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La carne in tavola

La selvaggina

di Scaglioni C.

Selvaggina è un termine generico che indica l’insieme degli animali da pelo e da penna appartenenti a svariate razze selvatiche. Cinghiali, anatre, cervi, lepri, pernici, colombacci, quaglie, caprioli, daini, beccacce, beccaccini, ecc…, fanno parte di questa vasta categoria. Specificare la labile e sottile differenza esistente fra selvaggina e cacciagione risulta quanto mai difficile. La parola selvaggina si riferisce, appunto, agli animali sopra citati vivi o morti anche cresciuti negli allevamenti purché di specie selvatica mentre, quando si parla di cacciagione, ci si riferisce a vari animali selvatici uccisi durante le battute di caccia.

Cotture, marinature e frollature
Svariati e piacevolissimi sono i sapori che si potranno percepire quando arriveranno in tavola le pietanze a base di selvaggina, sempre e solo, però, se saranno state cucinate con le dovute regole. Regole ferree, che richiedono un impegno assoluto da parte di chi avrà l’incombenza di prepararle e tutto il tempo necessario per realizzarne i vari passaggi. Il supporto fondamentale al sapore sarà poi dato dalla presenza degli aromi dell’orto impiegati durante la marinatura e la successiva cottura al fine di eliminare il fondo di selvatico che sempre caratterizza tali carni.
A parte i piccoli volatili, squisiti anche se cucinati subito, la selvaggina, sia da penna che da pelo, richiede un periodo di frollatura, allo scopo di rendere la carne più tenera per attenuarne il caratteristico odore, che può variare secondo la razza e la grossezza. A volte anche la stagione ha, in questo specifico caso, la sua influenza.
La frollatura consiste nel lasciare per alcuni giorni in luogo fresco, ventilato, non umido, la selvaggina appesa e possibilmente con la testa in giù. Mentre si è concordi nel lasciare agli animali selvatici penne o pelo durante la frollatura, vi sono pareri contrastanti per quel che riguarda le interiora. La maggior parte dei veri intenditori pensa sia corretto asportarne le viscere. Non solo: dopo averne pulito la cavità addominale, sarebbe necessario introdurre delle erbe aromatiche per iniziare, con questo primo passo, a far perdere alla carne l’odore di selvatico. Dopo la frollatura, per la selvaggina da pelo, si procede alla marinatura, che consiste nel tenere immerso l’animale per ore, a volte anche per giorni, in un composto realizzato con dell’aceto, con del vino sia bianco che rosso e tante verdure aromatiche in grado, con il loro profumo, di incominciare a mitigare ed attenuare il tipico forte sapore delle carni.

Selvaggina da pelo
Tra le specie da pelo più apprezzate in cucina vale la pena citare il capriolo, il cinghiale, la lepre, il coniglio selvatico, il cervo e il daino. Tra questi animali, quelli di grosse dimensioni vengono di norma macellati come gli ovini ed i bovini per cui i loro tagli principali sono il cosciotto, la sella, il carré. Prima della cottura, si deve sempre prevedere un periodo di frollatura più o meno lungo, necessario in particolare a rendere morbidi i tessuti e la muscolatura degli stessi spesso solidi, nervosi e compatti.

Il capriolo
Il capriolo è un ruminante che vive generalmente allo stato selvatico nelle foreste site in pianura o in terreni lievemente collinosi L’età del maschio si riconosce dal numero delle ramificazioni delle corna, mentre per la femmina si individua mediante l’esame della dentatura. Se l’animale viene macellato nel periodo considerato ottimale, ovvero tra il primo ed il terzo anno di vita, le sue carni risulteranno assai delicate e tenere. Con la macellazione i tagli vengono suddivisi come quelli del montone e dell’agnello e ne avranno anche l’identica nomenclatura. Ottimo cucinato in salmì.

Cinghiale
Il cinghiale adulto non possiede carni eccessivamente gustose. Ha una carne scura saporitissima ma di difficile digestione e di solito se ne utilizzano solo il cosciotto e la sella, a condizione che siano marinati a lungo. Molto saporito e delicato è invece il cinghialetto da latte, così definito quello ancora nel primo anno di vita ed il cui peso non supera i 25/30 chilogrammi. Ne sono soprattutto apprezzate le costolette.

Lepre
Se di primo pelo è tenera e più grassa ed il peso di un esemplare medio è di circa 2 kg. Di norma la sua carne non viene frollata ma lasciata riposare per qualche giorno. Una delle ricette più utilizzate è quella della lepre in salmì che ben si accompagna ad una buona polenta.

Coniglio
I conigli si distinguono in selvatici e di allevamento o domestici. Le carni dei primi hanno un gusto superiore rispetto ai secondi, più teneri e delicati. I conigli selvatici vengono di norma cucinati come la lepre, in salmì, in sformati o pasticci.

Cervo e daino
La carne del cervo e del daino è migliore se appartiene ad esemplari giovani; in caso contrario, è necessaria una lunga frollatura e nella cottura i vari pezzi vanno lardellati dopo essere stati a macerare a lungo con marinate a crudo.

