A settembre, secondo quanto dichiarato da Istat, l’inflazione scende al +0,7% (su base annua), il livello più basso registrato da inizio anno. Il calo del tasso d’inflazione si deve ancora all’evoluzione dei prezzi dei “beni energetici” (8,7%), ma risente anche del rallentamento su base tendenziale dei prezzi di alcune tipologie di servizi (ricreativi, culturali e per la cura della persona e di trasporto). Per contro, nel comparto alimentare, i prezzi aumentano lievemente il loro ritmo di crescita su base annua, contribuendo all’accelerazione dei prezzi del “carrello della spesa” (+1,0% da +0,6%).
Osservatorio sui consumi
Secondo i dati dell’Osservatorio sui consumi alimentari IsmeaNielsenIQ, il carrello alimentare nei primi 9 mesi del 2024, è costato agli Italiani lo 0,5% in più rispetto al 2023. Dopo l’incremento della spesa nel 2023, che resta il più alto degli ultimi anni (+8,1%), nei primi 9 mesi del 2024 rallenta bruscamente (+0,5%) il processo di crescita della spesa per i prodotti alimentari che ha caratterizzato gli ultimi due anni. La dinamica dei volumi nel carrello registra invece tendenze differenti tra i vari comparti e, a fronte di tante referenze in riduzione, altrettante hanno ritrovato slancio, in particolare nei reparti ortofrutta e bevande.
Il potere di acquisto è tornato lentamente ai livelli prepandemici, a fronte di grandi differenze all’interno della popolazione. La composizione del carrello della spesa riflette il maggior interesse per cibi salutari (in linea con i nuovi stili di vita), ma il prezzo rimane il driver principale nelle scelte di acquisto. Se da una parte infatti è vero che cresce l’interesse dei consumatori per la propria salute e quella dell’ambiente (oltre 17 milioni di Italiani praticano sport, oltre il 7% della popolazione dice di fare il digiuno intermittente, al 7% della popolazione piace la dieta iperproteica, aumentano i consumi di prodotti bio), restano ancora molti i consumatori le cui scelte di acquisto sono fortemente legate alla disponibilità economica e quindi al fattore “risparmio”. Sebbene la situazione sia in miglioramento, sono ancora 12 milioni le persone che vivono in situazione di disagio profondo (erano 20 milioni nel 2022) e le famiglie che dichiarano di trovarsi in difficoltà di fronte ad un’ipotetica spesa improvvisa di 800 euro sono ancora ben il 33% (erano il 45% nel 2022).
Ma a dichiarare che il prezzo sia il driver di acquisto più importante sono ben più dei consumatori in difficoltà economica: lo dichiarano infatti nelle ultime indagini del Rapporto COOP 2024 (una ricerca annuale con analisi della vita quotidiana degli Italiani) ben il 75% dei consumatori.
In termini geografici, le variazioni di spesa coinvolgono in maniera non omogenea le quattro ripartizioni geografiche. Nell’area del Nord-Est la spesa continua, infatti, a crescere (+1,1%) più che nelle altre; in positivo anche il Centro e il Sud e solo in lievissima contrazione (0,1%) il Nord Ovest.
Non cambia, nel 2024, la ripartizione delle vendite nei vari canali distributivi, ma anche per questi le dinamiche sono differenziate. Continuano a perdere terreno i piccoli negozi e a guadagnarne supermercati e discount. Nello specifico, il supermercato resta il canale predominante col 41% di share e una performance positiva in termini di fatturato del 2,3% sul 2023, dopo un anno in cui aveva già recuperato il 9,4% degli incassi rispetto all’anno precedente.
Pressoché stabile il valore della spesa effettuata presso gli ipermercati, dove si confermano essere avvenuti il 23% degli acquisti. Il discount continua a migliorare le proprie performance e mantenendo una quota del 22% sulle vendite totali, mette a segno nei primi 9 mesi del 2024 un aumento degli incassi dell’1,4%, che si va ad addizionare al +10% registrato nel 2023 rispetto al 2022.
Perdono fatturati i canali dei “liberi servizi” (4,4%) e del dettaglio tradizionale (6,7%). Gli acquisti di generi alimentari e bevande attraverso i canali digitali, pur mantenendo il peso del 2,4% sulla spesa di tutti i canali distributivi, hanno segnato una battuta d’arresto piuttosto evidente negli ultimi due anni, con un 5,1% rispetto al 2023, che segue il 4,3% del 2023 sul 2022.
