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Storia e cultura

Buffalo Bill in Italia

di Gaddini A.


Chi era Buffalo Bill 
William Frederick Cody era nato Le Claire, nello stato americano dell’Iowa il 26 febbraio 1846. Secondo la leggenda avrebbe ucciso il suo primo indiano nel maggio 1857 all’età di undici anni, quando lavorava come staffetta portaordini in una carovana diretta a Salt Lake City che scortava 320 capi bovini da macello, assalita dagli Indiani. Nel 1866 iniziò a fare il venditore ambulante ma il suo carro e i commestibili che portava furono subito rapinati e Cody dovette fuggire. Divenne allora famoso come cacciatore di bisonti: in una sfida in otto ore uccise 163 bisonti, contro i 106 del rivale. Nel 1867 fu assunto per fornire carne agli operai che costruivano la nuova ferrovia Kansas Pacific Railroad al servizio dell’espansione statunitense verso ovest. Firmò un contratto di 500 dollari per uccidere almeno 12 bisonti al giorno, e sembra che ne abbia abbattuti 4.286 in diciassette mesi. Per quest’ultima attività Cody venne soprannominato Buffalo Bill, con un equivoco tra la parola buffalo, che designa le varie specie di bufalo, non presenti nel continente americano allo stato selvatico, e il bisonte, che più correttamente in inglese si definisce bison. Proprio la fama di Buffalo Bill ha però portato ad estendere il nome buffalo anche al bisonte. Nel 1868 la costruzione della ferrovia ebbe termine, Buffalo Bill perse il lavoro e cominciò a lavorare come esploratore (scout), guida e organizzatore nelle campagne contro i nativi americani, a difesa degli insediamenti dei bianchi nei territori Indiani. Il generale Sheridan lo nominò capo degli esploratori del 5o reggimento cavalleggeri, ma Cody spesso dimenticava di menzionare l’ultima parte del titolo e si presentava come capo degli esploratori dell’intero esercito.

Durante le campagne di conquista del West, Cody combatté a più riprese i nativi americani, ma ebbe sempre un grande rispetto per loro, di cui conosceva in modo approfondito le usanze e le lingue, in particolare dei Sioux, che lo chiamavano Pa-Has-Ka, ossia capo dai capelli lunghi. Molti facoltosi europei, tra i quali il granduca Alessio, terzogenito dello zar di Russia, si fecero accompagnare da Cody in grandi partite di caccia nel West. Tuttavia, dopo l’attività giovanile di cacciatore, egli lottò per creare riserve naturali e si oppose al massacro inutile dei bisonti, che da specie diffusa in almeno dodici milioni di esemplari erano diventati nel frattempo rari. Iniziò nel 1877 a raccontare le proprie avventure, pubblicate in centinaia di racconti e in varie versioni della propria autobiografia, per saziare l’enorme sete di notizie dei suoi biografi e del pubblico, omettendo però l’uso di maiuscole e la punteggiatura, perché riteneva che la vita fosse troppo breve per perdere tempo con questi dettagli.

Le sue avventure sono spesso oggetto di scetticismo e lui stesso scrisse ad uno dei suoi editori: “Mi dispiace di dover mentire così spudoratamente in questo racconto. Il mio eroe ha ucciso più Indiani in una sola campagna di guerra di quanti ne abbia uccisi io in tutta la mia vita, ma capisco che è ciò che ci si aspetta in un racconto” (Blackman Sell e Weybright). D’altra parte chiamava il suo fucile Lucrezia Borgia, per il gran numero di persone che aveva ucciso (Croft-Cooke e Meadmore). Anche il grado di colonnello, di cui si fregiava, fu discusso, ma nel marzo 1887 il governatore del Nebraska John M. Thayer lo aveva nominato colonnello della Guardia nazionale. Cody svolse anche i ruoli di corriere (pony express), cercatore d’oro, cacciatore di pellicce, capo carovana, postiglione, militare, giudice di pace, direttore d’albergo, autore di rilevamenti geologici e cowboy in senso stretto, ossia mandriano o conduttore di mandrie. Fu anche allevatore di bovini nel suo Scout’s Rest Ranch (“Il riposo dell’esploratore”), comprato nel 1885 a 5 km da North Platte dove aveva 3.000 capi di bestiame di razza Hereford, Shorthorn e Polled Angus, col toro Hereford Earl Horace, oltre a 1.500 cavalli. Allevava anche una mandria di Longhorn, usate anche nel suo show per le grandi corna, particolarmente scenografiche. Cody sposò il 6 marzo 1866 Louisa Maud Frederici, di origini italiane, anche se secondo alcuni era di origini alsaziane (Biscàro), da cui ebbe quattro figli. Svolse un’intensa attività anti-schiavista, rischiando più volte di essere ucciso per questo, tra l’altro dai familiari della moglie. Il saloon di suo padre era uno snodo molto attivo del percorso che gli schiavi fuggiaschi compivano per raggiungere il Canada, dove non potevano più essere ripresi dai loro “padroni”.

