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Formaggio

Londra esalta il miglior Parmigiano Reggiano

di Baverez Blanco J.


Quale sede più bella e significativa del British Museum per onorare il formaggio per eccellenza che attraversa i tempi e gli spazi? Uno dei più grandi e importanti musei della storia, fondato nel 1753 per ospitare e presentare al pubblico reperti e cimeli di tutto il mondo, colonne greche e statue egizie, è stato lo scrigno del premio dedicato ai 13 caseifici vincitori dei Palii del Parmigiano Reggiano 2024. «Dopo l’Ambasciata d’Italia a Parigi, sede della prima edizione, abbiamo scelto come palcoscenico lo splendido British Museum di Londra, la capitale del nostro quarto mercato estero, con oltre 6.500 tonnellate importate all’anno e un sell-in 2024 che ha segnato una crescita del +17% rispetto all’anno precedente» ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio. «La Dop è un prodotto sempre più internazionale, con una quota export che ha quasi raggiunto il 50%. Ma è fondamentale esportare non solo il prodotto quanto anche la cultura di prodotto ed eventi come questo rappresentano occasioni importanti per far emergere le distintività della nostra Dop, sensibilizzando i consumatori di tutto il mondo».

Durante la serata una giura internazionale composta da chef, ristoratori, giornalisti, personaggi televisivi, scrittori di cucina ed esperti del settore, ha premiato i 13 vincitori e attribuito due Menzioni speciali per il Parmigiano Reggiano con miglior struttura e per quello con miglior profilo aromatico, entrambe andate al 4 Madonne Caseificio dell’Emilia, stabilimento di Varana di Serramazzoni (MO).

In Italia, da 12 anni, nella zona d’origine della Dop, si svolgono gare annuali denominate “Palio del Parmigiano Reggiano”, in cui i campioni di prodotto inviati dai caseifici consorziati sono valutati da una giuria composta da assaggiatori certificati della APR – Associazione Assaggiatori Parmigiano Reggiano. Il 4 Madonne Caseificio dell’Emilia ne aveva vinti ben 4: GustiaMo (Modena), con la stagionatura di 40 mesi prodotta nello stabilimento di Baggiovara e quella di 24 mesi prodotta nello stabilimento di Medolla, Palio di San Petronio (Bologna) con il Parmigiano Reggiano 24 mesi prodotto nello stabilimento di Valsamoggia, e Palio Città di Casina con il prodotto stagionato 24 mesi uscito dallo stabilimento di Varana di Serramazzoni.

Proprio quest’ultimo, uscito vincitore anche a Londra, è guidato dal 2016 da una donna casara, Alessia Zini, che ha trionfato sbaragliando tutti i concorrenti. «Quella del Parmigiano è una tecnica antica che si rinnova continuamente e il premio alla nostra casara è la dimostrazione del ruolo crescente delle donne nell’industria casearia, anche in posizioni tradizionalmente ricoperte da uomini» ha commentato il presidente del 4 Madonne Caseificio dell’Emilia Andrea Nascimbeni.

Ma voi lo sapevate che senza i monaci francesi non ci sarebbe il Parmigiano Reggiano? Nel Medioevo, arrivati da Cluny, i Benedettini costruirono abbazie a ridosso di territori con acque di sorgenti, in particolare nelle zone appenniniche fresche d’estate e non troppo fredde d’inverno. Il foraggio pronto a marzo permetteva di allevare i bovini nelle grange, animali impegnati nelle grandi opere di bonifica e di dissodamento delle terre incolte. La produzione di latte era molto superiore al fabbisogno dei monaci che decisero di trasformarlo in burro e formaggio. Nell’area padana antica si producevano allora solo formaggi caprini e ovini. Furono quindi i monaci francesi ad introdurre la trasformazione del latte vaccino in formaggi di grandi dimensioni e di lunga stagionatura e conservazione, costruendo piccole casette, o caselli, dove eseguire questo procedimento.

Nel XII secolo è nato un formaggio al cui interno, ancora oggi, i lenti processi di maturazione portano alla formazione di piccoli granellini (formati di tirosina e calcio), il “grana”, poi caratterizzato come Lodigiano, Piacentino, infine Parmigiano e poi anche Reggiano. Grattugiato, libera i componenti di cui è ricco, come l’acido glutammico che esalta gli altri sapori.

Nel 1200 si riscontrano le prime testimonianze della sua commercializzazione: in un atto notarile redatto a Genova nel 1254 gli viene dato il nome di caseus parmensis (il formaggio di Parma), comprovando la sua notorietà in una città distante da quella di origine e la conseguente necessità di doverlo definire in modo chiaro ed inequivocabile.

Nel 1344, Boccaccio lo cita nel suo Decamerone, quando Maso, volendo descrivere a Calandrino le meraviglie della città di Bengodi, parla di “una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli e cuocergli in brodo di capponi”. Nel 1612 la famiglia Farnese siglò il Parmigiano come prodotto di origine parmense per difenderlo da quello lodigiano e piacentino. La produzione contemplava anche tutto il Ducato di Modena ma a causa di conflitti nel Rinascimento la parte “modenese” di questo formaggio non venne resa esplicita nel suo nome. Tuttavia, secondo il Disciplinare del Parmigiano Reggiano la zona ufficiale di produzione include le province intere di Parma, Reggio Emilia, Modena, sfiora Mantova, nella zona sulla sponda destra del Po, e Bologna, nella zona sulla sponda sinistra del fiume Reno.

Il Parmigiano Reggiano è cultura, ha detto Inigo Lambertini, ambasciatore d’Italia in UK, ma soprattutto è passione, come ha affermato Alessia Zini: «Ho avuto tanta passione, determinazione, forza di volontà e ancora passione». E con la passione si riesce a fare tutto.

Josette Baverez Blanco



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