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Storia e cultura

I Beefsteak Clubs

di Gaddini A.


Come è noto, gli Inglesi hanno la forte tendenza ad associarsi in club, ossia circoli privati di solito accessibili solo agli uomini e spesso caratterizzati dallo specifico interesse dei loro membri in qualche particolare materia. A partire dall’inizio del 1700, in Inghilterra nacquero diversi Beefsteak Clubs, ossia Club della bistecca dedicati al consumo di carne bovina, considerato emblema di libertà e richiamo a sentimenti patriottici, secondo le posizioni politiche liberali dei whigs. Molti dei soci di questi club erano artisti, in particolare attori, ma anche pittori, musicisti, scultori, ma non mancavano membri della famiglia reale, parlamentari e nobili.

Primi club
Nel 1708 William King pubblicò The Art of Cookery, un libro sull’arte culinaria nel cui frontespizio si dichiarava umile membro del Honourable Beef Steak Club, fondato dall’attore Richard Estcourt a Londra intorno al 1705. King proponeva il Club come versione moderna e civilizzata delle imprese guerresche dei Cavalieri della tavola rotonda, dicendo che chi condivide onore, spirito e allegria può essere un ottimo Companion o’er Beef-Steaks e il suo nome nei tempi futuri potrà essere iscritto nel libro di Estcourt, la cui griglia è incorniciata d’oro.
Un Club della bistecca è citato anche dallo Spectator n. 9 di marzo 1710-11 (Arnold).

The Sublime Society of Beef Steaks
Nel 1735 l’attore John Rich, un celebrato Arlecchino del Covent Garden Theatre, e il collega George Lambert, fondarono a Londra la Sublime Società delle Bistecche (The Sublime Society of Beef Steaks), con 24 soci, numero massimo ammesso dallo statuto, provenienti dall’ambiente teatrale ed artistico, detti Beef Steakers o Steakers. Nel 1871, il “fratello” Walter Arnold, membro della società, ne pubblicò la storia, riportando minuziosamente molte delle usanze e regole, che per questo conosciamo in modo dettagliato.
Il successo della società richiamò l’affiliazione di importanti personaggi, come il grande pittore William Hogarth (1697-1764), e membri della famiglia reale, come nel 1785 il Principe di Galles, il futuro re Giorgio IV, per il quale si scrisse che era stata creata un’eccezione al numero chiuso di ventiquattro, mentre secondo altri dovette aspettare per tre anni il suo turno come gli altri. Dopo il principe, anche i suoi fratelli, i Duchi di Clarence e del Sussex aderirono alla società.
Altri soci illustri furono Samuel Johnson (1709-1784), critico letterario, poeta, saggista, considerato dall’Oxford Dictionary of National Biography “senza dubbio il letterato più illustre nella storia inglese”, che aderì nel 1780, Lord Sandwich (1691-1792), Primo Lord dell’Am­miragliato, l’attore John Kemble, il Marchese di Dalhousie, Governatore generale dell’India, e il deputato radicale John Wilkes, costretto all’esilio in Francia sino al 1768 per le sue battaglie per la libertà di stampa.
Nel maggio 1826 si decise di concedere ai due “fratelli” Brougham e Stephenson di donare alla Sublime Società una botte da circa 500 litri di Porto (non era permesso presentare alcun regalo alla società se non dietro permesso esplicito). L’autorizzazione a donare sarebbe stata concessa a quello dei due che fosse stato nominato per primo Lord Cancelliere della Gran Bretagna, oppure primo cantante all’Opera francese, o Master of the Rolls (Presidente della Corte d’Appello Civile di Inghilterra e Galles) o Master in Chancery (capo della Court of Chancery, tribunale di equità di Inghilterra e Galles). Il 28 novembre 1830 il “fratello” Brougham fu nominato Lord Cancelliere ed ebbe quindi il permesso di donare la botte di porto alla società.
Per settant’anni dalla fondazione il Covent Garden Theatre fu la sede della società (che rifiutò sempre il nome di “club”), fino all’incendio che lo distrusse nel 1808, quando migrò presso la Bedford Coffee-House e nel 1809 presso la sede dell’Old Lyceum. Quando anche quest’ultimo teatro bruciò, nel 1830 si trasferì presso la Lyceum Tavern nello Strand, e poi il 7 gennaio 1832 di nuovo alla Bedford Coffee-House, fino al novembre 1838, quando si costruì una nuova serie di stanze sotto il nuovo tetto dell’Old Lyceum.
La griglia originale per la cottura delle bistecche, recuperata dalle macerie del Covent Garden Theatre e poi del Lyceum, e conservata come una reliquia, era l’ornamento centrale del soffitto della sala da pranzo, interamente costruita in stile gotico, alle pareti erano appesi quadri e stampe con i ritratti di membri passati e presenti. Sulla griglia erano incisi i versi del Macbeth di Shakespeare: “If it were done, when ’tis done, then ’twere well It were done quickly” (“se fosse fatto, quando è fatto, allora sarebbe bene che fosse fatto presto”), giocando sul doppio significato della parola “done”, che nel testo di Shakespeare significa “fatto” riferito ad un omicidio, e nel testo della Society significa “cotta”, riferita ad una bistecca.
Una porta a soffietto separava l’intero lato corto della sala da un’anticamera, dove si trovava una enorme grata, a forma di griglia, che comunicava con la cucina, attraverso la quale si poteva vedere il fuoco e maneggiare le bistecche. L’apertura della porta annunciava l’inizio del pranzo.
Le sedie dei membri erano in quercia, copiate dalla Glastonbury chair, una sedia altomedievale dell’omonima abbazia, e recavano incise sullo schienale la griglia e le iniziali e lo stemma di famiglia del membro. Anche il grande tavolo centrale era di legno di quercia. Sul caminetto era inciso il motto della società, un verso di Orazio, dal Libro primo delle Epistole: “Ne fidos inter amicos / Sit, qui dicta foret eliminet”. (“e non ci sia tra gli amici fedeli, chi divulghi all’esterno le cose dette”), con riferimento al segreto che gli ospiti dovevano tenere su quanto vedevano e sentivano nelle sedute della società.