Secondo alcuni fu anche spia dell’Unione in territorio confederale (sudista) (Blackman Sell e Weybright). Fu eletto nel 1872 alla Camera dei Rappresentanti per il 26o distretto del Nebraska, ma la sua elezione venne impugnata e si dimise senza neanche aver prestato giuramento, continuando comunque a farsi chiamare onorevole. Chiunque poteva ottenere da Buffalo Bill un prestito o un regalo se solo glielo si chiedeva; inoltre, investì i suoi notevoli proventi in avventure commerciali e immobiliari fallimentari. Un esempio: nel 1866 fondò nel Kansas una città chiamata Rome, investendo tutti i suoi risparmi. Quando la compagnia che costruiva la ferrovia gli propose di venderla, Cody rifiutò, e la compagnia costruì ex novo a 2 km la cittadina di Hays City, dove fece passare la ferrovia, convincendo a trasferirsi gli abitanti di Rome, che così fu abbandonata e Cody perse tutto il suo investimento. Nel 1897 fondò una città chiamata Cody, nel Wyoming, dove oggi si trova il The Buffalo Bill Center of the West, che ospita cinque musei dedicati all’epopea del West. Nel 1908 nei pressi di Cody fu costruita la diga Buffalo Bill Dam.

L’incondizionata generosità e lo scarso acume negli investimenti lo portarono a dilapidare le enormi somme che guadagnava, finché nel 1912, un creditore, fece pignorare tutte le attrezzature dello show, che furono messe all’asta. Buffalo Bill prese comunque parte ad altri spettacoli fino all’ultima esibizione dell’11 novembre 1916, due mesi prima di morire. William Cody morì a Denver, Colorado, il 10 gennaio 1917, all’età di 71 anni, sostanzialmente in povertà. Al suo funerale parteciparono 25.000 persone.

Il Buffalo Bill Wild West Show 
La grande popolarità di Buffalo Bill fece nascere numerosissimi imitatori, che scrivevano libri a lui ispirati o mettevano in scena spettacoli scimmiottando il suo modo di vestire e il suo nome, con nomi come Buffalo Chips, Nebraska Ned, Harry Hawkeye. Cody inizialmente lasciò fare, considerandola pubblicità gratuita, poi però pensò che se altri erano in grado di arricchirsi fingendo di essere lui davanti a una platea di spettatori paganti, poteva guadagnare interpretando sé stesso. Già nel 1873 prese parte a Chicago allo spettacolo “Gli esploratori della pianura” (Scouts of the Prairie) con la ballerina e attrice milanese Giuseppina Morlacchi nel ruolo di protagonista femminile, l’indiana Colomba Pallida. Dal 17 maggio 1883 si mise in proprio con uno spettacolo denominato “Buffalo Bill Wild West Show”, che esordì a Omaha, in Nebraska e che portò in tournée fino al 1912 negli USA e in molte altre parti del mondo, in cui si rievocavano eventi dell’epopea del West e si mostravano numeri di cavallerizzi di diversi paesi esotici. Nel 1885 negli USA si contavano quattro Wild West Show e Cody fu costretto a proteggere il suo spettacolo con il copyright. L’ideologia che traspariva dallo spettacolo era l’esaltazione della civiltà bianca anglosassone, che aveva avuto la meglio sui popoli “primitivi”, i quali, una volta sconfitti, potevano costituire solo oggetto di divertimento. Lo spettacolo fu apprezzato da grandi scrittori come Mark Twain e Oscar Wilde. Il 31 marzo 1887 la compagnia salì a bordo della S.S. Nebraska per andare in Europa, sfidando i timori dei nativi americani che temevano che traversare l’oceano (“la grande acqua”) portasse disgrazia. A Londra prese parte alle celebrazioni per i cinquant’anni di regno della regina Vittoria del Regno Unito, per la quale diede uno spettacolo in esclusiva. Nell’occasione la regina assistette ad una rappresentazione pubblica per la prima volta dopo la morte del marito, il principe Alberto, avvenuta ventisei anni prima, e per la prima volta dai tempi dell’indipendenza del 1776 rese omaggio all’inno statunitense, avviando un disgelo nei rapporti tra Regno Unito e Stati Uniti, che erano