Tra le famiglie acquirenti, l’atteggiamento di fronte agli scaffali della distribuzione si conferma differente. Ancora una volta sono i nuclei familiari formati dai più giovani (prefamily) quelli a fare le maggiori rinunce, con un carrello che si alleggerisce in volume permettendo un contenimento della spesa del 5,2%.
Le famiglie con bambini non sempre riescono a contenere la spesa sui livelli dell’anno precedente: infatti c’è un incremento dello 0,3% per quelle con bimbi piccoli e del 1,3% per quelle con figli adolescenti. In entrambi i casi, comunque, i volumi nel carrello non subiscono contrazioni: questa tipologia di famiglie lavora piuttosto sul cambio di mix e, quando necessario, sul downgrading dei prodotti.
Le famiglie con figli maggiorenni (established e post family) contengono la spesa complessiva (rispettivamente 2,2% e 0,5%), mantenendo stabili i volumi.
Continua ad aumentare la spesa per i nuclei familiari più maturi (older couples +1,3% e older singles +3,3%): per questi ultimi, si registra anche un incremento dei volumi nel carrello e nel 2023 era la categoria che aveva affrontato un incremento della spesa alimentare di gran lunga superiore alla media (+14%).
Le famiglie si sono mediamente recate in un punto vendita per acquisto di generi alimentari 13 volte in un mese (con una frequenza che varia dalle 17 volte della coppia di anziani alle 10 volte delle prefamily). Sempre più frequente il ricorso a prodotti in promozione: ne hanno approfittato almeno una volta quasi tutte le famiglie (85,5% +0,6% rispetto al 2023).
Come cambia la composizione del carrello
La spesa alimentare complessiva nei primi 9 mesi del 2024 si conferma sostanzialmente analoga a quella dello scorso anno, sebbene i diversi comparti contribuiscano in maniera differenziata sia per segno sia per intensità. Si evidenziano dopo mesi di continua crescita contrazioni di spesa per tutti i comparti afferenti ai prodotti proteici di origine animale: dalle carni (2,4%) ai lattiero-caseari (1,7%) fino ai salumi (0,5%) e agli ittici (0,2%); solo le uova fanno eccezione (+1,3%), mentre cresce ancora la spesa per ortofrutticoli (+1,1% gli ortaggi e +3,3% la frutta). Gli oli vegetali confermano il +18% e le bevande analcoliche +1,6%. In discreta tenuta la spesa per i derivati dei cereali (0,2%), sostenuta dalle categorie di “pane e sostituti” (+1,7%), e quella delle “pizze pronte” (+1,3%), ma non dalla pasta secca (6,1%). Stabile la spesa per l’aggregato “vini e spumanti”.
Nella ripartizione in valore dei vari comparti sullo scontrino, si rileva rispetto allo scorso anno un incremento per il comparto “bevande” (intese come aggregato di analcoliche, alcoliche e vini), che passa dal 10% all’11,5%, e per quello degli ortofrutticoli, che passa da 18,4% a 19,3%. Perdono quote di share sia il comparto dei lattiero-caseari, che passa dal 14,4% al 13,7%, che quello delle carni, che da 11,2% arriva a pesare il 10,3%. Il comparto dei derivati dei cereali pesa sullo scontrino per il 14,5% nel 2024, perdendo un punto valore (era 15,5% il suo peso ad inizio 2023).
Carni fresche, uova e salumi
Una maggiore sensibilità agli aspetti etici e ambientali e una disponibilità economica che, seppur in lieve miglioramento, costringe ancora molti consumatori ad essere parchi nelle spese, non hanno giovato al comparto delle carni, che nel 2024 continua a soffrire una disaffezione dei consumatori. Flettono i volumi di tutte le tipologie eccetto le avicole, che sono anche le uniche per cui non aumentano i prezzi. Il tentativo di contenere la spesa per il segmento delle carni, contraendo in maniera importante i volumi, risulta efficace malgrado l’ennesimo aumento dei prezzi medi che interessa quasi tutti i prodotti. Nello specifico, per le carni bovine la spesa si riduce del 2,2% a fronte di una contrazione dei volumi del 3,3% (prezzi medi +1,1% vs 2023). Per le carni suine la spesa si riduce dell’1,8%, a fronte di una contrazione dei volumi del 3,9%. Per l’avicolo la situazione è leggermente differente: una produzione abbondante ha infatti “favorito” un ridimensionamento dei prezzi (4,3%) e un recupero dei volumi (+1,9%) a scapito delle altre carni.
Fonte: Ismea, ismea.it
Consumi Report n. 3/2024
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