Friggere è un’arte di cui la città di Napoli è unanimemente riconosciuta caposcuola. È difficile quindi, per non dire impossibile, selezionare alcuni fritti partenopei scartandone altri perché in realtà tutto a Napoli può essere (e viene) fritto, compresa la pizza, e fritto nel migliore e più gustoso dei modi facendo della città, a livello mondiale, anche una delle regine dello street food, il nostrano “cibo da strada”. Volendo però tentare di redigere una sorta di elenco dei fritti almeno fra i più conosciuti anche al di fuori della città, osiamo avventurarci a segnalare i seguenti, chiedendo fin d’ora venia se ne abbiamo tralasciati alcuni considerabili come altrettanto interessanti.
Partiamo proprio, non per ordine di importanza ma seguendo l’estro del momento, dalla appena nominata pizza fritta, che si realizza col classico impasto della pizza, farcendo un disco di questa pasta lievitata con ricotta, cicoli (o salame) e mozzarella (fiordilatte o misto bufala), e chiudendolo in una forma a mezzaluna che si gonfia molto quando viene fritta in olio bollente. Allo stesso modo si può preparare il calzone fritto, con pomodoro e mozzarella.
Più piccole sono le pizzelle fritte (o montanare, montanarine) che conservano invece la forma rotonda della pizza e, a differenza delle pizzette cotte al forno, vengono condite ma soltanto dopo essere state fritte, con sugo di pomodoro, parmigiano o pecorino romano e basilico fresco.
Rimanendo nell’ambito della pasta troviamo le zeppoline di pasta cresciuta. Queste frittelline che sembrano palline dalla forma irregolare si preparano in cinque minuti grazie alla pastella di farina, acqua e lievito particolarmente molle e idratata (“cresciuta”). La si preleva a cucchiaiate che vengono fatte scivolare direttamente nell’olio bollente, dove si gonfiano immediatamente.
I crocchè sono crocchette dalla forma cilindrica e dal cuore filante, a base di patate bollite e schiacciate, uovo, formaggio grattugiato, prezzemolo, sale e pepe, che prima di essere fritte vengono passate nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato.
Anche gli sciurilli, i fiori di zucca, sono prima pastellati e poi fritti. Per la loro forma con apertura superiore sono adatti anche ad essere farciti, con ricotta o fiordilatte. In tal caso si chiamano sciurilli ‘mbuttunati.
Gli scagliuozzoli sono triangolini di polenta fritta molto gustosi anche perché salati in superficie e pepati. L’ingrediente, unico, è la farina di mais, meglio se “fioretto”, perché fornisce una macinatura a grana fine. Si possono arricchire a piacere con dadini di pancetta affumicata o ciccioli di maiale, prezzemolo, pecorino o parmigiano. Anticamente, friggendo due di questi triangolini sovrapposti, si ottenevano i libretti.
Le palle di riso (“a pall’ e ris”) sono una rivisitazione degli arancini siciliani rispetto ai quali sono più rotonde e più piccole. Si riempiono con ragù, piselli e mozzarella. Le melanzane alla pullastiello sono fettine di melanzane fritte due volte. Tra una frittura e l’altra si farciscono con salame, provola e basilico. Rispetto alle semplici melanzane indorate e fritte diventano quindi non solo più croccanti ma anche con quel cuore filante che piace tanto ai napoletani e non solo a loro. Devono probabilmente il nome al ristorante ‘O Pullastiello in cui veniva servito un pollastrello farcito in modo più o meno simile.
Si friggono, ma soltanto una volta e senza farcitura, al naturale o impastellati, anche altre verdure e ortaggi scelti a seconda della stagione: zucchini, carciofi, peperoni… Inoltre, si friggono impanati i latticini come ricotta, provola affumicata e, soprattutto, mozzarelline e si friggono pure le frattaglie (cervello, animelle, fegato). Ma a Napoli si può davvero impanare e friggere di tutto, anche la frutta (fettine di arancia e mela).
Quasi tutte le preparazioni appena descritte, oltre ad essere mangiate singolarmente, vanno a formare il famosissimo cuoppo, che letteralmente indica il cartoccio a forma di cono, di carta gialla o marrone, adatta ad assorbire l’unto, che si degusta passeggiando per strada. Questo insieme costituisce il Fritto misto di terra. Analogamente, sempre per il cuoppo, si prepara il Fritto misto di mare, con alici, triglie, calamari.
Con gli avanzi della tavola, ma per lo più cucinate a parte appositamente per questa ricetta, si preparano le frittatine di pasta con besciamella, provola, prosciutto, piselli e pepe, ma anche ragù o funghi e pangrattato prima di friggere.
Impossibile non citare la mozzarella in carrozza. Questo fagottino di forma quadrata o tagliato a triangolo si prepara con fette di pane in cassetta o raffermo, mozzarella e una leggera impanatura. Si frigge in olio bollente fino a raggiungere consistenza croccante all’esterno e cuore filante all’interno.
Davvero impossibile, prima di concludere, è non ricordare almeno il più importante dolce fritto napoletano: la graffa, una sofficissima ciambella “monodose” (anche se… extralarge!) resa ancor più soffice dall’impiego della patata all’interno dell’impasto e passata nello zucchero quando è ancora calda.
Ora non resta che recarsi a Napoli e verificare di persona tutte queste ricette e le tante altre ancora che l’illimitata fantasia della città e dei suoi abitanti ha creato ed elaborato nel corso dei secoli e, probabilmente, anche dei millenni.
Nunzia Manicardi
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