stati fino ad allora molto tesi. Vittoria chiese di assistere a un’altra rappresentazione speciale alla quale furono presenti, oltre alla famiglia reale, i re di Belgio, Grecia, Sassonia e Danimarca, il futuro kaiser Guglielmo II con la consorte, i principi ereditari d’Austria, Svezia e Norvegia, il granduca di Sparta, il granduca Michele, i principi Giorgio di Grecia e Luigi di Baviera. Uno dei numeri prevedeva la rievocazione dell’assalto all’autentica diligenza di Deadwood, recuperata e restaurata dopo che era stata assaltata e gettata in un burrone dagli Indiani. Nello spettacolo dato per la regina su di essa presero posto i re di Danimarca, Sassonia e Grecia, l’imperatore di Austria-Ungheria e il principe di Galles, seduto a cassetta accanto al conducente. Cody, che aveva capito il grande valore pubblicitario di una corsa sulla diligenza, stabilì così un nuovo punto di riferimento per l’aristocrazia europea: se non viaggiavano sulla diligenza durante l’assalto degli Indiani, i nobili del continente non erano all’altezza dei britannici. Infatti, in un successivo spettacolo a Parigi, salirono a bordo lo Scià di Persia e l’ex regina di Spagna Isabella (Blackman Sell e Weybright). Nel 1889 il Wild West Show fu a Parigi in Campo di Marte per l’Esposizione universale che celebrava il centenario della Rivoluzione e poi in tournée in Francia e Italia, nel 1890. A Parigi nacque la moda di toccare i nativi americani, ritenendo che favorissero la fertilità (Rydell ). Nei manifesti pubblicitari dello spettacolo Buffalo Bill a cavallo era affiancato a Napoleone, anche lui a cavallo. Tornato in patria, partecipò alle operazioni militari contro i Sioux, per tornare in scena nel 1893, in occasione dell’Esposizione mondiale colombiana di Chicago, che celebrava i 400 anni dalla scoperta dell’America. A Chicago, però, gli fu rifiutato l’accesso all’Esposizione e Cody montò i suoi tendoni di fronte all’ingresso, incassando un milione di dollari con 6 milioni di spettatori, grazie anche all’apertura domenicale, quando l’Esposizione era chiusa. A Chicago non poter vedere lo spettacolo di Buffalo Bill fu da tutti considerata una tremenda sventura sociale (Blackman Sell e Weybright). Il sindaco di Chicago aveva chiesto all’Esposizione di dedicare una giornata ai bambini poveri, con ingresso gratuito, ottenendo un rifiuto. Buffalo Bill invece garantì non solo l’ingresso gratuito, ma offrì anche il trasporto gratis e dolci e gelati per tutti. Nel 1900 il Wild West tornò in Europa e nel 1902 fu a Londra e nel resto della Gran Bretagna. Nella primavera del 1905 lo spettacolo iniziò un lungo giro per la Francia, con 200 tappe, per poi iniziare nel 1906 la tournée italiana. Il programma era rigorosamente lo stesso in tutte le tappe e prevedeva sempre la presenza di Buffalo Bill in persona, perché, come egli stesso spiegava, per lui il denaro degli uni valeva come il denaro degli altri e pertanto tutti dovevano rimanere egualmente soddisfatti (Stern). A New Orleans, in un periodo di piogge continue, fece ugualmente lo spettacolo in un’arena aperta per solo 9 spettatori (3 uomini e 6 ragazzi) per rispetto al biglietto pagato. Lo spettacolo contava su 1.000 persone e 600 cavalli, normalmente con due spettacoli al giorno, alle 14:30 e alle 20:30, ciascuno della durata di 1 ora e 45 minuti. Erano proposte rievocazioni storiche, come quella della sanguinosa battaglia di Little Big Horn, nella quale il 25 giugno 1876 i nativi Lakota e Cheyenne avevano annientato il 7o Cavalleggeri americano del tenente colonnello George Armstrong Custer. Tra i cento nativi americani della troupe, compresi donne e ragazzi, c’erano alcuni dei guerrieri che avevano combattuto a Little Big Horn, tra i quali Toro Seduto e Alce Nero, oltre a personaggi famosi dell’epopea del West come Calamity Jane. Il 17 luglio 1876 Buffalo