Giacomo Mosso, 57 anni, è l’unico allevatore e trasformatore di Tinca di Ceresole d’Alba, una zona del Roero, in provincia di Cuneo sulla direttrice per Torino, tradizionalmente ricca di peschiere, cioè delle pozze, a volte dei laghetti, che in passato venivano scavati e utilizzati come riserva idrica. Tipiche dei sistemi agricoli tradizionali, sono andate in pensione con l’arrivo dei più efficienti pozzi idraulici. Le peschiere avevano una triplice funzione: permettevano di irrigare i campi anche in estate, di abbeverare il bestiame e di allevare le tinche, che erano un reddito aggiuntivo e una fonte di cibo per il consumo famigliare. Negli anni ‘40, sul mercato di Torino, ne venivano vendute circa 400 quintali…
Lentamente, però, le peschiere furono in parte abbandonate e “tappate”, finendo in disuso sia per l’allevamento ittico che per l’abbeveraggio degli animali. Molto diffuse nell’area del Pianalto di Poirino, un altopiano che abbraccia 23 comuni in tre province (Torino, Asti e Cuneo), sono concentrate soprattutto in 6 comuni: Poirino, Pralormo, Cellarengo, Valfenera, Isolabella e, unico nel Roero, il territorio di Ceresole d’Alba.
Ceresole è il paese dove Giacomo Mosso anni fa ha recuperato l’allevamento e la produzione della tinca, oggi in una superficie d’acqua misurata in 103 “giornate piemontesi”, un sistema di misura antico che, diviso per 2,6, ci rende la superficie in ettari delle peschiere ancora attive: sono 39,6 ettari d’acqua.
Ma riavvolgiamo il nastro e facciamo un salto agli anni ‘80. Allora lo spauracchio dei contadini era rappresentato da un grande progetto per realizzare una discarica di rifiuti. Nel 1987, nei campi di Ceresole d’Alba fu scavato un grande buco, ma gli agricoltori e tanti giovani del posto, tra cui Giacomo, si opposero mettendo in atto un “sabotaggio” pacifico, ad esempio facendo avanzare i trattori a passo di lumaca sulle sterrate che portavano al cantiere e costringendo i camion della discarica a estenuanti attese.
Fu realizzato anche un presidio permanente, i giovani si incatenarono davanti alla Provincia di Cuneo e misero in atto altre azioni di protesta. Il caso presto divenne politico e la battaglia durò fino al ‘94. Nel frattempo in Italia era scoppiato lo scandalo di Mani Pulite e per varie ragioni il progetto della discarica sfumò. Fu allora che Mosso cominciò a riflettere su cosa fare per valorizzare il suo territorio, un sentimento che la protesta aveva rafforzato e, per associazione naturale, pensò alla tinca e a come far fruttare le due peschiere dell’azienda agricola di famiglia che produceva cereali e farine di cereali e allevava bestiame. Così, nel 1995, partì l’avventura che lo ha portato fin qui, unico produttore e trasformatore di Tinca di Ceresole d’Alba (tra i primi 100 Presidi Slow Food) e ad avere 7 peschiere in proprio (15.000 m2 d’acqua) e una rete di peschiere in gestione.
Nel 2010 Mosso ha aperto anche un piccolo laboratorio di trasformazione con punto vendita e saletta degustazione.
La produzione di tinca oscilla tra 4 e 5 tonnellate l’anno, praticamente una nicchia di prodotto, dove il fresco (vivo, eviscerato, sfilettato) rappresenta il 70%. Il resto è tinca in carpione o affumicata a freddo. I prodotti a marchio Cascina Italia sono distribuiti in Nord Italia e in una rete di ristoranti, sia stellati (ad esempio, il Relais San Maurizio a Santo Stefano Belbo, Cuneo, Ristorante all’Enoteca di Davide Palluda a Canale, Cuneo) che osterie, come il Battaglino a Bra e Sibona a Santo Stefano Roero.
Tra i prodotti troviamo: la Tinca in carpione, che è un liquido di governo per la conservazione del pesce, ottenuto da una miscela di aceto di moscato, vino bianco, acqua, salvia, aglio, cipolle soffritte e sale. La tinca, dopo essere fritta in olio e sale (senza impanatura di farina), viene immersa nel carpione.
Un altro trasformato è la Tinca affumicata a freddo (sotto i 27 °C). I pesci di pezzatura più grande vengono sfilettati e abbattuti a –20 °C per una settimana per ragioni di salubrità e per evitare il rischio dell’Opisthorchis viverrini, un parassita del pesce. Una volta scongelate e dopo la salatura a secco le baffe di tinca sono affumicate con legno di faggio per 1 ora e mezza, infine asciugate in forno ventilato, affettate e messe sottovuoto.
Mosso produce anche la Tinca di Grace, che è il nome di sua figlia: la tinca viene affumicata con canapa di Carmagnola, che conferisce aromi leggermente erbacei.
«La Tinca è a tutti gli effetti un pesce slow — puntualizza Mosso — perché impiega 2 anni e 3 estati per raggiungere la pezzatura di 80-120 grammi. Essendo un pesce d’acqua calda, mangia e si accresce da inizio aprile a ottobre, sotto temperature di 14 °C, poi cade in una sorta di letargo e si adagia sul fondo fangoso, la nita, in piemontese). Nei mesi di risveglio si ciba senza voracità: è un pesce timido che attende che il mangime si depositi sul fondale, a differenze dei pesci più voraci esemplari della sua stessa famiglia: il gatto e la carpa».
Le tinche sono alimentate con mangimi di cereali locali (farine di mais, frumento, orzo, soia) e mangimi specifici a base di scarti di lavorazione del pesce, appositi per la famiglia dei Ciprinidi, di cui la Tinca fa parte.
La Tinca di Ceresole d’Alba ha una carne delicata. A volte può avere un leggero retrogusto dovuto alla presenza del fango e alla qualità dell’acqua. Le carenze notturne di ossigeno unite a condizioni atmosferiche d’alta temperatura, nubi e bassa pressione, mandano in sofferenza lo scambio d’ossigeno tra atmosfera e acqua. Così l’acqua di colore verde (acqua di qualità) può virare verso il marrone per l’effetto dei batteri anaerobici consumatori di fitoplancton, cioè l’insieme dei microrganismi autotrofi foto-sintetizzanti presenti nel plancton vegetale. In queste scarse condizioni di acqua “ossigenata” il pesce si nutre di alghe morte e assume il sapore sgradevole del fango. Ma in tal caso basta ossigenare l’acqua con le pompe e spurgare il pesce in vasche di acqua pulita per qualche giorno. «Un leggero retrogusto rimane sempre, ma è il bello e il buono della tinca, è il suo terroir», conclude Mosso.
Massimiliano Rella
Cascina Italia Az. Agr. Mosso
Via Pautasso 75
12040 Ceresole d’Alba (CN)
Telefono: 370 3344069
E-mail: info@cascina-italia.it
Web: www.cascina-italia.it
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