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Buona carne non mente

Terre di Sacra: la dolce sinfonia della natura

di Guizzo E.


Mi trovo in un luogo remoto che addolcisce l’anima e non chiede nulla, se non quello di essere osservato per com’è. Un luogo dove gli occhi si perdono tra il verde dei prati ed il blu del mare. Capalbio è un piccolo borgo medievale che conta 3.800 abitanti sulla costa meridionale della Toscana e fa parte di una vasta area geografica di circa 5.000 km2: la Maremma, terra selvaggia ed incontaminata che abbraccia due regioni: Toscana e Lazio. In questa sinfonia, accarezzata dal Mar Tirreno, da prati verdi e pascoli, sorge Terre di Sacra (sacra.it), incastonata tra la purezza e la magnificenza di una realtà geografica dal fascino ineguagliabile. Margherita mi accoglie nella sua casa che dista una manciata di metri dal mare, quel mare che d’inverno assume tutt’altra veste, che racchiude un’arte che esibisce con le sue onde e ti culla per tutto il giorno con il suo placido rumore.
Nel 1922 un gruppo di imprenditori guidati da Uberto Resta Pallavicino decise di trasformare una terra impervia di 9.000 ettari rendendola disponibile alla coltivazione di cereali e all’allevamento di bovini. Redimere quindi una zona inospitale e paludosa per costituirne S.A.C.R.A. – Società Anonima Capalbio Redenta Agricola, che nel 1930 ottenne la concessione della bonifica del territorio di Capalbio. Nel 1968 ci fu un passaggio significativo per l’azienda: l’istituzione dell’Oasi WWF Lago di Burano, una riserva che si estende per circa 410 ettari più altri 600 sottratti all’attività venatoria, in accordo con la proprietà dei terreni di Terre di Sacra. L’Oasi è diventata un rifugio faunistico con più di trecento specie di uccelli.
Terre di Sacra oggi è simbolo di ospitalità e rispetto per la natura, un’emozione di dieci chilometri di spiaggia lungo la costa toscana, che permette di respirare aria pura e di assaporare il paradiso, vivendo in spazi incontaminati quali case e lodge che fungono da hospitality, il core business dell’azienda, dove la parola d’ordine è “turismo slow”, un turismo cioè che fa rallentare e perdere la cognizione del tempo senza frenesie.
Margherita è nata a Milano ma è cresciuta tra Capalbio e la città ambrosiana. «Ho cominciato a venire qui da quando ero in fasce» mi dice. Il padre, Carlo Alessandro Puri Negri, attuale presidente di Terre di Sacra ereditò dai genitori questa terra creando insieme alla moglie Giulia Clavarino un legame indissolubile tra questa realtà e la loro famiglia.