Bill per vendicare Custer uccise il capo Cheyenne Mano Gialla, che forse in realtà si chiamava Chioma gialla per uno scalpo biondo di donna che portava alla cintura. La frase che avrebbe detto dopo averlo scotennato, “Questo è il primo scalpo per Custer”, diventò una frase celebre, usata anche dai bambini quando giocavano agli Indiani e ai cowboy. Nel Wild West Show erano presentati molti numeri di destrezza a cavallo da parte di vaqueros messicani, gauchos argentini, beduini del Sahara, cavalieri giapponesi, filippini, turchi, hawaiani, siriani, arabi, francesi, mongoli, cosacchi, russi, italiani e inglesi. Fu perfino organizzata una sei giorni, con la competizione tra ciclisti e cowboy a cavallo, vinta da questi ultimi. William Cody aveva idee molto avanzate per la sua epoca e riteneva che “quando una donna può fare lo stesso lavoro di un uomo dovrebbe avere la sua stessa paga” (principio ancora oggi non affermato). Nel suo show tra i personaggi di punta diverse donne, come Annie Oakley, pistolera dalla mira infallibile, il cui numero consisteva nel colpire una sigaretta tra le labbra del marito e una monetina che lo stesso teneva tra le dita. Nel 1905 a Berlino Annie esaudì la richiesta del principe ereditario di Prussia, futuro kaiser Guglielmo II, e troncò con una pallottola la sigaretta che teneva tra le labbra. Annie ispirò il musical e il film Annie Get Your Gun (Anna prendi il fucile). Anche Lill ian Smith e May Lillie erano abilissime pistolere, mentre Anne Schafer era specializzata in esibizioni equestri, tra cui il lancio del lazo e la doma di cavalli selvaggi. Del Wild West facevano parte squadroni del 6o cavalleria USA, della prima guardia del reggimento degli Ulani di Guglielmo II imperatore di Germania (detti i Rossi di Potsdam), degli Chasseurs à cheval de la grande République Française, del 12o lanceri (reggimento del Principe di Galles) dell’esercito britannico, gli zuavi Devlin, abilissimi nelle manovre militari, e i Rough Riders americani della Milizia Civile degli Stati Uniti, che pochi anni dopo diedero il nome ai soldati di Teddy Roosevelt, che combattevano nella guerra ispano-americana del 1898. Lo stesso Buffalo Bill si esibiva sparando dal cavallo in corsa a delle palle di vetro che gli venivano lanciate da un nativo americano che gli cavalcava davanti. Negli ultimi anni dello spettacolo furono introdotti numeri discutibili come magie giapponesi, incantatrici di serpenti, mangiatori di spade, prestigiatori, lettori del pensiero e perfino soffiatori di vetro veneziani. L’organizzazione dello spettacolo da 300 posti, tende-dormitorio, una tenda-cucina da 6 metri con 8 cuochi, 3 macellai, 40 camerieri, 8 tagliatori, con un consumo giornaliero di 5 tonnellate di carne (argentina), 1 tonnellata di pane e 400 kg di patate. Anche le scuderie per i 600 cavalli erano costituite da tendoni. I nativi americani e lo stesso Buffalo Bill dormivano invece in sette piccole tende “indiane” separate da quelle per il personale. Per la maggior parte degli spettatori europei era la prima occasione di vedere dei pellerossa, che apparivano strani per l’abbigliamento e le pitture facciali, ma anche perché fumavano sigarette, anziché i sigari o la pipa usuali in Europa. Il Wild West Show veniva annunciato nelle città con molto anticipo, con affissioni a tappeto che coprivano gli spazi delle città sede dello spettacolo e inserzioni sui giornali e l’acquisto dei biglietti era ovunque oggetto di una corsa spasmodica. Erano in vendita vari souvenir dello spettacolo e molte foto rappresentanti le principali scene e personaggi del Wild West Show e per questo motivo agli spettatori era vietato scattare foto. L’incredibile efficienza del personale permetteva al Wild West di cambiare piazza anche ogni giorno. Appena scesi dal treno, i cavalli si allineavano da soli, per farsi