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Scarpon, dalla pianta al vasetto

di Bison G. O.


Nel pittoresco borgo di Arquà Petrarca (PD), l’azienda agricola Scarpon è una delle realtà più affermate nel settore dei trasformati agroalimentari artigianali tipici della zona. Fondata nei primi anni ‘90 dai genitori di Alberto e Alessandro Callegaro, l’attività ha saputo crescere ed adattarsi ai tempi, mantenendo intatta la passione e il rispetto per le tradizioni locali.

L’idea iniziale era semplice ma vincente: trasformare i frutti e le erbe spontanee del territorio in prodotti di qualità. Franca Girotto aveva ereditato la passione per le conserve dalla nonna materna e si occupava principalmente della parte artigianale, mentre Giancarlo Callegaro, pur non essendo agricoltore di professione, disponeva dei terreni. Scarpon è il soprannome di famiglia, che, come tradizione di queste parti, veniva attribuito ai diversi nuclei parentali.

Nel 2013, Alberto e Alessandro hanno preso le redini dell’azienda, portando con sé non solo l’esperienza accumulata negli anni, ma anche un forte desiderio di innovazione. «Eravamo già molto coinvolti nell’attività di famiglia, soprattutto nei periodi di raccolta e nella vendita diretta», racconta Alberto. «Quando siamo subentrati, abbiamo cominciato a diversificare e ad ampliare quest’ultima, portando i nostri prodotti in gastronomie, enoteche e ristoranti. Adesso come adesso, e così da qualche anno, la ricerca e la qualità delle materie prime vegetali e animali e l’artigianalità unica dei trasformati è il nostro tratto distintivo in un settore dove, a volte, anche piccolo è bello oltre che adeguatamente redditizio.

Non vendiamo nulla di fresco se non a qualche cliente e solo le rimanenze perché, normalmente, lavoriamo tutto il raccolto, innanzitutto la prima scelta di frutta e verdura, che poi andiamo a trasformare. E non acquistiamo nulla da altri fornitori: lavoriamo quanto coltivato da noi o erbe e frutta spontanee, per raccogliere le quali abbiamo un permesso specifico dell’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei. Tutto ciò garantisce la miglior qualità e la tracciabilità piena del prodotto, dalla pianta al vasetto».

I due fratelli hanno cercato di portare avanti innanzitutto la tradizione dei nonni che raccoglievano e facevano di tutto con le erbe spontanee tipo tarassaco, rosole, carletti o sciopettini (Silene Vulgaris), bruscandoli (luppolo selvatico), cipolle selvatiche, asparagine e aglio delle vigne. Poi, col tempo, hanno ampliato e diversificato le coltivazioni aziendali: carciofini, corbezzolo, sambuco, fichi d’india e asparago Montina, antichissima varietà recuperata dalla specie selvatica che era stata abbandonata perché poco produttiva e con tanto scarto in fase di lavorazione. Coltivano soprattutto il lanterna che è dolce e piccolino, zucchine, scalogni, ecc…

«Abbiamo anche 400 piante di ulivo — sottolinea Alessandro— varietà classiche come Leccino e Rasara. Le olive le conferiamo al frantoio locale Evo del Borgo, dal quale otteniamo il nostro olio. Inoltre, da un po’ di anni abbiamo iniziato a produrre il miele dalle nostre arnie. Non troppe cose: un millefiori e poi ci concentriamo sul miele ai fiori del giuggiolo che è raro se non inesistente in Italia e di solito si trova in Yemen o Azerbaigian ed è considerato tra i più pregiati».


In brodo di giuggiole

La giuggiola è il loro biglietto da visita. «Non pensavamo ci fosse un mondo così vario dietro. Innanzitutto abbiamo sviluppato il giuggioleto, che vanta diverse piante plurisecolari — ricorda Alberto — immaginando di conferire il nostro liquore alla clientela dell’entroterra. Poi, però, hanno iniziato ad usarlo in pasticceria, forni, ristoranti. Spesso i prodotti a base di giuggiole ci servono per acquisire clientela alla quale poi forniamo tutta la nostra gamma. È una varietà di frutta di origine asiatica e siriana e molto usata in Cina, dove è una componente della medicina tradizionale da oltre 4.000 anni. Ora come ora non abbiamo ancora una raccolta adeguata a soddisfare tutta la domanda».