Margherita è una giovane donna che ha sapientemente accarezzato il mondo e, con una laurea in relazioni internazionali acquisita in Inghilterra, ha intrapreso prima la strada finanziaria, in Cina e poi a Ginevra, colmando la sua esperienza nel 2013 alla Banca Mondiale di Washington, dove ha lavorato due anni al “Connect4Climate”, un progetto di partnership globale del Gruppo della Banca Mondiale dedicato a coinvolgere un pubblico diversificato attraverso campagne creative di comunicazione sul clima. «Dieci anni fa il mondo accademico americano parlava di cambiamenti climatici. Noi europei invece eravamo già educati a questo, ma in generale non ne se parlava, non era la retorica comune, mentre oggi è fin troppo strumentalizzato» mi racconta Margherita. «Mi sono sempre interessata al concetto della sostenibilità, discutendo poi una tesi geopolitica su come rendere sostenibile il modello energetico italiano».
Terminato il periodo americano, Margherita torna in Italia e comincia a fornire supporto all’azienda di famiglia, occupandosi in particolare della comunicazione digitale. Pian piano comincia ad essere coinvolta sempre più nelle attività aziendali e diventa Imprenditore Agricolo Professionale. Terre di Sacra, infatti, non è solamente un’importante realtà a vocazione turistica, ma anche un’entità agricola e zootecnica dove pascolano splendidi bovini di razza Maremmana. Una realtà fatta di professionisti che ogni giorno con passione e dedizione contribuiscono a mantenere alto il livello di benessere ambientale ed animale. Margherita cura ogni singola fase, a partire dall’allevamento dei bovini, aiutata in questo da Moreno Predellini, di professione buttero, che da circa trent’anni lavora per Terre di Sacra.
Il buttero è senza dubbio il mestiere più antico che esiste in Maremma, terra un tempo spopolata ed inospitale che fu colpita dalla malaria e gli unici a resistergli furono proprio i rappresentanti di questa categoria professionale. L’economia di allora era fatta di legna dei boschi e dalla carne dei bovini che venivano marchiati per non venire mischiati a quelli di altre famiglie (la marchiatura è un’operazione che viene fatta anche oggi per questi bovini, NdA). Chiedo a Moreno che cosa sente quando sale a cavallo e governa la mandria. «L’adrenalina mi avvolge quando si governano le Maremmane. Bisogna capire come farle muovere, se ne fai una questione di forza vincono loro, se le si vuol far andare in una direzione, tendenzialmente loro vanno in quella opposta» mi spiega.
Bovini di indole spigolosa e sospettosa, forse il fascino di questa razza è dato anche dal loro carattere. La Maremmana si governa a cavallo, animale per il quale nutrono profondo rispetto. I capi sono imponenti e maestosi, il tratto distintivo sono le lunghe corna, a forma di lira nelle femmine e semi-luna nei maschi. Le corna raggiungono anche 100 cm di lunghezza, permettendo ai bovini di staccare le fronde fresche delle quali cibarsi.
Dal punto di vista morfologico hanno giogaia ben sviluppata che funge da elemento termoregolatore: questi bovini infatti resistono alle condizioni climatiche più avverse, dai climi secchi estivi agli inverni più rigidi. La cute è spessa e il mantello è di colore grigio, scuro nei maschi e chiaro nelle femmine, lo scheletro è solido e robusto, il collo corto e muscoloso con tronco lungo, arti lunghi e unghioni solidi. La loro morfologia e il carattere li rendono particolarmente adatti all’allevamento brado.
La Maremmana è una razza frugale, si accontenta di ciò che trova, è longeva, può vivere fino a ventidue anni considerando che il primo parto avviene a circa 35 mesi. Il latte che producono le vacche è destinato esclusivamente ai vitelli, svezzati all’età di sei mesi (in Maremma si dice eseguire la “spocciatura”, levare la poccia, NdA) e messi al pascolo fino al raggiungimento dei 18 mesi. Alla fine del loro ciclo produttivo si esegue il finissaggio a base di granaglie e cereali e questo definisce l’impronta organolettica della carne.
Terre di Sacra ha da sempre allevato bovini di razza Maremmana con una battuta d’arresto nel 1984, complici alcuni vincoli economici che rendevano difficile continuare l’attività, poi ripresa nel 2007 con l’introduzione di vacche gravide, che hanno permesso il ripopolamento della mandria, aumentata notevolmente nel 2018 grazie al sistema di rimonta interna e alla rotazione periodica dei tori.
L’allevamento, che si esegue completamente all’aperto, ne fortifica il sistema immunitario limitando l’impiego dei trattamenti sanitari. È a ciclo chiuso e prevede sia la linea vacca-vitello che quella destinata all’ingrasso. I bovini allevati sono circa un centinaio divisi in due mandrie di trenta fattrici e due tori; alcune delle femmine sono destinate alla rimonta e altre alla produzione di carne per il consumo diretto.
A concorrere al benessere della realtà zootecnica, oltre a Margherita e Moreno c’è anche Ernesto Sestan, agronomo specializzato in agricoltura di precisione che si occupa della programmazione dei lavori agricoli e della gestione dei bovini.
Ernesto controlla circa cento ettari di pascolo e le coltivazioni di farro, frumento duro e tenero, avena, erba medica, erbai misti e leguminose. «Il terreno ha caratteristiche molto disomogenee, si passa da composizioni torbose a quelle sabbiose — mi spiega Ernesto — qui, non vi è il supporto dell’irrigazione e quindi l’azienda dipende fortemente dalle stagioni e questo influisce anche sulla crescita delle infestanti».
Nel 2015 Terre di Sacra ha cominciato il processo di conversione in agricoltura biologica e nel 2017 sia la parte agricola che quella zootecnica hanno ottenuto la certificazione biologica che impone il rispetto di regole piuttosto rigide come il controllo costante delle materie prime, lo stato di maturazione delle piante, l’epoca di raccolta e il controllo della concentrazione di umidità del fieno. L’allevamento è sostenuto quasi interamente da produzioni interne, integrando una piccola parte acquistata come il mangime; «la razione alimentare dei bovini deve avere almeno il 60% di parte foraggera» mi spiega Ernesto.