Selvaggina da penna
Le specie di volatili selvatici da prendere in esame sono tante, per cui ho ritenuto conveniente fare una selezione, tenendo presente come, per ottenere dei buoni piatti, occorra impiegare animali di giovane età.

Allodola
L’allodola giovane costituisce un ottimo alimento dal gusto delicato. Comunque venga cucinata sarà opportuno tenerla sempre al sangue.

Anatra selvatica
L’anatra selvatica ha carni più consistenti a causa della muscolatura più sviluppata rispetto all’anatra domestica. È assai più gustosa di questa ed il modo migliore per cucinarla è per arrostimento, anche se tutte le ricette che valgono per quella domestica si possono utilizzare anche per la selvatica.

Beccacce e beccaccini
La beccaccia è un uccello migratore che vive in paludi dove viene a svernare dalla fine di settembre fino a febbraio marzo. Ha carni delicate ed è simile al beccaccino, che è solamente un poco più piccolo. Beccacce e beccaccini si cucinano nello stesso modo, tenendo presente che non vanno ripuliti e svuotati delle interiora, come del resto si usa fare con tutti i volatili di piccole dimensioni. Sarà sufficiente togliere il fiele ed il ventriglio usando un ago da cucina e sottoporli poi ad una parziale frollatura per esaltare al massimo l’aroma ed il gusto delle carni (che avrete l’ulteriore accortezza, quando si cucineranno, di avvolgere in sottili fette di lardo).

Beccafichi e ortolani
Sono piccoli volatili molto gustosi se cotti arrosto o, ancora meglio, allo spiedo con fuoco vivo possibilmente a legna.

Fagiano
Il fagiano è originario dell’Asia meridionale, della Cina e del Giappone. Da tempo esistono in Europa diverse varietà e sono quelle che arrivano sulle nostre mense. Il fagiano di bosco o di montagna è più gustoso di quello di pianura. Le sue carni sono delicate, saporite e nutrienti, specie se il volatile è stato cacciato tra novembre-dicembre, ma si trova in commercio anche un ottimo prodotto di allevamento a cui fare ricorso. Il fagiano comune di pianura o di montagna ha colore rossastro dalle lunghe penne caudali. In cucina richiede una frollatura breve perché l’aroma ed il gusto delle sue carni abbiano a svilupparsi con completezza. Quando si procede alla sua cottura, specie per arrostimento, è bene fare una bardatura con sottili fettine di lardo per renderlo più morbido.

Gallinella d’acqua
Si trova raramente nei nostri mercati ma, nel caso la si acquistasse, si seguono le ricette della pernice.

Gallo di montagna
Il gallo di montagna si trova in quasi tutte le regioni montuose d’Europa. Le sue carni sono lievemente aromatiche e bianche quando l’animale è ancora giovane mentre risultano scure quando ha superato i 10-15 mesi d’età. Si cucina arrosto dopo averne bardate le carni con lardo o pancetta e si serve con accompagnamento di gelatina di ribes.

Pavoncelle e pivieri
Le pavoncelle ed i pivieri vivono in gruppi nei pressi delle marcite o lungo i fiumi. Tali volatili non vengono generalmente svuotati delle interiora come avviene per le beccacce. Si consiglia di cuocerli per arrostimento, bardandoli con fettine di lardo.

Pernice
Ha una carne molto delicata e nutriente. Viene considerata un capo di selvaggina pregiato. In Europa se ne trovano di due varietà: la grigia, la più comune, e la rossa (bartavelle in lingua francese). Il periodo della caccia alla pernice si apre ai primi di agosto e le carni dell’animale adulto (di circa un anno) sono generalmente asciutte e dure per cui le si cucina facendole brasare in casseruola o, meglio ancora, in salmì.

Quaglia
La quaglia è un uccello migratore che in primavera e in autunno si aggrega a folti stormi di suoi consimili ed è in tali periodi che lo si caccia. I cacciatori si appostano di solito dove vengono coltivati cereali e nelle praterie dato che questo è l’habitat nel quale la quaglia nidifica. Uno dei problemi legati a tale selvaggina è che sta diventando sempre più rara. Esistono sul mercato quaglie di allevamento che mancano però delle qualità principali degli esemplari selvatici, cioè di quel sapore particolare che li caratterizza. Come regola non vanno frollate ma si consumano appena cacciate.

Starna
La starna vive in tutte le foreste d’Europa e la si riconosce per il corpo tozzo ed il piccolo becco leggermente ricurvo. La sua carne è bianca, molto aromatica e gustosa, specie se si tratta di animali giovani. Ideale la cottura per arrostimento o in cocotte. In questo caso la salsa più indicata per servirla viene ottenuta legandone il fondo di cottura con abbondante panna ed un poco di succo di limone: la famosa salsa Smetana o panna acida molto amata in Russia.

Tordi
Il tordo è considerato un capo di selvaggina molto ricercato perché di gusto delicato; verso settembre/ottobre è più appetibile perché grasso e ben in carne. Si trova in tutta Europa ed è maggiormente apprezzato nel periodo in cui matura l’uva di cui è golosissimo. C’è anche un tordo di montagna che ama nutrirsi, a differenza di quello di pianura, di bacche di ginepro, e le sue carni sono molto apprezzate proprio per il particolare profumo che emanano.

Clara Scaglioni



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