Mi ricorderò del 2024 come un anno complesso, dove ho dovuto mettere in discussione tanto di quello che avevo faticato, alcune caratteristiche di quella che sono in profondità. Fiaccata da frustrazioni, delusioni ed ansie, ferita e spaventata, ho scelto di sedermi, prendere fiato e analizzare alcuni modelli femminili “di successo” che avevo attorno. Donne ambiziose che conoscevo nel quotidiano, delle quali potevo conoscere e ricostruire approccio, motore, determinazione e, infine, vederne i risultati.
Non un paragone, ma una vera e propria analisi di casi studio alla ricerca di ispirazione, alla ricerca del significato intrinseco della parola ambizione e delle sue manifestazioni.
Nella mia città, Modena, è stato fondato da tre anni un Ristorante di qualità e, contemporaneamente, Impresa sociale. Si chiama Roots e la sua mission è “fornire risorse alle donne per mettere radici e prosperare”. Roots è un ristorante-scuola che prepara le donne immigrate sul territorio modenese ad entrare nel mondo del lavoro come personale di cucina e di sala. Tra un modello mascolinizzato, competitivo e cameratesco ed uno esasperatamente femmineo, tutto tacco 12 e abnegazione, trovo in Caroline Caporossi, l’inventrice di Roots, profondo conforto, ammirazione e fascinazione; una donna che è capace di mettere assieme l’idealismo più sincero con il “materialismo” del cibo cucinato.
Mantenendo un approccio pratico ma umanamente empatico, nonché una certa umiltà mediatica, l’ho vista farsi largo in mezzo alla burocrazia squisitamente italiana e concretizzare, con granitica determinazione, il progetto di Roots senza sovrastrutture o utilitarismo mascherato, mettendo insieme, in perfetto dialogo, business e mission.
Oggi però non parliamo di Roots, ma della pizza preferita di Caroline, che ha la sua radice più sanguigna nel Sud Italia ma viene da Oltreoceano. In America la “Pizza Pepperoni “è LA PIZZA. «Le nostre pizze sono grandissime, sono per la condivisione. Di ogni pizza che ordiniamo, almeno mezza pizza è sempre Pepperoni. Ho imparato che qui in Italia devo ordinare la Diavola oppure Salame piccante».
Pepperoni, più precisamente Pepperoni sausage, è un salame piccante creato e diffuso dalla comunità italoamericana di fine ‘800. L’ispirazione è chiaramente quella degli insaccati piccanti tipici del Sud a base di carne di maiale e peperoncino, pepper, appunto. Leggermente affumicato e a grana sottile, la sua produzione supera la somma di tutti i volumi di salame prodotti nell’intera Italia.
Il Vecchio Mondo tradizionalista disapprova la Pepperoni sausage ma questo non ha assolutamente inciso sulla storia d’amore degli Americani con questo condimento. Le fonti su chi sia stata la prima persona a creare questo insaccato, oppure la prima a mettere il salame piccante sulla pizza americana, sono avvolte dal mito. Si parla di una pizza “stile Colombo” ma davvero è tutto molto frammentario e sparso.
La saga Pepperoni sausage/Pepperoni Pizza mi ricorda quel genere di intuizioni simultanee a persone o a civiltà diverse, che non hanno conoscenza l’una dell’altra, che inventano/scoprono/creano in maniera indipendente qualcosa di simile. Per contrappasso parlerò presto di spianata piccante o di soppressata calabrese nei prossimi articoli: promesso!
A me la storia di Caroline, con bisnonna calabrese volata in America in cerca di fortuna, che nel 2017, senza parlare italiano, si trasferisce a Modena e in pochi anni sfida il tradizionalismo dei tortellini in brodo a colpi di Jollof Rice, avendo nostalgia di Pepperoni Pizza, mi piace davvero tanto.
La trovo una storia profondamente ispirante, di successo profondo e corale, mi piace il modello di ambizione che rappresenta Caroline anche nelle quotidiane insidie e le umane fragilità di una giovane donna in un paese straniero.
La storia di Pepperoni sausage è principalmente una storia di Nostalgia. La nostalgia condivisa, la nostalgia come sentimento generalizzato e non per qualcosa di specifico, è un grandissimo motore di solidarietà autentica.
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