Basato su studi di coorte, non può stabilire causalità diretta tra consumo e patologia
Le agenzie di stampa hanno recentemente diffuso uno studio che prova a dimostrare l’associazione tra consumo di carne e insorgenza di diabete di tipo 2. Come è noto, ad oggi la ricerca sull’argomento è arrivata alla sua fase conclusiva, dimostrando che la carne non aumenta la glicemia, la resistenza all’insulina, l’infiammazione e il rischio di diabete di tipo 2. Anzi al contrario, quando le persone sono incoraggiate ad eliminare cereali, amidi e zuccheri e a mangiare più carne, sono in grado di invertire il diabete di tipo 2 e a farne scomparire i sintomi.
Poi arriva questo nuovo studio (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39174161/) che dice esattamente il contrario: possibile che tutti gli studi clinici fatti sinora si siano sbagliati?
Tra gli autori dello studio figura Walter C. Willett, presidente per 25 anni del Dipartimento di Nutrizione dell’influente Harvard TH Chan School of Public Health (HSPH), e convinto sostenitore della dieta vegetariana. Mosso da una pluridecennale ideologia veg ampiamente dichiarata, Willett è instancabile nel suo attacco alle carni e il suo nuovo studio insiste nel voler dimostrare a tutti i costi un collegamento fra carne e diabete.
Nina Teicholz, giornalista scientifica e prestigiosa firma del New York Times, spiega che “da 30 anni Willett è mosso da convinzioni ideologiche, legate a una vera chiesa che promuove i vegani, con innegabili conflitti di interessi finanziari che interferiscono con la pura ricerca della scienza. Questo è preoccupante, dal momento che Willett è autore di quasi 100 articoli accademici su carne rossa e malattie e tutti si basano su ipotesi. Nessuna delle sue conclusioni sulla carne rossa è stata confermata dall’esperimento. Se ipotizzo che i profumi facciano male ai polmoni, prima di dirlo alla stampa, devo testare l’ipotesi, altrimenti potrei indurre le persone a evitare inutilmente i profumi e arrecare danni irreparabili alle aziende produttrici di profumi. Tuttavia Willett da anni promulga le sue ipotesi ai media senza effettuare test o anche nonostante i test abbiano comprovato esattamente l’opposto. I suoi articoli vengono quasi sempre comunicati alla stampa dal team di pubbliche relazioni di Harvard, generando titoli onnipresenti. Il suo obbiettivo è che le sue convinzioni raggiungano le più alte sfere del potere, influenzando le raccomandazioni politiche per l’intero globo”.
In apparenza, lo studio appena rilanciato sembrerebbe di valore, essendo una metanalisi pubblicata sulla prestigiosa rivista The Lancet Diabetes and Endocrinology; in realtà presenta forti limiti, dati mancanti e nessun nesso causale, come stanno facendo notare diversi esperti nella ricerca scientifica.
“Questa ricerca è una metanalisi che inserisce coorti ex novo senza una storia clinica documentata alle spalle”, spiega il Professor Giuseppe Pulina, Presidente Emerito dell’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e Presidente di Carni Sostenibili: “Essendo studi di coorte, non forniscono causazione e quindi non si può stabilire una causalità diretta tra il consumo di carne e l’insorgenza del diabete di tipo 2. Infatti, le associazioni osservate potrebbero essere influenzate da fattori confondenti che non sono stati completamente controllati”.
Il diabete di tipo 2 appartiene al quadro patologico della cosiddetta sindrome metabolica, che è ad eziologia plurima e differenziata, caratterizzata dalla presenza contemporanea di più fattori di rischio come obesità addominale, ipertensione e glicemia alta a digiuno. Data dunque l’eziologia complessa e multifattoriale, che include fattori genetici, ambientali e comportamentali, con obesità e vita sedentaria tra i principali fattori di rischio, non si può facilmente enucleare una causa alimentare e per di più da questionari follow up di 10 anni, che non sono completamente accurati.
"Il consumo di carne - spiegano su Carnisostenibili.it - è stato misurato attraverso questionari dietetici auto-riportati, che è il modo meno affidabile per raccogliere dati perché i partecipanti potrebbero aver riportato il loro consumo di carne e altri comportamenti dietetici in modo non preciso o errato, introducendo un bias di autoselezione, sovrastimando o sottostimando il consumo di determinati alimenti.
Inoltre, anche la qualità della carne e i metodi di cottura possono influenzare il rischio di diabete di tipo 2, ma queste variabili non sono state completamente esplorate. Ad esempio, visto che l’unica novità di questa ricerca è quella di avere inserito anche la carne di pollo, oltre a quella rossa ed iper-processata, non viene fatta alcuna differenza tra un pollo impanato e fritto e uno arrosto.
Infine, la popolazione studiata non è rappresentativa dell’intera popolazione globale, per cui i risultati non possono essere generalizzati. Ecco perché devono essere interpretati con cautela e sono necessari ulteriori studi per confermare le associazioni osservate e stabilire una relazione causale chiara".
red – 43341
Roma, RM, Italia, 28/08/2024 16:23
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