Un milione di anni fa l’Homo erectus iniziava a dominare il fuoco e riteniamo che circa ottocentomila anni or sono alcune specie di ominidi cominciarono ad usarlo per abbrustolire carni e fare il primo barbecue, un rito che concludeva la battuta di caccia dei nostri antichi antenati. Ancora oggi il barbecue è in effetti una sorta di rituale, maschile soprattutto, e la bella stagione è il momento magico per compierlo in un parco, in giardino o in cortile, su una terrazza o un terrazzino. Un barbecue deve svolgersi in un ambiente che, qualunque esso sia, deve essere aperto, essendo il suo spazio quello del fuoco vivo nel cosiddetto selvatico, magari con alberi ricchi di aromi e profumi che i nostri lontani antenati erano abili nel riconoscere.
Legni per barbecue
Oggi non viviamo più nelle foreste e il legno da usare per il barbecue non è nemmeno più quello delle fascine o dei ceppi come quelli ricordati da Giosuè Carducci (1835-1907) nel sonetto San Martino:
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar.
Inoltre, non tutti i legni sono adatti all’affumicatura e alcuni possono essere tossici, come i legni di conifere e alberi sempre verdi (pino, abete, cedro, cipresso) che contengono sostanze resinose che danno alle carni un odore di trementina (anche se le pigne sono usate per grigliare piccoli uccelli). Non bisogna nemmeno utilizzare legni di recupero provenienti da costruzioni, mobili, infissi ecc…, in quanto possono essere stati trattati con veleni o vernici che, bruciando, hanno effetti pericolosi.
Per alcuni puristi della cucina del barbecue la migliore legna da ardere sarebbe quella dei tralci della vite ma anche il legno di quercia dà una buona brace con un profumo leggermente amarognolo per il tannino che contiene. Il faggio e il carpino attribuiscono alle carni un aroma morbido mentre poco apprezzato è il legno di castagno. Per tutti questi legni è consigliabile esaltarne il fumo con l’aggiunta di ramoscelli aromatici ed erbe essiccate (timo, alloro, ginepro, mirto, ginestra, cisto, ecc…).
Oggi varie essenze di legno sicure e adatte per barbecue e affumicatura sono in commercio in diversi formati; i più diffusi sono chips, chunks, logs e pellet. I Wood chips sono trucioli, frammenti e scaglie di legno reperibili in una grande varietà di essenze, bruciano rapidamente e occorre rabboccare assiduamente il fuoco. A differenza dei chips, i chunks sono pezzi di legno più grandi (circa un pugno), ideali per affumicare per lungo tempo, con una lenta combustione. Non hanno bisogno di essere inumiditi. I logs sono veri e propri pezzi di tronco bruciano lentamente. Infine il pellet, formato da scaglie di legno simili ai chips ma di dimensioni ancora più ridotte. Si utilizza mettendolo in un cartoccio di stagnola sopra le braci.
Legni differenti per le differenti carni
Ogni tipo di carne o altro alimento cotto nel barbecue ha tipi di legno più adatti, che si abbinano meglio all’alimento stesso e ne arricchiscono l’aroma. Ogni legno offre un diverso aroma e una differente intensità di fumo e sapore:
hickory, il “principe” dei legni da affumicatura, e il legno ricavato da botti di whiskey Jack Daniel’s, con i loro aromi ben definiti, dolci e forti, sono adatti per i barbecue tradizionali. Si abbinano bene con tutte le carni di manzo, la spalla e le costine di maiale;
quercia, col suo sapore deciso e mai sgradevole questo legno è tra i più versatili, ideale per aromatizzare grandi pezzi di carne, è adatto per bistecche di manzo e maiale e gli arrosti;
olivo, è ideale per l’affumicatura di carni dal sapore complesso e caratteristico, come il manzo e la selvaggina. Dal gusto forte e deciso, si sposa benissimo anche con le cotture della tradizione italiana, per dare un gusto ancora più rotondo alle carni cotte al barbecue;
acero, produce un fumo delicato e leggermente dolciastro perfetto per il maiale, il pollame, il pesce ed il formaggio. L’acero conferisce al pesce un sapore dolce e delicato e tende a scurirne il colore. Si può combinare con un legno dall’aroma più intenso come quello della quercia, melo o ontano;
faggio ha caratteristiche molto simili all’acero ed è adatto per affumicare il maiale ed il pollame in genere;
ontano, molto delicato e dolce, è usato tradizionalmente per affumicare il salmone ed è ideale per tutti i pesci e le carni bianche;
