituto che si accinge ad aprire un ufficio stabile a Pechino. Nei primi dieci mesi del 2019 le esportazioni sono state pari a 400.000 tonnellate per un controvalore di 1,8 miliardi di dollari; la Cina è stata la prima destinazione con oltre 261.000 tonnellate, seguita da Stati Uniti (57.000) ed Unione Europea (36.000); nel corrispondente periodo del 2020, tuttavia, la Cina ha subito un decremento significativo (172.000 tonnellate), che non è stato compensato da altri paesi, cosicché le esportazioni complessive si sono fermate a 330.000 tonnellate, per un valore di 1,25 miliardi di dollari.
Nell’ambito dell’Unione Europea l’Italia rappresenta la destinazione principale per le carni congelate (5.600 tonnellate) e la seconda per i prodotti a base di carne bovina (4.866) dopo i Paesi Bassi (12.421); le carni refrigerate hanno come prima destinazione comunitaria i Paesi Bassi (14.091 tonnellate) e la Germania (4.223). Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda
Gli Stati Uniti hanno esportato nel 2019 1,32 milioni di tonnellate, per un controvalore di 8,1 miliardi di dollari; tuttavia, prevedono un calo delle esportazioni di carni bovine per la fine del 2020, con un –7,6% già registrato nel primo semestre.
Nei mesi di maggio e giugno si è infatti verificato un tonfo del 33% rispetto agli stessi mesi del 2019.
Il Giappone, primo mercato di destinazione (311.000 tonnellate nel 2019), ha visto un leggero incremento (+5,6%) nel primo semestre rispetto all’analogo semestre dell’anno precedente, nonostante cali oltre il 20% anno su anno in maggio e giugno; la Corea del Sud, secondo mercato di destinazione (256.000 tonnellate nel 2019), ha perso il 7,4% in volume con cali a doppia cifra nei mesi di aprile, maggio e giugno; il Messico (236.000 tonnellate nel 2019) ha avuto un tracollo nelle importazioni dagli USA (–37% nel primo semestre) tanto da farlo precipitare al quarto posto come destinatario. Il 2019 è stato comunque il secondo per volumi nel decennio 2010-2019, dopo l’eccezionale 2018 che ha fatto registrare un picco di 1,35 milioni di tonnellate, per un valore di 8,36 miliardi di dollari.
Le previsioni per gli Stati Uniti nel 2021 sono quelle di approfittare delle difficoltà di fornitura australiane e di tornare a crescere nei Paesi dove la domanda è fortemente legata ai flussi turistici, rafforzando al contempo la penetrazione in Cina dove, nel periodo gennaiosettembre 2020, le quantità sono aumentate del 160% con un +136% in valore.
Secondo i dati della Meat & Livestock Australia, nei dodici mesi tra ottobre 2019 e settembre 2020 il Paese dei canguri ha spedito 1,1 milioni di tonnellate di carni bovine, di cui 300.000 refrigerate e 800.000 congelate, con destinazione Giappone (266.000), Cina (237.000), Stati Uniti (229.000), Corea del Sud (155.000), Indonesia (49.000), Taiwan (25.000), Filippine (22.000), Canada (13.800), Arabia Saudita (10.300), Malesia (9.400), Unione Europea (9.200), in flessione media del 9% sul corrispondente periodo precedente con tutti i principali mercati in diminuzione, mentre hanno aumentato le importazioni solo alcune destinazioni minori (Singapore, Emirati Arabi, Tailandia, Hong Kong); l’Unione Europea ha ridotto del 44% le importazioni di carni congelate (per un volume 2019-2020 di 427 tonnellate) e del 37% quelle refrigerate (che nell’anno osservato hanno raggiunto 8.750 tonnellate). Pur in flessione, il 2020 si preannuncia come uno dei primi tre anni con le maggiori esportazioni nell’ultimo quindicennio.
La Nuova Zelanda ha totalizzato esportazioni per circa 440.000 tonnellate nell’anno che va da ottobre 2019 a settembre 2020, con destinazioni principali Cina (168.000), Stati Uniti (160.000), Giappone (24.000), Taiwan (20.000), Canada (18.000), Corea del Sud (16.000); rispetto all’analogo periodo 2018-2019 i volumi sono rimasti sostanzialmente stabili, la Cina è calata (era a 180.000 tonnellate) mentre gli Stati Uniti hanno aumentato le importazioni (partivano da 135.000 tonnellate).
Roberto Villa
Per abbonarti a una nostra Rivista o acquistare la copia di un Annuario