Ancora brutte notizie per l’allevamento suinicolo. Secondo le ultime analisi del Crefis, il Centro ricerche economiche sulle filiere sostenibili, dell’Università Cattolica del S. Cuore, diretto dal professor Gabriele Canali, per il quinto mese consecutivo la suinicoltura italiana vede la sua redditività ai minimi storici. Con la sua attività di monitoraggio e analisi delle filiere suinicole, il Crefis fa sapere nel suo ultimo comunicato stampa, che l’andamento economico dell’intera filiera negli ultimi cinque mesi è stato colpito da una pesante crisi, con i più bassi valori dell’indice Crefis dal 2015, cioè da quando è disponibile questo indicatore, che misura la redditività dell’allevamento a ciclo chiuso. La discesa è evidente sia mese su mese (-9%) che anno su anno (-13,7%), e dall’inizio del 2022, il valore dell’indice risulta addirittura più basso del minimo storico raggiunto a giugno 2020, che era il momento peggiore della pandemia.
«Finché ci sarà la guerra in Ucraina e la speculazione finanziaria delle materie prime più nobili, c’è poco da sperare in grandi cambiamenti verso il ribasso dei costi di produzione. Questo è un grande problema. In più non abbiamo una situazione economica che permette di pensare a dei grandi aumenti dei consumi, né di esportazioni, né di consumo nostro interno» commenta il presidente di Assosuini Elio Martinelli. «Il potere di acquisto della gente è sempre più basso, vista la situazione generale economica e come export abbiamo una incapacità di fare sistema, anche se sarebbe sicuramente una grande opportunità che non riusciamo per adesso a sfruttare. Diversi allevatori hanno deciso di fermare l’attività. Molte scrofaie medio-piccole stanno chiudendo perché non hanno prospettive per il mercato, oltre che avere un problema economico e di liquidità per l’aumento dei costi di produzione esasperati dell’ultimo semestre. Gestire un allevamento in perdita crea grandi problemi e il sistema bancario non è più così disponibile come lo era durante il Covid».
Fonte: Assosuini
In calo anche la redditività della macellazione, svezzamento e ingrasso. A maggio la redditività della fase di svezzamento è ulteriormente diminuita, sia in termini congiunturali (-4,3%), cioè confrontando il periodo attuale con quello immediatamente precedente, che tendenziali (-12,1%) su un orizzonte temporale più lungo. Invece, con l’aumento dei prezzi dei capi da 40 Kg, la redditività della fase di accrescimento è salita a livello congiunturale (+2%), ma resta comunque a livelli più bassi rispetto agli ultimi due anni, con una variazione tendenziale del -22,9%. Anche la redditività per la fase di ingrasso scende (dato congiunturale -11,1% e dato tendenziale -10,9%), mentre quella del comparto della macellazione continua a calare a livello congiunturale (-2,5%), ma resta appena al di sopra del dato registrato nello stesso mese dello scorso anno (+2,1%).