L’alimentazione dei bovini si diversifica in funziona alla tipologia di animale: per le vacche in lattazione si prevede una quota di insilato in rotoballe che stimola la produzione di latte, nella fase di mantenimento delle stesse viene fornita erba medica di primo taglio con una buona dose di erbai e trifoglio. Per i bovini destinati all’ingrasso invece si aumenta la dose proteica inserendo fieno di erba medica di secondo taglio, mangime biologico, avena e graminacee. I bovini si nutrono anche di erbe spontanee presenti nei pascoli, ricche di aromaticità conferita dall’aria salina del mare, le carni assumono così preziose note organolettiche.
«L’agricoltura biologica prevede la razionale rotazione delle specie cerealicole e foraggere, questo ci garantisce una maggiore fertilità dei terreni e una minor presenza delle infestanti, spiega Niccolò Resta Pallavicino, amministratore della società agricola.
Il miglioramento del terreno, racconta Niccolò, avviene anche con le deiezioni dei bovini che fungono da fertilizzante, questo crea un compattamento della terra molto più naturale a differenza dei terreni coltivati in maniera convenzionale.
Margherita si occupa anche della commercializzazione della carne proveniente dai bovini allevati, la vendita avviene tramite una mailing list che dà la possibilità di ordinare la carne e riceverla a casa prenotando la consegna.
Attualmente le spedizioni sono concentrate su Roma e Capalbio, spiega Margherita che ha avuto l’appoggio iniziale dal macellaio Luca Terni, titolare della Locanda di Ansedonia – Ristorante Grigl’io. Luca ha rappresentato un’ottima scuola per Margherita, trasmet­tendole la conoscenza e i segreti della buona carne bovina; ma anche il maestro indiscusso Dario Cecchini ha contribuito alla formazione di Margherita, che spesso lo va a trovare in quel di Panzano in Chianti.
Margherita valorizza tutti i tagli del bovino, anche il quinto quarto, educando così il consumatore ad apprezzare non solamente la lombata ma a contemplare il sapore di uno spezzatino proveniente dai tagli poveri, più gustosi ed economici.
Margherita quali sono i tuoi obiettivi futuri? «Migliorare i canali di vendita della carne così da poter raggiungere ristoranti e macellerie di tutta Italia. Nel futuro a medio termine invece vorrei creare un laboratorio di lavorazione e sezionamento carne».
Terre di Sacra aderisce al presidio Slow Food; valorizzare la razza Maremmana significa quindi trasferire notevole valore a questa terra. Dal punto di vista genetico la Maremmana non ha goduto di miglioramenti importanti; un tempo questi bovini erano considerati la forza lavoro nei campi grazie alla loro struttura ossea: robusta e grossolana, oggi sono allevati come bovini da carne in numeri piuttosto ridotti. In Italia si contano 11.210 capi e le province con il maggior numero sono Roma, Viterbo e Grosseto.
Sicuramente ciò che ha valorizzato il bovino di razza Maremmana è il loro sistema di allevamento che a tutt’oggi diventa sempre più interessante dal punto di vista etico se comparato al sistema confinato. Il fatto di allevare questi bovini potrebbe essere un lavoro di manutenzione ambientale. Un allevamento che, se realizzato in maniera corretta, giustificherebbe l’interesse per questa razza, certamente non specializzata ma rustica e frugale e molto importante dal punto di vista dell’ecosistema.


Elisa Guizzo
Meat specialist


>> Link:
digustoingusto.it


Nota
Photo © Angelo Murri



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