Le prime prove per il cosiddetto “Brodo di Giuggiole” le hanno fatte nel 2000. È un liquore prodotto con un mix di frutta: giuggiole soprattutto (ne hanno 400 piante), poi mele cotogne, melagrana (300 piante) e uva. «Stiamo continuando a piantare tante varietà di uva, autoctone per quanto possibile, tutte destinate se non al Brodo alle confetture o ai sugoli, che da noi è uso preparare con mosto e farina fiore. Proprio i sugoli sono stati un successo e abbiamo iniziato a prepararli esattamente come ci ha insegnato la nonna, usando non il mosto ma direttamente il succo dell’uva».


In campo aperto

Tutto viene coltivato in campo aperto, le serre sono utilizzate soltanto per fare le piantine. L’azienda dispone di un laboratorio dove viene lavorata la materia prima che, pur ampliato con gli anni, ad oggi risulta inadeguato. Per ovviare a questa necessità è stato acquistato un terreno distante 500 m dalla sede attuale ed lì che ne verrà costruito uno nuovo, più grande, dove integrare nuovi macchinari adatti anche per altri prodotti a base di frutta, verdura ed erbe officinali. «Uno spazio che sarà dotato anche di cucina — evidenzia  Alberto — e che, in prospettiva, potrebbe essere usato con tavoli e sedie per organizzare brunch o aperitivi coi nostri prodotti piuttosto che per serate a tema promosse con altre aziende. Inoltre, stiamo cercando di acquistare i terreni limitrofi con l’obiettivo di mantenere un corpo aziendale unico e affrontare adeguatamente le difficoltà derivate dai cinghiali che scorrazzano tra le coltivazioni distruggendole e le sfide legate alle necessità irrigue. In stagione abbiamo raccolte quotidiane a partire dalle 5:30 del mattino e il laboratorio deve essere vicino alle superfici coltivate».

Per le confetture raccolgono a piena maturazione e lavorano sottovuoto, non ad alte temperature, aggiungendo zucchero, se serve, secondo le disposizioni di legge. «Da tutta questa attenzione risulta il mantenimento di un colore vivace e la conservazione del gusto e delle proprietà nutrizionali. Sulle etichette scriviamo confettura extra perché non è ancora chiara la differenza tra confettura extra e composte. Le nostre comunque sarebbero composte perché tutte hanno un contenuto di frutta compresa tra il 70 e l’80%. Sono tante le confetture che abbiamo inventato combinando frutta, verdura ed erbe spontanee diverse. Tra queste mi piace ricordare quella a base di cachi e anice stellato piuttosto che prugne e lavanda».

E poi ci sono i sottoli, i sottaceti, la passata di pomodoro, la frutta sciroppata, i cioccolatini, le grappe aromatiche. Altro capitolo importante per i Scarpon riguarda il liquore Estregone a base di erbe officinali. «Per anni una signora ce lo ha dato nelle bottigliette da succo di frutta. Prima di morire ci ha dato una piantina di Artemisia (Asteraceae Artemisia dracunculus L.) e la ricetta. Mia madre ne faceva due litri all’anno. Tra il 2012 e il 2013 abbiamo iniziato a farne qualche litro in più per sondare il mercato. Da allora abbiamo registrato il nome Estregone e ogni anno duplichiamo le piante coltivate. Attraverso i nostri liquori abbiamo allacciato collaborazioni con diverse realtà. Tra queste, oltre a pasticcerie e gelaterie, col Caseificio Morandi di Borgoforte (caseificiomorandi.it), che produce un Pecorino affinato nell’Estregone, e col birrificio Monterosso di Montegrotto Terme (www.birrificiomonterosso.it), per la Birra alle giuggiole».

Gian Omar Bison


Azienda Agricola Scarpon

Via Fonteghe 27

35032 Arquà Petrarca (PD)

Telefono: 0429 718215

E-mail: info@scarpon.it

Web: www.scarpon.it

INST: @scarpon_arquapetrarca

INST: @brododiarquapetrarca



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