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La Granda

di Rella M.


Un’antica razza sinonimo d’alta qualità, carni magre, povere di tendini e di grasso, sapide, gustose, ottime per le tartare e i crudi, per la battuta al coltello e per i bolliti misti, da intingere nei bagnèt: il verde (prezzemolo, aglio e acciughe) e il rosso (a base di pomodoro), ma anche in altri condimenti autoctoni, dalla cugnà alla sausa d’avije. Insomma, buona cucina non mente e la Piemontese è l’alleata perfetta.
Ambasciatrice di un lembo di Nord-Ovest, in particolare la provincia di Cuneo, questa razza ha lontanissime, remotissime, origini asiatiche, arrivata sembra alle pendici delle Alpi dopo un lunghissimo viaggio attraverso l’Asia, dall’attuale Pakistan. La sua storia moderna comincia invece a fine ‘800, grazie al mutamento spontaneo di un toro che uscirà con natiche enormi e cosce da lottatore greco-romano: il “groppa di cavallo” o “groppa doppia”, il capostipite dei “vitelli da coscia”. L’insolito evento accadde a Guarene, nel Cuneese, e segnò una svolta storica per una razza che presto si è rivelata assai versatile: animale da lavoro, da latte e soprattutto da carne. Per giunta un’ottima carne, con un tasso di colesterolo molto basso, che incontra le esigenze alimentari più contemporanee.
Un’altra svolta in anni più recenti è arrivata nel 1996 con il Consorzio La Granda Quality Food, nato da un’associazione di allevatori con l’intento di valorizzare la Piemontese e incrementare il consumo di carne di qualità. Tra gli artefici dell’iniziativa c’era il veterinario Sergio Capaldo, che nel 2004 darà vita anche a La Granda Trasformazione Srl per sviluppare commercialmente il prodotto e la filiera, secondo principi di qualità e sostenibilità: l’attenzione al benessere animale (es. la linea vacca-vitello per 4/6 mesi), al benessere ambientale (fertilità e biodiversità dei terreni) e al benessere sociale, incentrato sulla figura dell’allevatore, a cui è garantito reddito (un prezzo concordato tutto l’anno) e continuità economica.
Un modo per preservare un’economia e una comunità rurale, un prezzo superiore al mercato, uguale per tutti a prescindere dalle dimensioni aziendali, un premio alla buona volontà degli allevatori, una settantina di aziende agricole. Tutto questo nell’azienda che ha inventato la Battuta a coltello per valorizzare i tagli anteriori dell’animale.
Con questa storia tra le righe siamo andati a incontrare l’artefice di questo exploit della Piemontese, Sergio Capaldo, Responsabile Zootecnico Nazionale per Slow Food sin dagli albori dello stesso e responsabile qualità carni per Eataly, e per visitare il piccolo “regno” di Genola (CN), un locale multifunzionale con bar, bistrot, cucina, banco macelleria, bottega dei sapori tipici, celle frigorifere e laboratori di lavorazione e trasformazione della carne. Aperto da mattina a sera per diverse occasioni di consumo, dal caffè veloce all’aperitivo, fino alla cena e naturalmente per la spesa di eccellenze agroalimentari e carne di Piemontese. Un concept originale sotto lo stesso tetto.
Capaldo, personaggio colto e visionario, ha il merito di aver rivoluzionato il modo di produrre la carne e di comunicare il prodotto. Veterinario di campagna, insieme a Slow Food intuì la necessità di creare l’Arca del Gusto per salvare la biodiversità. «Il mio suggerimento era tornare alla campagna in un periodo, gli anni ‘80, in cui c’era un fenomeno di sostituzione delle razze autoctone con le Frisone»ricorda. «Promossi allora un progetto di stalla basato su tre fattori: la linea vacca-vitello, per avere in stalla vacche che partorissero i vitelli, un aspetto neanche sentito come motivo d’orgoglio dagli allevatori dell’epoca; il Libro Genealogico e, terzo fattore, l’alimentazione, da cui togliemmo vitamine, integratori, insilati, soia e bicarbonato.
La chiave di volta per esaltare il gusto della carne — puntualizza Capaldo — sono infatti i fieni polifiti, composti da tante varietà di erba. Con il professor Andrea Cavallero ricostituimmo prati stabili e avvicendati, ripristinammo la concimazione del suolo con biofertilizzanti naturali per dare alle piante non cibo sintetico ma il microbiota che le radici si aspettavano, così da ottenere mais e fieni con un valore nutrizionale importante. Abbiamo infine promosso il benessere animale in tempi non sospetti: spazi, pulizia. Tutto certificato».
La Granda macella oggi 4.000 capi l’anno, solo femmine e castrati «perché la Piemontese si distingue nell’eleganza, non ha bisogno di grassi, né di griglie bruciate. Bisogna saperla cucinare. Ogni razza ha la sua cucina — conclude — e dobbiamo imparare a conoscerle per cucinarle in modo corretto».


Massimiliano Rella


In foto sotto, Sergio Capaldo nella campagna di Genola.

La Granda Srl
Via Garetta 8/A
12040 Genola (CN)
Telefono: 0172 726178
Web:
lagranda.it



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