La gerarchia della “Sublime”
I componenti della società erano: il presidente, il vicepresidente, il vescovo, il cancelliere, i soci ordinari e il boots, ultimo socio ammesso.
Il presidente era nominato a rotazione e nel giorno in cui entrava in carica doveva pagare tutta la carne consumata dai membri, e veniva decorato dal boots con la spilla (badge) della società. Il compito del presidente era di proporre i brindisi nell’ordine previsto, presentare tutte le risoluzioni che erano state proposte nelle forme dovute, osservare tutte le antiche forme e costumi della società e applicarle agli altri. Il presidente non aveva nessun potere derivante dalla sua posizione, anzi era strettamente osservato e controllato e, in caso avesse violato, per ignoranza o dimenticanza, le norme e le consuetudini, anche quelle apparentemente secondarie, veniva aspramente rimproverato. In effetti era una specie di bersaglio a cui chiunque poteva tirare.
Dietro il seggio del presidente era appeso sul lato destro un cappello da beefeater (le guardie della Torre di Londra, letteralmente “mangiatori di carne bovina”) e una piuma e sul lato sinistro un cappello a tricorno. Quando il presidente prendeva una risoluzione doveva mettersi il cappello con la piuma e toglierlo subito dopo. Se non rispettava queste norme veniva sonoramente richiamato all’ordine dall’assemblea.
Il compito principale del presidente era di cantare, anche nel caso in cui fosse stonato, l’inno sociale The Song of the Day. Il vescovo doveva cantare gli inni e il cancelliere aveva l’oneroso compito di rimproverare, per misfatti reali o immaginari, gli altri soci.
Lo statuto della società era molto rigido, ma conteneva norme contraddittorie, con lo scopo principale di favorire le infrazioni, e quindi generare punizioni, per il godimento generale, o quasi. Un socio era stato punito per aver donato alla società delle casse di vino pregiato, un altro per essere arrossito. Chi si assentava per tre sessioni consecutive senza giustificato motivo era espulso.
I membri decaduti erano sostituiti sempre per elezione tra i candidati proposti. I candidati all’ingresso come membri erano invitati almeno due volte alle cene per essere valutati. Le elezioni si svolgevano regolarmente a scrutinio segreto e non si registravano voti contrari.
L’iniziazione di un nuovo membro era motivo di grande allegria ed ilarità, più consona ad una classe di scolari che non a un consesso di adulti. Il nuovo ammesso, dopo aver bevuto porto o punch, era condotto bendato nella sala dal vescovo, che vestiva la mitria e portava il libro su cui era inscritto il giuramento di fedeltà, seguito dagli alabardieri, abbigliati con costumi incongrui ed assurdi, di probabile provenienza dai magazzini teatrali (la forte presenza di attori tra i soci e la locazione dentro o vicino un teatro rendeva facile trovare costumi e attrezzi di scena). A questo punto il cancelliere leggeva al nuovo membro the Charge, un discorso, tra il serio e il faceto, in cui gli ricordava solennemente gli obblighi che assumeva, il ruolo genuinamente fraterno della società e che la perfetta uguaglianza tra i membri non significava che fosse permessa una eccessiva familiarità. Inoltre, se gli scherzi erano incoraggiati nel senso più libero del termine, non dovevano toccare la personalità e il cameratismo non doveva essere separato dalla buona educazione. Per chi rivelava informazioni ricevute in confidenza da un altro socio, era prevista l’espulsione immediata dalla società.
Seguiva un giuramento a rispettare le leggi, votare in modo imparziale, essere un membro degno della società, che si concludeva con la formula: “So Beef and Liberty be Your Reward” (“e così carne bovina e libertà siano la tua ricompensa”).
Alla fine del giuramento, letto frase per frase dal vescovo e ripetuto dal candidato, interveniva il serjeant, ossia il cuoco, che scambiava il libro con un osso di bovino rimasto dal pasto, accuratamente avvolto in un tovagliolo, e il candidato baciava il libro, o meglio il suo sostituto bovino, ripetendo “So Beef and Liberty be My Reward” (“e così carne bovina e libertà siano la mia ricompensa”) e a questo punto il bendaggio era rimosso.
Il boots aveva spesso vita dura nella società: doveva arrivare nella sede sociale prima del pasto, per andare in cantina a prendere il vino e caraffarlo. Sembra che il maggiore godimento dei soci fosse, una volta ricevuta la bistecca, di intimare al boots di alzarsi da tavola e andare in cantina a prendere una bottiglia di Porto. Nessuno poteva sfuggire a questo compito, compresi i membri della famiglia reale, come il Duca di Sussex, che occupò questa “carica” per un anno, dal 1808 al 1809, finché non subentrò un nuovo arrivato. C’erano però addirittura casi di usurpazione, come quello del Duca di Leinster che, del tutto astemio, si presentava alla sede della Società prima del boots e gli “rubava il mestiere”, preoccupandosi di andare in cantina a prendere il vino per poi caraffarlo.
Se un boots commetteva qualche infrazione alle regole sociali era condotto fuori dalla sala da due membri che portavano un’alabarda e preceduto da uno recante una spada, in tenuta da penitenza, ossia con indosso la tovaglia bianca. Quindi il cancelliere leggeva il crimine commesso, accompagnato o meno da schiamazzi, a seconda della sua natura, e veniva riammesso alla seduta.