apparigliare ai carri, che partivano subito per la destinazione. In quattro ore si montavano le tribune e gli scenari in tempo per l’inizio del primo spettacolo, alle 14:30, quando fino alle 22:15 del giorno precedente era ancora in corso lo spettacolo nella città della tappa precedente. Alle 20:00 erano già smontati i tendoni non indispensabili allo spettacolo, alle 21:00 erano caricati sui carri alla stazione ferroviaria, e tra mezzanotte e le 2:15 partivano. Nel 1890 l’imperatore Guglielmo di Prussia inviò agenti speciali per carpire i segreti di tanta efficienza, e a Roma e Torino furono presenti alti ufficiali dello Stato maggiore, responsabili dell’ufficio dei trasporti e delle ferrovie, per apprendere le tecniche di trasporto rapido su rotaia. L’organizzazione prevedeva inoltre la risoluzione di complessi problemi burocratici con i vari uffici doganali, visite mediche al personale e veterinarie agli animali per evitare la trasmissione di malattie. Nel 1905 in Francia i cavalli del Wild West Show contrassero la morva e ne furono abbattuti 200, di cui 42 dei migliori in un solo giorno. Notevoli erano anche i problemi linguistici: per uno spettacolo fu necessario comporre gli annunci in sette lingue e un’altra volta nel giro di una settimana si entrò in contatto con genti di ventidue lingue diverse (Fees). Buffalo Bill in Italia Nel primo viaggio italiano del 1890 lo spettacolo fu in sei città, per ottanta giorni, dal 26 gennaio al 16 aprile. La tournée iniziò dal 26 gennaio al 17 febbraio a Napoli, dove ci furono problemi agli ingressi per la messa in vendita di 2000 biglietti contraffatti. Dal 20 febbraio al 9 marzo fu a Roma, con la troupe ricevuta da papa Leone XIII e dove ebbe luogo la gara con i butteri delle Tenute Caetani di Cisterna di Latina, che sarà oggetto di un prossimo articolo. Buffalo Bill e parte della troupe dello show in gondola a Venezia. Dal 12 al 20 marzo lo spettacolo fece tappa a Firenze, dal 23 al 30 marzo a Bologna con ottimi incassi, dal 2 al 13 aprile a Milano e, infine, dal 14 al 16 aprile a Venezia, dove Buffalo Bill e gli Indiani fecero un giro in gondola. Nel 1906 la tournée italiana iniziò il 14 marzo a Genova e coprì ben 35 città diverse, terminando il 15 giugno a Trieste, che all’epoca faceva parte dell’Impero austroungarico, fermandosi quasi ovunque un solo giorno. Ma lo spettacolo non era solo quello a pagamento: la popolazione locale presidiava le stazioni in cui la mattina arrivava il treno del Wild West fin da notte fonda, per godere lo spettacolo dello scarico di persone, animali e attrezzature. La calca era l’ambiente ideale per i “prestigiatori da tasca”, ossia i borseggiatori, le cui imprese erano riportate dai giornali locali (Andreussi et al.). Buffalo Bill dal 22 al 28 marzo fu a Roma, tappa più meridionale del tour; lo spettacolo tornò a Bologna, ma per un solo giorno, l’8 aprile, poi il 14 aprile fu a Padova in piazza d’Armi, il 15 e il 16 aprile fu a Verona, A meno che le rappresentazioni non avessero luogo in arene già esistenti, come il Madison Square Garden di New York o l’Arena di Verona, i tecnici dovevano montare enormi tendoni, per una superficie totale di 20.000 m2, caricare e scaricare materiale scenico di ogni tipo, dalle pistole Gatling alle diligenze, ai fondali mobili dipinti che riproducevano i tipici paesaggi del West (Rydell). Come riferisce Sarah J. Blackstone, lo spettacolo “trasportava il più grande impianto elettrico privato del tempo” (Rydell) e richiedeva un’enorme fornitura di viveri per dare da mangiare a mille persone, tre volte al giorno. Lo show si spostava con quattro treni speciali, con in tutto 49 carri di 25 metri ciascuno. Le tribune coprivano tre lati della superficie destinata allo spettacolo e potevano ospitare 12.000 spettatori; inoltre, c’erano tende per l’esibizione di “fenomeni