La Romagnola ha origini antichissime poiché discende dal Bos Taurus macroceros — l’uro dalle grandi corna —, un bovino che ebbe la sua culla nelle steppe dell’Europa centro-orientale, poi originando razze simili per costituzione, mantello, forma della testa e altre caratteristiche. Nel IV secolo d.C. le invasioni gotiche lo portarono in Italia al loro seguito e una parte di questi animali si diffuse nelle attuali terre di Romagna, fertili e produttive, dove c’era bisogno di “mezzi” da lavoro. Per secoli, infatti, l’attitudine principale della Romagnola, bovino forte e tenace, con un anteriore ben sviluppato, struttura solida, arti brevi e robusti, fu di essere funzionale all’agricoltura. La meccanizzazione e l’evoluzione delle tecniche colturali fecero sì, a fine XVIII secolo, che la razza subisse una selezione più indirizzata alla produzione di carne, attitudine incrementata nel tempo e resa elettiva nel bovino Romagnolo attuale. Cominciò allora l’attività di selezione, operazione che nell’800 trasformò questi bovini in eccellenti animali a duplice attitudine, da carne e da lavoro.
Un sostanziale impulso all’evoluzione verso il moderno bovino Romagnolo arrivò a metà secolo con la costituzione di un importante nucleo di miglioramento e selezione presso l’azienda Torlonia di San Mauro Pascoli (FC), grazie alla ricerca dell’ingegner Leopoldo Tosi, che permise alla razza enormi progressi in breve tempo e importanti affermazioni in Italia e all’estero. Ad esempio, alla mostra di Parigi nel 1900 la Romagnola venne premiata insieme alla Hereford come miglior razza da carne.
Dall’azienda Torlonia si irradiarono in seguito nel territorio numerosi riproduttori, tra i quali i campioni Medoro ed Eros, che fissarono nella Romagnola la tipologia del bovino da carne. Medoro nacque nel 1920, poi fu acquistato e trasferito a Gambellara, vicino a Ravenna, impiegato come riproduttore per 13 anni, segnando un cambiamento definitivo nella struttura base della Romagnola e orientandola verso un tipo moderno in cui la forza, la muscolatura e la robustezza divennero le caratteristiche principali. I discendenti furono numerosi e molti divennero famosi nel comparto zootecnico: Edo, Cesare, Glauco, Ergum, Bolero, Inverno, Astro e Niccolò.
Alla vigilia della seconda guerra mondiale la Romagnola raggiunse il suo massimo splendore. La popolazione contava già 700.000 capi, indiscutibilmente la razza da carne più forte d’Italia. Le esposizioni di Romagnola divennero molto popolari, con un numero di partecipanti in crescita costante, fino a raggiungere 1.300 capi nelle piazze di mercato di San Pietro in Vincoli e Lugo di Romagna. Dopo la guerra rimasero 550.000 capi. L’area di distribuzione era ampia, dalle Marche all’Emilia-Romagna fino al Veneto. I mercati del bestiame erano ricchi di esemplari di alta qualità e gli acquirenti arrivavano da tutta la Penisola.
Dopo questo periodo di gloria, una serie di fattori, tra cui la meccanizzazione dell’agricoltura, la fine della mezzadria, l’espansione della frutticoltura intensiva e la progressiva riduzione della redditività dell’allevamento bovino, causarono una costante ma drastica riduzione della popolazione della razza, che passò dai 550.000 capi del 1953 ai soli 15.000 attuali.
I bovini allevati nelle zone montane, che rappresentano il limite meridionale dell’area originaria della razza, hanno sempre sofferto condizioni meno favorevoli. La Romagnola di montagna è quindi un animale estremamente resistente, ma di dimensioni più piccole e con una muscolatura meno sviluppata rispetto ai capi allevati in pianura.
Oggi la gran parte delle Romagnole resiste nelle zone collinari, dove sono in corso sforzi costanti per migliorare la qualità del bestiame.
Massimiliano Rella
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