Abbazia di Novacella
Sono tre le novità che abbiamo assaggiato all’Abbazia di Novacella, in Alto Adige, la seconda cantina più antica d’Italia. La prima etichetta è il Perlae, spumante Metodo Classico della linea Insolitus, un pas dosé (dosaggio zero, 1,4 g/l di residuo zuccherino) alla sua seconda sboccatura, 36 mesi di affinamento sui lieviti, da uve Sylvaner: elegante, dal perlage finissimo, una raffinata bollicina di appena 2.500 bottiglie che dal prossimo anno cambierà nome e diventerà lo spumante ufficiale dell’Abbazia di Novacella (5.000 bottiglie previste).
Il secondo vino è l’Alto Adige Valle Isarco DOC Sylvaner Stiftsgarten 2019, della linea Prepotitus, che identifica un vigneto d’alta qualità, di 2.000 m2, piantato nel ‘72 dietro l’abbazia e da cui si ottengono 1.100 bottiglie di questo bianco interessante che matura in barrique per 24 mesi e fa la fermentazione malolattica, un processo successivo alla fermentazione alcolica e che trasforma l’acido malico in acido lattico, col risultato enologico di ridurre l’acidità e potenziare i profumi. A differenza del Sylvaner “classico”, si tratta di un bianco che non gioca sulle note di frutta e sulla freschezza tipiche del vitigno, ma su uno stile più francesizzante, in cui le note di legno risultano più evidenti mentre il fruttato viaggia in tono minore. Potenziale di longevità: un ventennio.
Il terzo è l’Alto Adige DOC Pinot Nero Riserva “Vigna Oberhof” 2019, ottenuto da uve coltivate in un vigneto di 20 ettari, ad Appiano (BZ), 8 dei quali a Pinot nero. Qui è stata individuata una vigna di alta qualità di 4.000 m2, leggermente esposta a nord e ben ventilata, a 450 metri slm. Sono appena 1.600 bottiglie, in commercio dal 2023: un rosso elegante, morbido, di personalità.
L’Abbazia di Novacella, fondata nel 1142, era un tempo un ospizio per i pellegrini. Nella struttura del convento si ritrovano elementi architettonici di epoche diverse, boschi, prati, terreni coltivati a frutta e vigne. La sua economia conta oggi per la maggior parte sulla produzione di vino e le visite turistiche, le degustazioni e la vendita. Produce, inoltre, tisane alle erbe di montagna e dell’orto, succhi di mela, liquori, grappe e amari (da pigne e germogli di pino mugo). In Abbazia è presente una scuola pubblica in lingua tedesca per 90 studenti, con collegio privato obbligatorio, campi di calcio, basket, palestra, una sorta di “campus” in una struttura medievale.
L’abbazia vanta, dicevamo, una tra le più antiche cantine attive al mondo e con le vigne più settentrionali d’Italia, dal fondovalle (600 metri slm) a 900 metri slm. Tra i vitigni troviamo varietà caratteristiche dell’area tedesca e alsaziana, adatte ai climi freddi, il Kerner, il Sylvaner, il Riesling, il Grüner Veltliner.
Con la secolarizzazione dell’800, l’Abbazia di Novacella perse parte dei vigneti, ma mantiene tuttora una rete di fornitori di uve, per un totale di 90 ettari.
Produce vini dal 1142 ed è la seconda cantina più antica d’Italia dopo il Castello di Brolio, che fu fondato un anno prima, nel 1141. All’epoca, però, faceva vino da messa.
Pacherhof
Tra le novità di Cantina Pacherhof, sulle colline di Varna (BZ), troviamo un Riesling, il Vigna Vecchia 2022, un bianco al momento giovane ma con buone premesse e un bel potenziale di longevità, note appena accennate di idrocarburi, tipici del vitigno sul lungo affinamento (e ci torneremo sicuramente tra qualche anno per verificarne l’evoluzione). Nel frattempo attendiamo anche un Metodo Classico, questo tra qualche mese, da un blend di Pinot nero, Pinot bianco e Chardonnay, coltivati in un vigneto a 1.000 metri slm.
La cantina, d’altra parte, è nota per i suoi bianchi, di cui suggeriamo: il Grüner Veltliner Alto Adige Valle Isarco Doc, naso leggermente speziato di pepe bianco, al palato fresco e beverino, e il Sylvaner, dalle note di frutta tropicale, ananas, banana e pesca gialla.
Pacherhof è una cantina interessante anche sotto il profilo dell’architettura, uno spazio storico e moderno in cui l’antico e il contemporaneo si incontrano in un equilibrio originale, senza mai toccarsi. Letteralmente, in effetti, poiché secondo una legge provinciale dell’Alto Adige, a tutela dell’integrità dei monumenti protetti — nello specifico un maso del XI secolo —, gli interventi di architettura moderna fatti in queste strutture di pregio storico-culturale devono essere ben distinti e mai toccare fisicamente le parti “sensibili”. Così il vecchio e il nuovo sono vicini e mai a contatto, separati da piccole intercapedini, vuoti riempiti di scaglie di pietre locali, da piccoli supporti che tengono a distanza, di centimetri, di millimetri, anche un cavo elettrico dal muro; insomma, tutto al minimo dettaglio.
La famiglia Huber, che possiede il maso per linea diretta da oltre due secoli (quando Maria Pacher sposò Josef Huber), nel 1849 introdusse la vite. Oggi la struttura è gestita dai discendenti Andreas Huber, per il vigneto e la cantina, la sorella Monika e il marito Michael Laimer, per l’accoglienza, ovvero il ristorante/maso di cucina altoatesina e un albergo da poco rinnovato con criteri di sostenibilità ambientale e che è inserito nel circuito dei Vinum Hotels altoatesini (www.vinumhotels.com).
Compito principale di Andreas è di preservare le peculiarità del terroir e di vitigni che qui hanno trovato un ambiente ideale, tutti a bacca bianca: Kerner, Grüner Veltliner, Gewürtztraminer, Sauvignon Blanc, Sylvaner, Pinot grigio, Riesling e Müller Thurgau.
Le vigne, 8 ettari in più corpi, si trovano tra i 620 e gli 800 metri slm su terreni poveri e molto minerali, sottoposti a forte escursione termica, condizione che favorisce l’acidità. Il Kerner, in particolare, è un incrocio di Riesling e Schiava sviluppato in Germania e introdotto in Alto Adige dal padre di Andreas e Monika nel ‘73. Iniziò la coltivazione con 300 viti. Oggi la varietà è preminente in Valle Isarco e per la cantina rappresenta un terzo della produzione, che si aggira complessivamente sulle 140.000 bottiglie l’anno.
Massimiliano Rella
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