melo, col suo aroma leggero, dolce e fruttato, delicato e poco invasivo, è adatto per affumicare manzo, maiale e pollame in genere. Questo legno conferisce al maiale un aroma delicato e note dolciastre. Col suo equilibrio tra fumo e dolcezza, è adatto ad un’ampia varietà di pesci. Può essere mescolato con un legno più forte per compensarne la dolcezza, ad esempio una piccola quantità di mesquite;
ciliegio, in modo analogo al melo, produce un aroma leggero e fruttato che dona un bel colore rossastro alle carni, per cui alcuni lo considerano il miglior legno per affumicare;
arancio, ha un sapore molto delicato, adatto per qualsiasi taglio di maiale, arrosti, lombate e prosciutto. Per un sapore più deciso si può abbinare al pecan;
pero e pesco, di non facile reperibilità, sono molto simili e intercambiabili, con un leggero aroma fruttato che trasmette al pesce una dolcezza che non è possibile ottenere con altri tipi di legno;
pecan, dell’albero nativo nordamericano della famiglia dell’hickory, è un legno dal gusto fruttato, dolce e non invasivo, preferito da molti chef professionisti per affumicare e dare un tocco gourmet al piatto. Adatto per tutti gli usi: maiale, pollame, manzo, agnello, carne di cervo pesce, il pecan si miscela bene con altri legni fruttati creando blend diversi;
mesquite, pianta dal fusto legnoso che cresce in zone aride e divenuta di gran moda, possiede aromi forti, donando sapore intenso e deciso. L’affumicatura con questo legno deve essere breve. È indicata per aromatizzare piatti esotici come le fajitas messicane.
Diverse intensità di affumicatura
Per un’affumicatura leggera indicata per carni delicate come pesce e pollame, le verdure e formaggi si utilizzano legni di ciliegio, melo oppure ontano. Per un’affumicatura media con un aroma più deciso e persistente — ideale per carni di manzo, maiale e pollame —, sono indicati legni di acero, pecan o quercia. Per un’affumicatura intensa il mesquite è il legno più indicato, anche se di non facile dosaggio, così come il legno hickory, da usare con moderazione.
Innovazione di un gusto antico
L’affumicatura nasce come esigenza di conservazione e, soprattutto nelle aree settentrionali con scarsità di sole e di sale, si affumicavano carni, pesci e formaggi usando legni di faggio e altri legni aromatici. L’affumicatura degli alimenti per ottenere particolari caratteristiche gastronomiche la troviamo già nella Roma imperiale di Marco Valerio Marziale (40 d. C.-104 d. C.). Nel Liber XIII Xenia l’epigrammista descrive il Caseus fumosus: Non quemcumque focum nec fumum caseus omnem / Sed Velabrensem qui bibit, ille sapit (“Il formaggio affumicato – Non sa di qualunque fumo, di qualunque fuoco/ Il formaggio che ha bevuto la fiamma del Velabro”). La tipicità non sta tanto nel formaggio, quanto nell’affumicatura con particolari legni eseguita nel Velabro (Velabrum), un’area pianeggiante di Roma situata tra il fiume Tevere e il Foro Romano, tra i colli del Campidoglio e del Palatino, contigua al Foro Boario e al vicus Tuscus (borgo etrusco o via etrusca).
L’affumicatura oggi è anche una tecnica di cucina e vi sono ristoranti nei quali si usano vari tipi di sali affumicati, piccoli box affumicatori, campane che trattengono il fumo o in cui si usano lo smoking gun, un affumicatore che produce fumo freddo e utilizzato per qualsiasi tipo di cibo o liquido. Con questi mezzi è possibile conferire ai piatti, bevande e cocktail un leggero e giusto sentore di fumo, amplificando le caratteristiche organolettiche degli ingredienti, senza alterarne la temperatura.
Due sono le motivazioni di questi nuovi usi del fumo: la prima guarda al passato perché, quando ci si accosta ad un piatto con i sentori dei fumi sprigionati dai legni o dalle erbe di cottura, si entra in un’area di subconscio che suscita un ambito o un’aura sensoriale ancestrale che si associa al crepitio del fuoco e all'aroma del fumo alla carne dei nostri progenitori. La seconda guarda al futuro perché oggi l’affumicatura è diventata un’innovazione capace di donare ad ogni tipo di alimento, cibo o bevanda, eleganza e carattere, senza stravolgere il suo sapore di base o coprirlo eccessivamente. Questo avviene per esempio in diverse tipologie di distillati, anche se risulta particolarmente interessante in quelli che hanno una componente aromatica predominante come il gin, il whisky, il vermouth e diversi cocktail dove entra in gioco la possibilità di lavorare su nuove modulazioni.
Giovanni Ballarini
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