viventi”, una tenda-mensa in Arena, e il 17 aprile a Mantova, nell’ippodromo Te, adiacente al palazzo omonimo, e furono organizzati treni speciali per Asola e Viadana (Andreussi et al.). Il 22 aprile 1906 il Wild West Show sbarcò a Torino, dove lo spettacolo si tenne su un lato della piazza d’Armi, tra gli odierni corso Galileo Ferraris e corso Einaudi. Alcuni anni prima al Velodromo di Torino si era esibito un falso Buffalo Bill, in seguito arrestato in Inghilterra. Eugenio Piossasco di Beinasco in arte Eugenio Veritas (1847-1910), cantastorie torinese cieco, scrisse una ballata in dialetto su una sposina che abbandonava il marito per fuggire con Buffalo Bill (Biscàro). Il 9 maggio 1906 Buffalo Bill fu per un giorno a Vicenza, in Campo Marzo; moltissimi stabilimenti e parecchi negozi chiusero. Si calcolò che almeno metà della classe operaia facesse mezza festa. A mezzogiorno chiusero gli uffici municipali e le scuole, oltre a numerosi altri uffici pubblici e privati. Furono organizzati treni speciali da Valdagno e da Chiampo (Stefani). Dal 13 al 15 maggio 1906 il Wild West lasciò l’Italia e fu a Trieste, proveniente da Udine, dove agli studenti delle scuole era stata concesso un giorno di vacanza per assistere allo spettacolo. L’accampamento fu posto sui terreni dei Fondi Wildi, dove oggi si trovano le caserme di via Domenico Rossetti, nella zona delimitata anche da via Pasquale Revoltella e via dell’Eremo (Stern). Nella stessa zona, prossima all’ippodromo di Montebello, nel 1923 fu allestita la corrida spagnola trattata in un precedente articolo (Gaddini A., Le corride in Italia nel ‘900, in Eurocarni n. 1/2021, pag. 130). Trieste, allora nell’Impero austro-ungarico, aveva un forte carattere cosmopolita: vi si stampavano quotidiani in italiano, tedesco e sloveno, e l’organizzazione dello spettacolo fece affiggere manifesti nelle tre lingue, scatenando il furore nazionalista del quotidiano “L’Indipendente” che pretendeva fossero strappati i manifesti non in italiano. Al rifiuto degli organizzatori, il giornale per ritorsione ridusse lo spazio dedicato alle cronache dello show (Stern). Per consentire agli istriani di vedere lo spettacolo senza pernottare a Trieste fu organizzata una linea celere con un battello che partiva da Pola alle 6.30 e ripartiva da Trieste alle 17:30, toccando tutti i porti intermedi (Stern). A causa dell’arrivo del Wild West fu rimandato un torneo internazionale di lotta, disciplina che all’epoca era molto popolare e riempiva i teatri di appassionati per seguire le gesta delle stelle dell’epoca. La folla, secondo i giornali dell’epoca, si “assardellava” per entrare a vedere lo spettacolo, o almeno per vedere l’accampamento da fuori (Stern). Dopo la tappa di Trieste lo spettacolo si spostò a Lubiana e poi a Zagabria, sempre nell’Impero austroungarico. L’influenza di Buffalo Bill La grandissima popolarità di Buffalo Bill e del suo spettacolo influenzò molto la cultura degli Stati Uniti e quella internazionale. Lo storico del cinema francese Georges Sadoul (1904-1967), nel primo volume della sua Storia del cinema mondiale, considerò il genere western del cinema come derivato dal Wild West Show (Stern): il breve film muto inglese del 1903 Robbery of the mail coach (Rapina alla diligenza postale) di Frank Mottershaw e quello americano dello stesso anno, The Great Train Robbery (La grande rapina al treno) di Edwin S. Porter, sono considerati i capostipite dei film western, seguendo le tradizioni del circo di Buffalo Bill. Lo stesso Cody fondò una casa di produzione cinematografica, la William Frederick Cody Pictures Company. Molti film furono dedicati al personaggio, ricordiamo quello del 1976 di Robert Altman, “Buffalo Bill e gli Indiani” (Buffalo Bill and the Indians) con Paul Newman nei panni di Buffalo Bill, che vinse l’Orso d’argento al festival di Berlino