Il pasto
Le bistecche dovevano essere l’unico piatto di carne e, una volta cotte, erano servite subito caldissime su piatti di peltro, cambiati a richiesta per ogni bistecca, con contorno di patate al forno, cipolle spagnole fritte fredde, barbabietole e scalogno a pezzetti. Le bistecche erano servite a vari gradi di cottura, a richiesta di ciascun commensale. Sui piatti e le posate era incisa la griglia, il simbolo della società. La carne era portata da un addetto che la tagliava, quella non consumata era riportata indietro.
Nei primi tempi i membri durante le sessioni (“at the Steaks”) dovevano indossare un giaccone blu e un panciotto color camoscio (per questo si definivano anche “buff and blue”), con bottoni di ottone con impressa la griglia e il motto “Beef and Liberty” oltre ad anelli con le stesse insegne.
La carne era accompagnata dalle tre “P”, cioè birra porter (in boccali di peltro), Porto e punch, ma anche whisky toddy (punch caldo al whisky). Alla fine del pasto erano previsti dei toast al formaggio. Fumare era permesso dopo aver cantato la canzone The Song of the Day e dopo la pronuncia del brindisi di rito (The Usual Toast). Dopo le sei del pomeriggio c’era libero accesso agli alcolici, dando inizio a quella che gli stessi soci definivano una “rumorosa baldoria”.
Un socio che introduceva estranei doveva pagare un’ammenda, mentre il presidente aveva facoltà di farlo senza penalità.
Il primo e l’ultimo sabato della stagione e il Sabato santo erano “privati” e nessun ospite veniva invitato. In quest’occasione si faceva un bilancio economico e si stabilivano eventuali sanzioni per gli insolventi.
Verso la fine del pasto seguivano i brindisi, proposti dai soci e dagli ospiti. Questi ultimi erano incoraggiati a pronunciarli, con la promessa di pubblicazione a spese della società, ma erano interrotti da fragorosi applausi ancora prima che potessero formularli, mentre l’unico brindisi che era tassativamente vietato era quello “alla prosperità della Sublime Società della Bistecca”.
Era frequente che i vari soci, concordemente, improvvisassero scherzi ai danni degli ignari ospiti, come quello a un commerciante di Liverpool che si era messo in testa che i vari membri nobili e della famiglia reale fossero in realtà degli impostori. I veri nobili si finsero allora commercianti, rinfacciandosi a vicenda la cattiva qualità del cibo e degli alcolici che fingevano di aver fornito per il pasto.
Finito il pasto il cuoco in cappello bianco e grembiule girava per i tavoli per riscuotere la quota. Ogni membro pagava 5 scellini per il suo pasto (circa 42 euro di oggi) e 10 scellini e 6 pence (circa 88 euro) per un ospite. La quota di ammissione era di 26 sterline e 5 scellini (oltre 4.400 euro) fino al 1849, quando fu ridotta a 10 sterline e 10 scellini (oltre 1.760 euro), divisa in due rate annuali).

