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A caccia di tesori: lo Stradivari dei prosciutti è il Violino di capra della Valchiavenna

di Papotti C.


Non c’è dubbio che, con l’avvicinarsi dell’estate, aumentino le occasioni di consumo dei prosciutti crudi per praticità e freschezza. Prosciutto e melone è sicuramente il grande classico delle tavole estive. Tanti sono, in Italia, i crudi che possono fregiarsi dei riconoscimenti di tutela dell’Unione Europea: San Daniele, Parma, Cuneo, Veneto Berico Euganeo, Modena, Toscano, Carpegna, Jambon de Bosses, Norcia. Ma, oltre ai prosciutti che vantano la DOP o l’IGP, c’è una varietà di piccole produzioni che faticano a sopravvivere nel mondo delle certificazioni. Una di queste, in particolare, è quasi introvabile ed è tutelata da Slow Food che gli ha concesso il Presidio: il Violino di capra della Valchiavenna.
Lusso per pochi, il Violino ha assunto la denominazione con la quale è oggi noto in seguito alla consuetudine di appoggiare il prosciutto alla spalla, sostenendolo col braccio teso e muovendo il coltello a mo’ di archetto per l’affettatura. Assaggiarlo è sia un privilegio che una fortuna.
Siamo in Provincia di Sondrio, in una zona definita “Alta Valchiavenna”, nel cuore delle Alpi, un tempo crocevia di viaggiatori che transitavano per l’Italia da Germania, Austria e Svizzera. La morfologia della valle, caratterizzata da versanti dirupati, hanno storicamente favorito l’allevamento caprino basato sul pascolo estensivo in alta quota.
L’altitudine influenza positivamente le caratteristiche delle carni, che presentano uno scarso tenore di acqua e di lipidi, oltre ad una tessitura compatta per l’intenso esercizio muscolare degli animali. Anche le erbe spontanee di cui si nutrono i capi al pascolo, ricche di sostanze antiossidanti e principi medicamentosi, contribuiscono al benessere delle capre e influenzano positivamente il loro metabolismo lipidico.
L’alimentazione a base di piante selvatiche, integrata con farina gialla e crusca, ha un ruolo determinante nella definizione del sapore dei violini, oltre alle tecniche di produzione che sono rimaste immutate nel tempo.
La storia della lavorazione e della salagione delle carni si perde nella notte dei tempi, ma si contano sulle dita di una mano gli artigiani che lavorano questo prosciutto secondo le regole tradizionali. Questa rarità gastronomica prende forma da spalla e coscia. Le carni, dopo essere state accuratamente rifilate, vengono lasciate macerare con spezie e aromi naturali (tra cui chiodi di garofano, alloro, coriandolo, bacche di ginepro, pepe, rosmarino, timo…) per circa due settimane. Al termine della salagione si passa all’affumicatura, che avviene mettendo a contatto i violini con il fumo generato dalla combustione a bassa temperatura di ginepro verde, pino, larice e abete. La pezzatura è ridotta: dai due chilogrammi circa per la spalletta anteriore ai tre chilogrammi e mezzo della coscia posteriore. I più saporiti e profumati sono quelli stagionati più a lungo, lentamente e in modo naturale, in cantine areate prive di condizionamenti forzati.
Il prosciutto in Valchiavenna anticamente si stagionava nei “crotti”, strutture tipiche di quest’area ricavate nella roccia, utilizzate non solo per affinare salumi e formaggi, ma anche come locali dove incontrarsi con gli amici.
Il sapore di questo salume è davvero unico, intenso e selvatico. Si percepisce il mix di spezie così come si avvertono i sentori minerali riconducibili all’affumicatura. Al fine di apprezzarlo e goderne pienamente, si consuma da solo, a fettine, o al massimo accompagnato dal pane. La tradizione vuole che il violino passi di mano in mano e che ogni commensale affetti la propria porzione.
I produttori facenti parte del Presidio sono pochissimi, tra questi trova spazio MA! Officina Gastronomica1 di Morbegno (SO), un piccolo laboratorio di montagna che ha in sé un grande amore per la natura e il territorio. Il salumificio è noto soprattutto per la produzione di bresaole e si distingue per la cura e la passione che guida i giovani talenti che vi lavorano. Da Ma! la sostenibilità è uno stile di vita, è rispetto e riconoscenza per ciò che si può cogliere dalla terra. Il violino viene preparato rispettando il disciplinare che lo tutela, nel rispetto delle antiche tecniche tradizionali e degli animali della zona allevati allo stato semi-brado. La stagionatura, grazie al clima montano, è lenta e delicata e la produzione limitata a pochi pezzi.
Nel cuore del centro storico di Chiavenna, accanto al Castello, anche i fratelli Aldo ed Enrico Del Curto2 portano avanti una centenaria tradizione di famiglia producendo nella loro macelleria alcuni salumi tipici, tra cui appunto il violino. Di colore rosso scuro, quasi bruno, il prosciutto di capra dei fratelli Del Curto è una vera esperienza: l’aspetto è molto asciutto, tenace, ma al morso è morbido e pastoso. Al palato è un’esplosione di carne ovina, persistente e pungente, con un bel sentore animale reso ancora più gustoso dal sale e dal fumo. Eccellenti qui sono anche la bresaola ottenuta dalla sottofesa bovina e i salamini, chiamati affettuosamente “bastardèi”. Il tutto viene prodotto direttamente seguendo la maestria e la sapienza tramandata dal 1890.
Orgoglio della norcineria nazionale, il violino della Valchiavenna conquista le papille gustative di coloro che hanno la possibilità di degustarlo. Per la sua rarità e per la lavorazione laboriosa, non immune da inconvenienti, è un salume da destinare alle grandi occasioni. Per questo motivo il referente di Slow Food invita a non puntare troppo su questo prodotto. Che resta meravigliosamente unico, ma è giusto che resti lì dov’è, a casa sua, senza il peso di inutili ansie commerciali.


Chiara Papotti



Note
1 maofficinagastronomica.com/officina-ma
2 ma_officina_gastronomica
3 macelleria_del_curto_



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