dello stesso anno. Il film era centrato anche sulla figura di Toro seduto, rifiutando lo stereotipo del pellerossa come selvaggio sanguinario e ricordando invece le stragi indiscriminate dei bianchi contro i nativi. Lo spettacolo rese popolare un inno, suonato in apertura, The Star Spangled Banner, scritto nel 1814 dall’inglese Francis Scott Key durante la guerra anglo-americana, che fu poi adottato come inno nazionale degli Stati Uniti, prima in modo informale, e dal 1931 come inno ufficiale. L’epopea di Buffalo Bill influenzò fortemente anche il movimento scout, tanto che negli USA si decise di adottare nella divisa il cappello a tesa larga e il fazzoletto “Cody” al collo, scelta in seguito condivisa anche da Robert Baden-Powell per gli scout britannici (Blackman Sell e Weybright). Buffalo Bill ebbe una forte influenza anche sull’Italia: fu uno dei personaggi principali di un romanzo di Emilio Salgari “La Sovrana del Campo d’Oro” apparso a puntate nel 1904 e poi in volume nel 1905, mentre secondo Rydell lo spettacolo di Buffalo Bill ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione di pop corn in Italia e Il Messaggero di Roma raccontava con sorpresa la prima esperienza con le arachidi, definite nocchie americane vendute dall’organizzazione dello show. Buffalo Bill era italiano? Il 14 febbraio 1937 il quotidiano ferrarese Corriere Padano pubblicò una notizia-bomba: il famoso Buffalo Bill non si chiamava in realtà William Cody, ma Domenico Tambini (o, secondo altre fonti, Tombini), era originario di Santa Lucia delle Spianate, frazione di Faenza, in provincia di Ravenna, dove sarebbero vissuti dei parenti che ne reclamavano l’eredità di 40 milioni di lire. La voce della presunta italianità di Buffalo Bill fu incoraggiata dal regime fascista a scopo di esaltazione nazionalistica, verso un personaggio molto popolare in Italia, grazie anche a oltre un migliaio di romanzi popolari stampati dall’editore fiorentino Nerbini. Tambini sarebbe emigrato in America per sfuggire alle persecuzioni pontificie, per aver partecipato, in quanto liberale, ai moti di Venezia del 1849, ed avrebbe scelto il suo pseudonimo ispirandosi alla città di Buffalo, nello stato di New York, mentre una sua nipote avrebbe ricevuto nel 1911 attraverso il Ministero degli Esteri un’eredità di 45 milioni di lire. Visto che Buffalo Bill morì nel 1917, non si vede come la nipote, vera o presunta, abbia potuto ereditare la somma da lui.


Andrea Gaddini 


Bibliografia
Andreussi A. et al. (a cura di) 2012, Signori e signore, arriva il circo! Spettacolo unico e senza rivale: Buffalo Bill a Mantova, aprile 1906, s.n., Mantova.
Biscàro A. (2010), Buffalo Bill è arrivato a Torino: storie di piole, amore e selvaggio west, Neos, Rivoli.
Black man Sell H., Weybright V. (1976), Buffalo Bill e il selvaggio West, Longanesi, Milano.
Collier E. (1969), Buffalo Bill, A. Mondadori, Milano.
Croft-Cooke R., Meadmore W.S. (1976), Buffalo Bill, Longanesi, Milano.
Fees P. (1994), Un mito non solo americano, in Stern, pagg. 7-11.
Rydell R.W., Kroes R. (2006), Buffalo Bill show: il west selvaggio, l’Europa e l’americanizzazione del mondo, Donzelli, Roma.
Salgari E. (1947), La Sovrana del Campo d’Oro, Andrea Viglongo & C. Editori Soc.r.l, Torino.
Stefani A. (1990), Arrivano i nostri! Buffalo Bill e La fanciulla del West, in Campo Marzo: diari vicentini 1906 e 1912, Nuovo progetto, Vicenza
Stern G. (1994), Buffalo Bill a Trieste, La mongolfiera, Trieste. Sitografia • it.wikipedia.org/wiki/Buffalo_ Bill. • Raccolta digitale di periodici della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Il Messaggero). • Emeroteca Attilio Hortis, Trieste, Raccolta digitale Il Piccolo.


In foto: manifesto pubblicitario del Buffalo Bill Wild West Show (photo © inchiostro.unipv.it).



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