Fine della “Sublime”
Come è chiaro dai paragrafi precedenti, la vita della società era fondata sulla goliardia e sui continui scherzi, basati sulla conoscenza reciproca dei rispettivi punti deboli e difetti, ma sempre evitando la mancanza di rispetto e, soprattutto, evitando il crimine peggiore, ossia quello di perdere la calma e offendersi per gli scherzi. Tra queste persone c’era una perfetta cordialità, cementata in anni di frequentazioni, l’epiteto di “fratello” era del tutto appropriato e i legami restarono intatti anche dopo la fine della società.
Questo delicato equilibrio però si ruppe quando cominciarono a mancare persone con le doti adatte per far parte della società. Nel 1839 il Duca di Sussex si ritirò dalla Sublime, anche se tra i suoi ranghi continuavano ad esserci membri del Governo, politici, eminenti esponenti delle professioni e del commercio e persone note per il loro spirito e le loro qualità sociali. La morte nel 1858 del tesoriere e segretario della società, Henry Frederick Stephenson, membro dal 1813, diede un colpo fatale al sodalizio.
Stephenson era il legame tra i vecchi e i nuovi iscritti. Dopo di lui le usanze decaddero, a partire dalla divisa, ai compiti del boots che vennero assunti dal serjeant, gli ospiti cominciarono a non rispettare i soci. I pranzi furono spostati al sabato, con la concorrenza dei treni che portavano gli ospiti alle loro case di campagna, o ai ricevimenti di Lady Palmerston, moglie del Primo Ministro. Il tentativo di spostare le sessioni al venerdì non sortì risultati. Perfino il porto fu abbandonato, sostituito dallo Sherry.
Il macellaio, fornitore per anni di tre tagli di costato di bovino a settimana, si trovò ad avere richieste molto meno abbondanti e rinunciò.
Nei primi tempi della società la cottura iniziava alle due per terminare alle tre e trenta. Nel 1808 l’inizio era alle quattro, nel 1833 si spostò dalle cinque alle sei, nel 1861 dalle sei alle sette, ma le sette erano troppo presto per consentire una passeggiata al parco nel pomeriggio, così nel 1866 ci si spostò alle otto. In questo modo però i vecchi membri che volevano finire la serata al The Little Theatre in the Haymarket o al Drury Lane, al Covent Garden, al Lyceum o all’Adelphi erano tagliati fuori dalla loro consueta sala, mentre l’innovazione non portò alcun vantaggio. La sala rimase spesso vuota con un solo partecipante: nel 1867 la società si sciolse, tra i suoi membri alcuni erano soci da quasi cinquant’anni.

