Gerald, come sei arrivato alle tue Chianine?
«È stato molto difficile, perché nessun allevatore della Val di Chiana voleva vendermele. Ho provato una prima volta, ma sono dovuto tornare a casa a mani vuote. Avrei voluto una vacca incinta, però nessuno era disposto a darmela. Inoltre, le Chianine allevate in quelle zone, in quelle grandi aziende dove sono abituate allo stato brado, mi sembravano animali troppo focosi per il mio piccolo allevamento. Per fortuna, quando nel 2006 sono tornato a Bibbiena, vicino ad Arezzo, ho potuto avere contatti con aziende più piccole e simili alla mia e alla fine sono riuscito a comperare 4 femmine e 1 maschio e a portarmele in Austria».
A Dobl avevi già altri capi?
«Sì, avevo una ventina di Simmental, che è la razza più diffusa da queste parti». Infatti nell’allevamento ce ne sono ancora; la Simmental austriaca appartiene al gruppo di razze Pezzate rosse derivate Simmental. Anch’essa è stata ottenuta, verso il 1830, incrociando una razza locale, la Bergschek, con la Simmental svizzera e con quella tedesca, a riprova del fatto che gli Austriaci, evidentemente, sono molto interessati anche a quello che succede all’esterno del loro territorio. Oggi la Simmental austriaca costituisce circa l’80% del bestiame bovino austriaco, ma è forse più apprezzata per la produzione del latte che non per le carni. Da qui, anche, la decisione di Gerald di rivolgersi alla Chianina, che è esclusivamente razza da carne.
Speri di arrivare commercialmente a coprire quel settore di nicchia che al momento, dalle tue parti, pare scoperto?
«Sì. Con le mie attuali 28 Chianine, tra cui ci sono anche 3 tori e 5 vitelli, vorrei raggiungere il numero di circa 40-50 capi per poi iniziare la vendita della carne. Il mio obiettivo sono i ristoranti con una clientela un po’ esigente».
Bisognerà aspettare ancora un po’, perché la Chianina raggiunge la maturità per la macellazione a pesi vivi molto elevati, che costringe a tempi di ingrasso più lunghi di quelli di altre razze da carne. Ma, secondo noi, Gerald riuscirà certamente nell’impresa, già così bene avviata come si vede dalla sua trentina di capi — che pascolano senza il minimo stress vicino a casa e vicino ai box con mangiatoia dove si può completare l’allevamento ideale, che è quello “legato” — belli nel loro mantello bianco porcellana, con la loro gigantesca mole che non si sminuisce neppure di fianco a quella della maestosa ex-caserma. D’altra parte, è la razza bovina più grande al mondo!
Per quanto riguarda l’adattabilità va poi ricordato che la Chianina è una razza che si adatta facilmente a diversi ambienti climatici, come dimostra il fatto che — pur essendo una razza autoctona dell’Italia centrale (soprattutto Toscana e Umbria, ma anche Romagna, nelle zone gravitanti intorno alla Val di Chiana da cui prende il nome e dove è conosciuta da più di 2000 anni) — è tra le più distribuite nel mondo. Molti soggetti sono stati esportati in Asia, Cina, Russia, Canada, Stati Uniti, Brasile ed Australia, e utilizzati sia in purezza che come incrocio su razze locali. Mancava l’Austria, ed ha provveduto Gerald Sifkovits.
Certo che mangiare queste enormi bistecche alla fiorentina prodotte integralmente in Austria dentro la “barchessa” di una fattoria locale, in mezzo ai canti a più voci in stile jodler (che un tempo veniva usato anche per richiamare il bestiame), è un’esperienza particolare, che siamo ben lieti di aver potuto vivere. Orgogliosi che ancora una volta i prodotti italiani siano così apprezzati da chi italiano non è, tanto da farne un vero e proprio oggetto di “culto”.
Nunzia Manicardi
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