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Lo chef dell'olio

L’Olio di Comunità

di Bertucci F.


L’Abruzzo. Terra di Michetti e D’Annunzio, di Croce e Silone, nonché dell’adorato Flaiano. Perché in fondo questa regione è così. Un misto di arte, filosofia e poesia fusa a senso pratico ed ironia. Rispetto del passato con un occhio al futuro. E se, come diceva verso la fine dell’800 il compositore austriaco Gustav Mahler, “la tradizione non è il culto delle ceneri, ma la custodia del focolare…”, ebbene questo meraviglioso popolo l’ha preso seriamente in parola.

Oggi a Tocco da Casauria, territorio vocato per l’olivicoltura in provincia di Pescara. 150.000 piante di olivo tra altitudine 200 m e 400 m sul livello del mare. 70.000 alberi di varietà Toccolana, talmente autoctona che se la pianti altrove non cresce. Ed è soltanto per colpa della gelata del ‘56 che i restanti sono in maggior numero di varietà Leccino, perché all’epoca le olive e l’olio erano sostanzialmente il sostentamento delle famiglie e, una volta gelate le prime, andavano sostituite con altre che crescevano e producevano frutti più velocemente possibile e senza troppi problemi di gestione.

Come leggete è già iniziato il racconto di Stefano Di Giulio, un importante produttore locale che ha fatto del suo extravergine di qualità l’emblema del territorio. La sua Toccolana dalla connotazione di fruttato medio si apre al naso con sentori immediati di erba falciata, cardo e carciofo, che si riconfermano all’assaggio con aggiunta di una nota di mandorla. Piccante e amaro in grande equilibrio.

Riconoscimenti in guide. Premi. Ma a lui non basta. Nel 2014 partecipa a Terra Madre Salone del Gusto, entra in contatto con il mondo delle Comunità e dei Presidi Slow Food e, da lì, l’illuminazione.

Getta le basi per trasferire il suo know-how agli altri, in un contesto territoriale e agronomico che sta smarrendo identità, che col passare del tempo lascia parti di oliveto in abbandono. E sa farlo cogliendo il momento storico del ricambio generazionale. Dai nonni conservatori ai nipoti evoluti. Il momento in cui “l’abbiamo sempre fatto così…” lascia la strada al “dimmi cosa posso fare per migliorare”.

Non a caso in questa Comunità di Prodotto e anche di Territorio, ma soprattutto di UOMINI, appoggiata dal GAL Terre Pescaresi, la maggior parte degli iscritti sono piccoli giovani produttori.

La Comunità si prefigge, attraverso un rigoroso Disciplinare di produzione, di livellare in alto gli extravergine degli associati, promuovendone le azioni commerciali senza trascurare la visione futura di oleoturismo, accoglienza, assaggi in oliveto, merende, eventi. Insomma, cultura. Una Comunità vera, con visione condivisa. Non quelle che servono solo per dividere la spesa dello stand alle fiere, dove poi, però, ognuno pensa a sé.

Tutto questo impegno, appena dopo dieci anni dall’idea, dà il suo primo importante frutto. L’olio che esce con l’etichetta di Comunità riceve la menzione speciale dalla Guida agli Extravergini 2024 di Slow Food. Avanti così.

Oggi ho avuto il privilegio di assaggiarlo in oliveto. Tra le piante secolari. Alla luce di un sole che sapeva già di primavera. E, tra una confidenza ed l’altra, Stefano mi ha raccontato del progetto del Frantoio di Comunità, pregandomi di non dirlo ancora. Ma in realtà non lo sto dicendo. Lo sto scrivendo.

È già tutto fatto. Location, macchine Mori di ultimissima generazione, impegno economico e quant’altro.

Sono onorato di raccontare le storie di queste persone che mettono in campo ogni giorno se stesse a vantaggio di risultati comunitari futuri che eleveranno un luogo, dei colleghi giovani e i loro consumatori, tornando a regalare Identità.

Identità che troveremo in un’etichetta unica, con quella “T” che sa tanto di Territorio quanto di Toccolana e che garantirà l’alta qualità del contenuto, pronto a regalare piacere ed arricchire le nostre pietanze.

Grazie Stefano Di Giulio. Un esempio da seguire.



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