Canzoni e brindisi
Il libro di Arnold dedica oltre cento pagine, in coda al racconto, a riportare i testi di ventotto canzoni, scritte dai soci e cantate in occasione delle riunioni. La canzone più popolare nella società era The Song of the Day, scritta dal “fratello” Theodosius Forrest, che, scherzosamente, raccontava che la dea Fama trascurava gli eroi, gli stati e i re per volare a incoronare le bistecche britanniche, il cibo giusto per i figli della libertà, alle quali attribuiva la felicità e la libertà dei britannici: “A Joyful Theme for Britons Free / Happy in Beef and Liberty” (“un tema gioioso per i liberi britannici / felici con carne bovina e libertà”), mentre ai popoli che vivevano sotto la tirannia erano negati carne bovina grassa e libertà.
Era poi citato “The Usual Toast” (“il solito brindisi”) che consisteva nella frase di Orazio incisa sul caminetto. Tra i testi era riportata una poesia in onore di un cuoco defunto, Edward Heardson, che aveva espresso l’ultimo desiderio di essere portato nella sede della Società e di morire lì.
The Jubilee Song, scritta il 25 febbraio 1786, in occasione del cinquantesimo anniversario della Società dal “fratello” Charles Morris, legava la conservazione dello spirito di libertà britannico al consumo di carne bovina e rievocava i bovini oggetto di venerazione, dal toro di Mitra per i Persiani, al toro Api egiziano, al vitello di Baal per i Fenici, al bue per i Greci, di­mostrando che la carne bovina è cibo divino, che aveva nutrito e creato gli eroi come Alessandro Magno. Infine la canzone paragonava l’isola della Gran Bretagna ad una bistecca, circondata dal mare come la bistecca dal sugo e da scogliere rocciose come lo scalogno sulla bistecca.
Tra le altre canzoni, “Steak Song”, “Beef and Liberty” e altre contenenti motti di spirito e giochi di parole come “Sir Loin of Beef”, in cui il taglio sirloin, la lombata, era nobilitato separandone il nome in due e attribuendogli quindi un titolo d’onore.
In coda al libro di Arnold era riportato un inventario dei beni della società, consistente in ritratti, foto, cancelleria, posate, stoviglie, ma anche il cappello del presidente, la mitra del vescovo, un busto in marmo di John Wilkes, un paio di alabarde.
Dal 1966 un’altra “Sublime Società della Bistecca” è attiva a Londra, dapprima all’Irish Club, in Eaton Square, poi presso il Beefsteak Club di Irving Street. Oggi le sessioni si tengono al Boisdale Club and Restaurant a Belgravia/Victoria e, annualmente, al White’s Club in St James. La Società adotta norme e abitudini dell’antico sodalizio e ne conserva molte reliquie, tra l’altro la sedia del presidente, in stile gotico, è stata donata dalla Regina Elisabetta nel 1969. Tra i suoi membri ci sono discendenti dei soci originali dell’Ottocento.

Altri “Beefsteak Clubs”
Un altro Beefsteak Club fu fondato a Dublino nel 1748 da Thomas Sheridan, nel Dublin Theatre, ed era presieduto da Peg Woffington, unico membro femminile. Altri club per artisti del palcoscenico e politici e diversi altri nacquero a Londra e in altre città. Il Liberty Beef Steak Club, che si riuniva a Londra alla Appleby’s Tavern in Parliament Street, nacque per mostrare solidarietà a John Wilkes dopo il suo esilio. John Timbs scrisse nel 1872 di un Beef-Steak Club che si riuniva a Londra alla Bell Tavern, in Church Row, a Houndsditch, mentre un altro si riuniva al Drury Lane Theatre, sempre a Londra, e anche a Cambridge esisteva un Beef-Steak Club.
Nel 1780 Samuel Johnson aderì all’Ivy Lane Club a Londra, nella via omonima, che non è chiaro se fosse un Beef-Steak Club, ma comunque si riuniva in una bisteccheria.
Molti club usarono la griglia come simbolo e alcuni la usarono anche nel nome, come il Gridiron Club di Washington, D.C., negli Stati Uniti, tuttora attivo. Anche a Oxford esiste un Gridiron Club (detto “The Grid”) fondato nel 1884 e tuttora attivo. Il simbolo del club è una griglia, che appare sulle cravatte del club, su fondo blu Oxford (scuro) e sull’insegna della sede del club. Tra gli ex-membri illustri del club di Oxford ci sono lo scrittore John le Carré e l’ex-primo ministro David Cameron, presidente del club nel 1987–1988. Nel 1876 è stato fondato a Londra un Beefsteak Club, che divenne un irrinunciabile appuntamento per il dopo teatro per gli appassionati seguaci del teatro anticonformista. Tra i membri del Club, che tuttora si riunisce in Irving Street, 9, gli scrittori Bram Stoker ed Evelyn Waugh, il regista Richard Attenborough, il compositore Edward Elgar il primo ministro Harold Macmillan e Robert Baden-Powell, fondatore degli scout.


Andrea Gaddini



Bibliografia

Arnold Walter (1871), The life and death of the Sublime society of beef steaks. Bradbury, Evans, London.
Gaddini Andrea (2013), La Sublime società della bistecca. Taurus, 3: 30-32.
King William (1708), The art of cookery: in imitation of Horace’s Art of poetry, printed for Bernard Lintott, London.

Siti visitati
The Sublime Society of Beef Steaks, www.sublimesocietyofbeefsteaks.com
Wikipedia, Beefsteak Club, en.wikipedia.org/wiki/Beefsteak_Club
Wikipedia, The Gridiron Club (Oxford University), en.wikipedia.org/wiki/The_Gridiron_Club_(Oxford_University).



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